Precipitata giù, e come se non bastasse pure slittata verso est, dalle parti dell’Ungheria: l’Italia di Giorgia Meloni esce malissimo nella fotografia scattata da Reporters sans frontières (Rsf) in occasione della Giornata mondiale per la libertà di stampa. La nuova edizione del World Press Freedom Index, che Domani ha potuto consultare in anteprima e che viene reso pubblico oggi, mostra che l’Italia è scivolata al 46esimo posto – cinque posizioni più in basso rispetto all’indice del 2023 – e che è l’unico paese dell’Europa occidentale a entrare nella “zona arancione”, cioè quella ritenuta «problematica», nella quale si trovano già Ungheria e Polonia. Non a caso Rsf parla di «orbanizzazione» dell’Ue sul fronte della libertà di stampa.

La missione urgente che la Media Freedom Rapid Response realizzerà in Italia il 16 e 17 maggio, riferendo poi gli esiti alla Commissione europea, era già un indicatore chiaro dello stato di allarme di sindacati e associazioni che monitorano pluralismo e diritto di cronaca. Ora c’è in più la fotografia fatta da Rsf con il suo indice; e in concomitanza pure il Liberties Media Freedom Report 2024 riferisce «le crescenti preoccupazioni sull’ingerenza del governo» sui media in Italia. In sintesi: ci stiamo orbanizzando.

Retrocessioni meloniane

L’Indice mondiale della libertà di stampa è come un semaforo: in verde ci sono i paesi «in una buona situazione», tra i quali spiccano in cima alla classifica Norvegia (primo posto), Danimarca, Svezia e Olanda. Il giallo è assegnato alle «situazioni soddisfacenti», ed è in questa categoria che si trova la gran parte dei paesi dell’Unione europea. Se si guarda la mappa d’Europa coi colori di Rsf, si vedrà che in alto – nella penisola scandinava – e all’estremo occidente – il Portogallo – ci sono sprazzi di verde, e che il resto della mappa a occidente è giallo.

Solo un paese si distingue, prima di addentrarsi nell’arancione che si vede più a est: quell’eccezione è l’Italia. Nell’indice 2023 eravamo anche noi in zona gialla, ma l’edizione 2024 fotografa un brusco peggioramento: scendiamo di cinque posizioni, alla numero 46, e inauguriamo noi l’area arancione – cioè quella delle situazioni «problematiche» – dell’indice.

In basso, e verso l’Ungheria

Prima dell’Italia, ancora in giallo, ci sono paesi come la Slovenia, le isole Fiji e il regno polinesiano di Tonga. Subito dopo di noi, tra gli arancioni, ci sono Polonia, Croazia, Romania, Ghana, giù ancora la Romania, e al posto 67 della classifica arriva – anche lei arancione – l’Ungheria di Orbán.

Un capitolo dell’analisi di Reporters sans frontières è dedicato proprio a «Unione europea e orbanizzazione» e rileva che nonostante l’Ue si sia dotata della sua prima legge per la libertà dei media (lo European Media Freedom Act) ci sono «forze politiche che provano a restringere il campo di azione del giornalismo indipendente»: questa dinamica «pericolosa è incarnata da personaggi come Orbán e Fico» e «pure l’Italia di Meloni scende di cinque posizioni».

«Gli attacchi a Domani»

Pavol Szalai è a capo dell’ufficio Ue di Reporters sans frontières e ragiona sullo “scivolone” in basso dell’Italia, in calo di cinque posizioni e passata così nel giro di un anno dalla zona «soddisfacente» a quella «problematica». «La maggioranza a guida Meloni contribuisce al peggioramento dell’ecosistema mediatico», dice Szalai. Cita «le preoccupazioni per le pressioni politiche sulla Rai, la “legge bavaglio”» e pure «il fatto che i giornalisti del quotidiano Domani, che indagano sugli scandali del governo, siano indagati oltre che accusati di diffamazione». Poi c’è l’aumento delle “slapp”, cioè le querele bavaglio, «portate avanti pure dal governo stesso: il giornalismo fatto nell’interesse pubblico viene intimidito con cause legali che comportano costi esorbitanti».

Reporters sans frontières è tra gli ottanta firmatari dell’appello internazionale “Contro gli attacchi a Domani e per la libertà di stampa in Italia”: i sindacati dei giornalisti europeo (Efj) e internazionale (Ifj), le più importanti organizzazioni per la libertà di informazione (dall’International Press Institute a PEN passando per Ecmpf e Committee to Protect Journalists) e decine di testate (come elDiario.es, Libération, Mediapart, HVG, Gazeta Wyborcza) hanno sottoscritto il testo, consci che tre cronisti del giornale rischiano 9 anni di carcere per aver fatto il loro lavoro.

Missione urgente a Roma

Anche il Liberties Media Freedom Report 2024 appena pubblicato esprime preoccupazione per le derive in Italia, e cita Domani perché colpito da querele bavaglio governative con tanto di sequestro di un articolo da parte dei carabinieri un anno fa. Che la situazione stia degenerando è chiaro per la Federazione europea dei giornalisti (Efj): «Verremo in missione urgente in Italia il 16 e 17 maggio», conferma Renate Schroeder, che ricorda un’altra sua missione in Italia «ai tempi di Silvio Berlusconi e del conflitto di interessi».

«La missione della Media Freedom Rapid Response (Efj, Ipi, Ecmpf, Obc e Free Press Unlimited) assieme ai partner nazionali (Fnsi, odg, Amnesty e Articolo 21) arriva a seguito degli attacchi alla libertà di stampa, alla Rai, e delle slapp», dice Schroeder. «Abbiamo chiesto di incontrare il ministero della Giustizia, politici e giornalisti. Poi scriveremo un rapporto pubblico che invieremo alla Commissione Ue».

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