Emmanuel Macron fu detto, all'inizio dei suoi mandati, il presidente Giove, jupitérien, per la sua postura ieratica nell'esercizio del potere in memoria e onore della grandeur francese, l'opposto del suo predecessore “normale” Francois Hollande. Ora assume le sembianze di Minerva, la dea romana, tra l'altro, della “guerra giusta”. O, per passare dalla mitologia alla storia, imita Napoleone quando evoca per i suoi soldati la possibilità di una campagna d'Ucraina per fermare l'avanzata della Russia.

Nobile intento, se giudicato in astratto, molto pericoloso nel contingente per le condizioni mutate così come i tempi. La Francia oggi non è un impero, avrebbe bisogno di alleati, di una risposta unanime di quell'Europa tanto vagheggiata e mai costruita, ancora assai lontana dall'idea di una difesa comune, la sola chance in grado di proteggerla in un mondo fattosi turbolento e in balia di venti di guerra che soffiano da più parti. Realisticamente, e se volete cinicamente, non è così. Per questo la fuga in avanti dell'inquilino dell'Eliseo è un azzardo, una retropia per dirla con le parole di Zygmunt Baumann, per cui Macron immagina l'Esagono ancora capace di incidere sui destini del pianeta, quando poco o nulla può davanti ad equilibri che sono cambiati e prova ne sia la progressiva perdita d'influenza, ad esempio, in Africa, proprio in quella francafrique che è stata fino a ieri il suo giardino di casa.

E tuttavia il presidente francese mette sul terreno due domande, due ipotesi niente affatto dell'irrealtà, che dovrebbero interrogare chiunque. Che fare se le truppe di Vladimir Putin dovessero sfondare e arrivano a Kiev? Che fare se fosse l'Ucraina a chiederci un aiuto in termini di uomini?

Le risposte possono non piacere quando per oltre due anni ci siamo baloccati nell'idea che il peggio fosse scongiurato, che bastasse rifornire di armi Zelensky per determinare una situazione di stallo e così scongiurare il nostro coinvolgimento diretto. Era utopico credere che nel tempo lungo gli ucraini potessero resistere alla superpotenza che li ha invasi, è il triplo per numero di abitanti e dunque di militari da mandare al fronte oltre ad avere una soverchiante superiorità bellica che nessuna fornitura ha potuto pareggiare, anche a causa dell'anodina distinzione tra armi di difesa e offesa usata come foglia di fico per evitare di dire che quello in atto è un conflitto tra la Russia e la Nato.

E allora la domanda è assolutamente pertinente. Che fare se Putin arrivasse a Kiev e, dato che ha un disegno imperiale assolutamente chiaro e mai nascosto, dovesse aumentare l'appetito e cercare un'espansione ulteriore in Moldavia o nei Baltici? Meglio ancora: che fare per fermarlo prima che ci arrivi a Kiev? Macron ha una ricetta spiccia che affonda le radici nel passato glorioso del suo Paese e si àncora a un presente in cui la Francia è l'unica nazione all'interno dell'Ue a possedere l'arma nucleare. A pensar male, fa anche un calcolo personale. Starà all'Eliseo fino al 2017 quando avrà solo 50 anni e un prestigioso futuro dietro le spalle. Così si pone già da oggi come il possibile comandante in capo, il presidente in pectore di un'Europa che decidesse di percorrere la strada verso un'Unione più stretta.

La sua sortita solitaria e velleitaria ha già ricevuto molti no, a partire da quello italiano. Ma è proprio ai governanti che si preparano alle elezioni di giugno cui andrebbe posta la stessa questione. Visto che le armi della diplomazia, in capo a 26 mesi di guerra, si sono rivelate tutte spuntate e l'armata russa avanza, qual è la vostra strategia?

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