Non si fermano le proteste in Georgia. Da giorni migliaia di persone stanno scendendo in piazza per manifestare contro la legge «sugli agenti stranieri», un provvedimento che ricalca quello approvato in Russia nel 2012 e che limiterebbe l’attività di media e ong. Una misura autoritaria, denunciano i manifestanti, proposta già lo scorso anno e che avvicinerebbe la Georgia a Mosca. Per questo le proteste hanno subito assunto una natura europeista. Una nuova Euromaidan? «È ancora presto per dirlo, anche se ci sono delle similitudini», spiega Eleonora Tafuro Ambrosetti, ricercatrice dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi), in riferimento al parallelismo con le manifestazioni europeiste che a Kiev, nel 2014, hanno portato alla fine del governo di Viktor Janukovyč.

Le manifestazioni di protesta

Dallo scorso primo maggio, quando è stata approvata in seconda lettura la contestata legge «sugli agenti stranieri», sono più di 60 i manifestanti arrestati e centinaia i feriti. Dalla piazza di fronte al parlamento, costretto a sospendere le sedute, la rabbia si è spostata anche in altri luoghi di Tbilisi, dal teatro dell’Opera a piazza degli Eroi, dove sono stati bloccati gli accessi a tutte le strade in ingresso e in uscita dalla capitale. Fino a cittadine politicamente più tranquille e periferiche come Batumi. Negli scontri con la polizia è rimasto ferito anche Levan Khabeishvili, tra i leader di opposizione del Movimento nazionale unito.

La legge «sugli agenti stranieri»

Lo scorso 9 aprile il partito di maggioranza Sogno georgiano ha riproposto un disegno di legge identico a quello già avanzato nella primavera del 2023, poi accantonato per le proteste di piazza. Ora ci riprova: il primo maggio è stato approvato in seconda lettura, e il governo mira a chiudere la partita con un terzo voto favorevole, quello definitivo, entro metà mese. La «legge russa», com’è stata ribattezzata, prevede che le organizzazioni non governative e i mezzi di informazione che ricevono oltre il 20 per cento dei loro fondi da istituzioni straniere debbano registrarsi come «organizzazioni portatrici degli interessi di una potenza straniera», con l’obbligo di condividere informazioni riservate (pena sanzioni salate). 

«Al di là dell’etichetta infamante di “agente straniero”, ci sono una serie di adempimenti burocratici che andrebbero a limitare le attività di queste organizzazioni», spiega Tafuro Ambrosetti, che da anni si occupa di Russia, Caucaso e Asia centrale. «A Mosca – aggiunge – si è partiti dalle ong per arrivare anche agli individui o ai blogger». Dopo la terza lettura, per entrare in vigore ci sarà bisogno della firma presidenziale: la presidente della Georgia Salome Zourabichvili ha annunciato la propria opposizione, ma il partito di governo ha replicato di avere i numeri parlamentari per superare il veto.

Il provvedimento, un anno dopo

Un anno fa erano state le manifestazioni di piazza a costringere il governo a ritirare il provvedimento. Nonostante le proteste, il governo sembra intenzionato ad andare fino in fondo, anche in vista delle elezioni del prossimo ottobre. Sogno georgiano e il suo presidente, il miliardario ed ex premier Bidzina Ivanishvili (che ha un patrimonio superiore al Pil della Georgia), hanno sottovalutato la società civile? È una scusa per reprimere? O ha peccato di arroganza? 

«Credo sia un mix di questi fattori – spiega Tafuro Ambrosetti – ma è soprattutto hybris, perché Sogno georgiano pensa di avere la popolazione dalla sua, è una sfida frontale alla società civile e al mondo delle ong. E poi non c’è solo la legge sulle entità straniere ma anche un provvedimento che vieta la propaganda Lgbtq+, uno specchio di quelle approvate dalla Russia». Un modo, aggiunge, «per conquistare un elettorato conservatore che è molto forte in Georgia».

Tra Unione europea e Russia

Le proteste, nate come lo scorso anno da un provvedimento specifico, si sono subito allargate alla postura internazionale del governo e in piazza, accanto a quelle della Georgia, le bandiere sono quelle dell’Unione europea. «In questo senso ci sono similitudini con Euromaidan», dice Tafuro Ambrosetti. A dicembre del 2023 il paese ha ottenuto lo status di candidato e i vertici dell’Ue hanno imposto riforme per contrastare la corruzione e per tutelare la libertà di stampa.

Questa nuova riforma, come ha denunciato la presidente della commissione europea Ursula von der Leyen, allontanerebbe il paese dal sentiero europeo. «Ma è sbagliato considerare Sogno georgiano un proxy russo», afferma Tafuro Ambrosetti. Il partito di governo ha come obiettivo statutario l’adesione all’Unione europea e ne ha avviato il percorso anni fa. Il suo presidente e fondatore Ivanishvili, in un discorso di qualche giorno fa, ha accusato il «partito mondiale della guerra» occidentale di fomentare un golpe (citando l’ex presidente ucraino Viktor Janukovyč, per avvertire che non potrà accadere a Tbilisi quel che è accaduto a Kiev nel 2014), ma al tempo stesso ha promesso che il paese diventerà membro dell’Unione europea «entro il 2030».

«Sia Janukovyč che Ivanishvili, sicuramente non invisi al Cremlino, non possono essere classificati filorussi tout court. Sono politici che hanno sempre condotto una politica estera multivettoriale, che sfrutta contraddizioni e contrasti tra Russia e Occidente per trarre i propri benefici», spiega Tafuro Ambrosetti. «Ci sono elementi di ambiguità. Il contesto internazionale e georgiano, a maggior ragione dopo l’invasione dell’Ucraina, è talmente polarizzato che se non sei pro-Occidente diventi necessariamente pro-russo. Vale anche per Ivanishvili. Ma la preoccupazione che queste proteste sfocino in una rivoluzione colorata esiste», aggiunge.

Le reazioni

La repressione in corso è stata criticata dai vertici europei. Von der Leyen ha condannato «la violenza nelle strade di Tbilisi» e ha invitato la Georgia a «mantenere la rotta verso l'Europa».

Dalla Russia, che dal 2008 occupa il 20 per cento del territorio nazionale georgiano, il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha accusato l’Occidente di provocare «sentimenti anti-russi» e anche Sergey Lavrov ha difeso pubblicamente il progetto di legge sulle influenze straniere. Ma sui media allineati al Cremlino non c’è tanto, al di là della cronaca. «È indicativo perché si vuol nascondere quest’attivismo civile», conclude Tafuro Ambrosetti. 

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