Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro–tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie pubblicherà ampi stralci della sentenza di primo grado che ha assolto l’ex Presidente del Consiglio Giulio Andreotti. La sentenza di secondo grado, confermata in Cassazione, ha accertato invece che – fino alla primavera del 1980 – Andreotti aveva avuto rapporti con i boss Cosa Nostra


I cugini Antonino e Ignazio Salvo, organicamente inseriti nell'organizzazione mafiosa, esercitarono per un lungo periodo una fortissima influenza sulla vita politica siciliana.

Il loro controllo del sistema esattoriale in Sicilia, sottoposto ad una particolare regolamentazione che prevedeva un aggio ampiamente superiore a quello praticato nel restante territorio nazionale e una “tolleranza” sui tempi di versamento di parte delle somme riscosse, assicurava ai Salvo la disponibilità di enormi importi di denaro, reinvestibili in altre attività.

I Salvo, conseguentemente, riuscivano ad incidere profondamente sull’esito delle competizioni elettorali e sulle decisioni assunte in varie sedi istituzionali.

In proposito, sono significative le seguenti affermazioni contenute nella deposizione testimoniale resa dall’on. Giuseppe D’Angelo in data 11 febbraio 1985 davanti al Giudice Istruttore presso il Tribunale di Palermo dott. Giovanni Falcone (il cui verbale, prodotto il 17 novembre 1998 dal Pm, è stato acquisito con ordinanza del 15 dicembre 1998):

«Sono stato deputato regionale sin dalla prima legislatura (1946) al 1967. In occasione del rinnovo, avvenuto in quell’anno, dell’Assemblea Regionale Siciliana, stranamente non sono stato rieletto, nonostante la mia lunga milizia politica ed il fatto che fossi stato più volte Presidente della Regione Siciliana. Io ho sempre attribuito tale mio insuccesso elettorale a manovre interne al mio stesso partito (Democrazia Cristiana); infatti, pur di impedire la mia rielezione, quell’anno nel mio collegio elettorale (Enna) è stato eletto un solo deputato (Sammarco), anziché due come è avvenuto quasi sempre, fin dalla seconda legislatura. Debbo precisare che il collegio di Enna è stato sempre uno di quelli meno sensibili a manovre di corruzione politica, tanto che i candidati vengono eletti pressoché esclusivamente in base al consenso che riscuotono nell’elettorato.

Tale consenso io, fino ad allora, lo avevo sempre avuto, tanto che nelle elezioni del 1962 avevo riportato circa 25.000 voti di preferenza. Invece, nonostante che nelle precedenti elezioni del 1962 fossi stato in percentuale il candidato maggiormente votato, in quelle del 1967 subii un calo di preferenze di oltre 10.000 voti. Inoltre un po’ tutti i partiti, ma soprattutto il Psi, si sono avvantaggiati di tale calo di voti, assolutamente imprevedibile, a mio avviso, che portò alla perdita di un seggio elettorale ad Enna.

Allora, per la prima volta, circolò insistentemente la voce, che naturalmente non sono in grado di provare, della distribuzione di ingenti somme di danaro per orientare l’elettorato in una anziché in un’altra direzione. Io attribuisco queste mie “disavventure politiche” alla netta e decisa opposizione che, insieme con pochissimi altri deputati, avevo mantenuto contro quel pericoloso gruppo di potere, inquinante fattore per le istituzioni, che si ricollega con le esattorie dei Salvo.

In particolare, uno degli elementi qualificanti della mia azione politica in seno all’Assemblea è stato quello di troncare lo scandaloso regime delle “tolleranze”, quel sistema cioè che, sfruttando ed enfatizzando calamità naturali, ha consentito agli esattori di avere a loro disposizione e manovrare a proprio piacimento enormi quantità di danaro proveniente dalle pubbliche riscossioni di imposta. Era, inoltre, mio fermo convincimento che si dovesse pervenire alla creazione di un Ente Regionale che eliminasse il sistema delle esattorie concesse a privati, in quanto fattore di ingiustificati arricchimenti e di perturbamento della vita pubblica.

Prendo visione della documentazione che (...) è stata trovata in una cassetta di sicurezza di pertinenza di Antonino Salvo, e mi permetto di far rilevare che dalla stessa emerge evidente la prova che i miei progetti sono stati affossati per effetto della elargizione di somme di danaro. In particolare, per quanto attiene a un documento a stampa con l’intestazione Assemblea Regionale Siciliana e contenente l’elenco di tutti i deputati regionali e la indicazione “sì – no- astenuti”, faccio presente che trattasi di un documento ufficiale dell’Ars e più precisamente, di uno statino contenente l’annotazione di una votazione, che viene tenuto e riempito dal segretario dell’Assemblea per annotare i risultati di una votazione. Più precisamente, lo stampato è senz’altro ufficiale, ma non escludo che possa trattarsi di uno stampato sottratto a chi lo custodiva ed usato da persona diversa dal segretario dell’Assemblea, evidentemente per far sapere a chi di dovere il risultato di una determinata votazione».

La posizione di grande potere acquisita dai cugini Salvo è stata sottolineata dal teste on. Giacomo Mancini, che, all'udienza del 31 ottobre 1996, ha dichiarato quanto segue:

P. M.: Lei alla data del 1977 (...) sapeva chi erano i cugini Salvo?

Mancini G.: Come? Comandavano la Sicilia! Perchè non lo dovevo sapere io!

Pm: No, siccome altri non lo sanno.

Mancini G.: Lo sapevano anche a Torino chi erano. Erano i personaggi più importanti della Sicilia, i quali avevano le esattorie siciliane che tutti i governi della Sicilia gli avevano dato, quelli democristiani, quelli democristiani con i socialisti, quelli comunisti, tutti avevano investito sulla grande potenza dei fratelli Salvo.

In funzione del perseguimento dei loro interessi, i cugini Salvo realizzarono una complessa ed efficace strategia di condizionamento dei partiti politici e delle istituzioni in Sicilia, assicurando il loro appoggio finanziario e elettorale a diverse componenti della Democrazia Cristiana siciliana.

Particolarmente forte era il sostegno offerto dai cugini Salvo alla corrente andreottiana, il cui leader in sede locale era l'on. Salvo Lima, a loro legato da un solido rapporto di amicizia personale.

I cugini Salvo, peraltro, appoggiarono anche la corrente dorotea, nelle aree geografiche in cui non era presente la corrente andreottiana (come la Provincia di Trapani) e nelle competizioni elettorali in cui erano candidati esponenti dorotei a loro particolarmente vicini (come l'on. Ruffini).

Il teste on. Mario Fasino (il quale in passato ha ricoperto le cariche di Presidente dell'Assemblea Regionale Siciliana, Presidente della Regione Siciliana, Assessore regionale), escusso all'udienza del 20 giugno 1996, ha affermato che i cugini Salvo avevano un rilevantissimo peso politico all'interno della Democrazia Cristiana siciliana ed "erano in grado di muovere dalla metà ai due terzi dell'intera rappresentanza democristiana dell'Ars."; ha chiarito che "era un problema che nasceva dal loro potere economico, quindi come supporto a candidature e come rapporti personali con alcuni dei deputati o con parecchi deputati del gruppo parlamentare di vari settori"; ha, inoltre, dichiarato quanto segue:

Pm: I Salvo esercitavano un potere all'interno della D.C. siciliana?

Fasino M.: Certo.

Pm: Questo potere da che cosa derivava onorevole?

Fasino M.: Derivava dalle relazioni che avevano intessuto nel corso del tempo con i vari settori della Democrazia Cristiana, partivano da Trapani e si espandevano, soprattutto, nella Sicilia occidentale. […].

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