Venti interventi dal palco, i leader politici parleranno alternandosi alle associazioni: in tante, nella giornata di ieri, hanno aderito alla manifestazione contro «lo Spacca-Italia e il premierato» convocata da Pd, M5s, Avs e +Europa oggi alle 17 e 30 a Roma, in piazza Santi Apostoli, un tempo piazza storica dell’Ulivo oggi invece quella da cui Salvini e Vannacci hanno chiesto di vergare il simbolo della «Decima» (Mas, ndr) sulla scheda delle europee.

Nonostante qualche defezione – Azione e Italia viva – è la prima manifestazione delle opposizioni, che si erano date appuntamento a dopo le europee per rimettere insieme un’alleanza. In nome del tricolore: e l’idea rende molto nervosa Giorgia Meloni e il suo partito, sventolare la bandiera nazionale contro i nazionalisti è una scena inedita. A spingere le adesioni c’è il no alle due leggi, oggi in approvazione parallela alla Camera e al Senato. Ma anche l’ondata di indignazione, non solo nazionale, per l’aggressione in aula del deputato grillino Lorenzo Donno: un clamoroso autogol per le destre, con l’aggiunta delle parole della premier, che ha definito «provocazione» il tentativo di Donno di consegnare un tricolore al ministro Calderoli.

La reazione violenta di alcuni deputati di Lega e FdI è stata «la solenne celebrazione fascista del centenario della morte di Matteotti, fatta con l’esaltazione e con il disprezzo della vita democratica», ha scritto su questo giornale Rino Formica. Un gesto concreto di pugni e calci, ma anche emblematico della materia nera che, gratta gratta, cola dai banchi della maggioranza.

Al fianco di Liliana Segre

La scaletta del pomeriggio ieri sera non era ancora definitiva. In piazza l’Arci, la Rete degli studenti, l’Unione degli universitari; e l’Anpi, il cui presidente Gianfranco Pagliarulo dovrebbe parlare dal palco; la Cgil, il cui segretario potrebbe essere presente in piazza. Ieri Corso d’Italia non confermava, ma la sua “Via Maestra”, la rete scesa in piazza contro l’autonomia a Napoli, sta valutando se annunciare la raccolta delle firme per un referendum abrogativo. Strada in salita: la raccolta si dovrebbe svolgere ad agosto e in poco più di un mese. A meno che il referendum non venisse richiesto dalle cinque regioni a guida di centrosinistra (Puglia, Campania, Toscana, Sardegna e Emilia Romagna): ma questa seconda ipotesi è altrettanto improbabile.

Dal palco Monica Guerritore, signora del teatro italiano, leggerà un appello di 180 costituzionalisti intitolato “Al fianco di Liliana Segre, contro il premierato, per la Costituzione”. La senatrice a vita, in un suo intervento in aula il 15 maggio, ha usato toni preoccupati sulla riforma costituzionale: «Presenta vari aspetti allarmanti» come «il declassamento a danno del Presidente della Repubblica» e «il dominio assoluto del capo del governo», «non posso e non voglio tacere».

Parlerà Elly Schlein. La segretaria Pd è in stato di grazia: il 24 per cento raccolto alle europee ha ribaltato l’aria intorno a lei, sia nel partito – anche se c’è ancora da decidere gli incarichi a Bruxelles – sia fuori. La guida dell’alleanza futura è sua, se l’è guadagnata sul campo. Poi, questo weekend, è stata al Roma Pride: ha sfilato e ballato davanti a un milione di persone sul carro del Mario Mieli.

Una prima assoluta, un’immagine del tutto inedita per il Pd. Zittito chi l’ha accusata di occuparsi «solo di diritti civili»: Schlein ha vinto le europee parlando di sanità, lavoro e salario minimo. Ieri alla Camera è iniziata la discussione sulla sua proposta di aumentare le risorse alla Sanità pubblica per arrivare alla media europea del 7,5 per cento della spesa del Pil. Marco Furfaro, relatore di minoranza, si è subito scontrato con la destra che ha lasciato capire che sbarrerà il passo alla legge: «Se le cose stanno così il sistema sanitario è destinato al collasso».

Schlein, le stellette sul campo

Intanto sul palco di Santi Apostoli andrà in scena la prima foto del campo delle opposizioni, almeno i soci rifondatori. Giuseppe Conte è nella scomoda posizione di sconfitto alle europee e junior partner dell’alleanza nella quale però rivendica «un rapporto alla pari»; Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni di Avs e +Europa fanno invece esplicite professioni di unità.

Non ce la fanno proprio invece Carlo Calenda e Matteo Renzi, anche se sono contrari a autonomia e premierato. I loro parlamentari resteranno in aula. Scelta ondeggiante per entrambi. Il leader di Azione prima ha detto che il suo partito non aderiva, poi che avrebbe mandato una delegazione; alla fine ha detto no. Renzi a sua volta ha accampato che la manifestazione «è stata prima organizzata e convocata e poi è stata invitata Iv», che non si vuole sentire ospite in casa d’altri. Versione smentita da più fonti.

Ma la verità è che Renzi non si vuole intruppare nel «campo largo»; e Calenda a sua volta non vuole lasciare a lui l’ambizione di riorganizzare il centro, ammesso che il progetto abbia ancora un senso dopo il tonfo elettorale di entrambi. I due per ora restano a distanza, guardandosi in cagnesco e marcandosi a uomo. Un tema, per chi come Schlein deve mettere insieme una coalizione: manca una seria forza politica che organizzi l’area moderata, che c’è, i voti lo dimostrano, ma senza leader unitari è destinata a restare sparpagliata, e fuori campo.

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