- In vista della COP27 il dibattito pubblico è stato invaso da una montagna di dati che dicono tutti la stessa cosa: il mondo come lo conosciamo non reggerebbe un ulteriore aumento dei combustibili fossili su larga scala.
- Eppure, secondo gli ultimi dati del centro studi Carbon Tracker, in questo momento ci sono in rampa di lancio nuovi progetti di estrazione per mille miliardi di dollari entro il 2030.
- L'Egitto, che guida il negoziato e ne detta l'agenda, ha dato alla COP27 un'impostazione che ne riflette in pieno gli interessi energetici di paese esportatore di idrocarburi.
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Mitzi Jonelle Tan, of the Philippines, center, participates in a Fridays for Future protest calling for pay for loss and damage at the COP27 U.N. Climate Summit, Friday, Nov. 11, 2022, in Sharm el-Sheikh, Egypt. (AP Photo/Peter Dejong) Associated Press/LaPresse Only Italy and Spain
In ritardo rispetto agli altri leader a causa delle elezioni di midterm, e quindi con uno spazio tutto suo, ieri ha parlato alla Cop27 in Egitto Joe Biden. Con tutta la solennità di cui è capace, il presidente degli Stati Uniti ha ricordato come la crisi climatica sia una minaccia alla sicurezza ambientale, a quella economica, alla stabilità delle nazioni e alla vita sulla Terra.
Ha rilanciato l'impegno ecologista della sua amministrazione, forte del pacchetto climatico contenuto nell'Inflation Reduction Act passato ad agosto, la più corposa riforma ambientale mai fatta negli Usa (e quindi in qualsiasi economia del mondo): «Gli Stati Uniti rispetteranno l'impegno di dimezzare le emissioni nel 2030», ha scandito, con in più 20 miliardi di dollari per combattere le emissioni di metano in tutti i settori.
Ma il fronte sul quale era più atteso era quello della solidarietà con i paesi più colpiti dalla crisi e qui ha confermato la ricetta americana: ha quadruplicato gli aiuti per fare le transizioni dei paesi che non riescono da soli, ha messo sul piatto più soldi per l'adattamento ma ha tracciato la linea rossa degli Usa, che non accetteranno il principio dei risarcimenti climatici basati sulla responsabilità storica.
Il massimo su cui si spingeranno è una proposta del G7, uno scudo assicurativo globale per il clima. Biden ha evitato il grande tema di questa Cop27, la creazione di una struttura finanziaria che compensi i danni e le perdite di disastri e siccità, e nel farlo ha confermato l'ostilità all'idea degli Usa, ai quali questo principio costerebbe centinaia di miliardi di dollari all'anno.
Ancora fossili
In vista della COP27 il dibattito pubblico è stato invaso da una montagna di dati che dicono tutti la stessa cosa: il mondo come lo conosciamo non reggerebbe un ulteriore aumento dei combustibili fossili su larga scala.
Eppure, secondo gli ultimi dati del centro studi Carbon Tracker, in questo momento ci sono in rampa di lancio nuovi progetti di estrazione per mille miliardi di dollari entro il 2030.
È il contesto della sesta giornata di Cop27 in Egitto, per certi versi la più importante: quella sulla decarbonizzazione.
Per i paradossi di cui sono fatte le Cop, è stata soprattutto la giornata dell'industria oil&gas e della sua nutrita delegazione da oltre 600 accreditati, qui a presidiare sia le politiche che la narrativa (alle Cop contano entrambe). E così la giornata della decarbonizzazione è diventata quella del «gas pulito».
Gas egiziano
L'Egitto, che guida il negoziato e ne detta l'agenda, ha dato alla COP27 un'impostazione che ne riflette in pieno gli interessi energetici di paese esportatore di idrocarburi: nella giornata della decarbonizzazione sono stati ben tre gli eventi di alto profilo legati al futuro del gas, che qui nelle stanze di Sharm El Sheikh ha un potenziale di credibilità diverso da quello che gli attribuiscono Onu o Agenzia internazionale dell'energia (Iea).
La scienza ce lo descrive come un pessimo affare (economico e climatico) già a partire dalla seconda metà di questo decennio, alla CopP27 si sta rafforzando invece la visione del gas come energia di transizione.
Per il ministro egiziano del petrolio Tarek el-Molla: «Il gas è il combustibile fossile più pulito, la perfetta soluzione col giusto equilibrio, continuerà ad avere un ruolo chiave nel mix energetico».
Per l'Agenzia internazionale dell'energia si rimane nei parametri dell'accordo di Parigi solo se la ricerca di nuovi pozzi si ferma subito e se il suo utilizzo come fonte di elettricità scende del 97 per cento entro il 2040.
Solo una delle due visioni può essere vera, nei tavoli ufficiali di COP27 sta passando la prima, la stessa del governo italiano. A Cop27 è arrivato anche l'amministratore delegato di Eni Descalzi, per presidiare investimenti e prospettive.
Guerra e transizione
Nel suo World Energy Outlook la Iea ha previsto un'accelerazione della transizione per effetto della guerra in Ucraina, ma i grandi paesi industrializzati stanno ancora andando nella direzione opposta e COP27 è un termometro nella tendenza.
Il padiglione canadese ha ospitato un evento con Suncor e Imperial Oil, che producono il 95 per cento del petrolio da sabbie bituminose del Canada e sono parte di Pathways Alliance, un'organizzazione che promuove una seconda vita dei combustibili fossili grazie alla cattura e stoccaggio della CO2, che aspira e mette sotto terra le emissioni della produzione, una tecnologia che solleva quasi solo dubbi (fuori da COP27): per l'IPCC (il braccio scientifico dell'Onu) è la via più costosa e meno efficace tra quelle proposte per la mitigazione.
Secondo Oil Change International, il Canada è il secondo paese al mondo per investimenti fossili pubblici fuori dai propri confini, al primo c'è il Giappone, con 10 miliardi di dollari all'anno. Il 70 per cento dei nuovi progetti di gas è in Nord America. Dell'Italia delle nuove trivelle sappiamo.
E questa è la Cop africana: il continente continua a non ricevere fondi sufficienti per adattamento, danni e perdite, in compenso è terra di conquista per i suoi idrocarburi: più di 800mila chilometri quadrati di licenze di estrazione negli ultimi cinque anni, più della superficie di Francia e Italia messe insieme.
Fine delle emissioni
Ma c'è una storia che più di tutte sintetizza la giornata della decarbonizzazione ed è stata l'intervento di Vicki Hollub, ceo di Occidental Petroleum: «Chi chiede la fine di petrolio e gas non ha idea di cosa significherebbe».
Può essere vero o falso, ma per azzerare le emissioni non c'è altra soluzione mettere fine al petrolio e al gas e farlo in trent'anni. È il motivo stesso per cui 35mila delegati sono arrivati in Egitto. Ma questo è il tipo di impostazione che portano i rappresentanti di un'industria che non sta mostrando nessun desiderio di conversione o transizione. Incalzata sui disastri climatici in Pakistan, Hollub ha calcato la mano.
«Chiunque usi un prodotto fatto grazie al gas e al petrolio ha un ruolo ed è responsabile. Avete un'iPhone? Siete responsabili. Avete preso un aereo per venire qui? Responsabili. Se pensate che le aziende oil and gas debbano sparire, non vi rendete conto di cosa succederebbe: niente più televisione, niente più macchina, la transizione deve essere disegnata meglio, dovete pensarci bene». Questo è stato il tono della giornata dedicata all'energia e guidata dall'Egitto verso il festival dell'idrocarburo.
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