- Sono almeno sei le vittime bianche della gig economy nel 2022 e almeno due quelle del 2021
- Mercoledì è stato il giorno del presidio contro le morti sul lavoro, si è tenuto in piazza Sant’Ambrogio, a Milano. Erano in tanti a ricordare Sebastian Galassi, rider, amici e cittadini comuni.
- Se la morte di Galassi è diventata un caso nazionale è anche grazie a un sindacato forte, come quello nel capoluogo toscano. Ma quanti altri rider sono deceduti durante il lavoro? Basta andare indietro di due settimane.
Il viso di Sebastian Galassi sorridente, il padre, già vedovo, ancora più abbattuto dall’improvvisa scomparsa del figlio che è morto mentre faceva un lavoretto per contribuire al bilancio familiare oltre a studiare all’università. Il fratello gemello, Jonathan, che non esce dalla sua camera, la ragazza Valentina, il cane Ringo, la zia Matilde che trova la mail di “licenziamento” di Glovo.
Tutti questi affetti sono stati sbattuti, loro malgrado, in prima pagina da un algoritmo che ha portato Sebastian Galassi a trovarsi con il suo scooter SH sul viale De Nicola a Nave a Rovezzano, frazione di Firenze. Ma purtroppo non è l’unica famiglia. Sono almeno sei le vittime bianche della gig economy nel 2022 e almeno due quelle del 2021. Nel 2020 non abbiamo trovato decessi, il motivo è forse da ricercarsi nel fatto che il traffico e gli incidenti in pandemia si sono ridotti vistosamente. Altri numeri sono stati raccolti dall’Asaps (l’Associazione sostenitori amici della polizia stradale) che ha registrato sette decessi da marzo 2018 al 25 ottobre 2019.
Lo sciopero
Mercoledì è stato il giorno del presidio contro le morti sul lavoro, si è tenuto in piazza Sant’Ambrogio, a Milano. Erano in tanti a ricordare Sebastian Galassi, rider, amici e cittadini comuni. Dopo la macabra gaffe del licenziamento postumo dovuto a un automatismo dell’algoritmo, Glovo si è scusata e si è offerta di contribuire al pagamento del funerale.
Sempre mercoledì Nidil, Filcams e Fitl Cgil hanno indetto uno sciopero di 24 ore. «Il mondo dei rider è fatto di individui affamati e in concorrenza tra loro», dice Andrea Pratovecchi Nidil Cgil Firenze. «Sappiamo che se ti fermi un giorno cali nel ranking dell’algoritmo e se ci sfami la famiglia diventa un problema».
«La morte di Galassi non è una fatalità, se continuano a esistere contratti paragonabili al cottimo ci ritroveremo sempre a commentare queste tragedie», dice Tania Scacchetti segretaria Nazionale Cgil, firmataria del primo contratto di subordinazione con un food delivery, Just Eat.
«Il problema con il contratto firmato da Cgil, Cisl e Uil – dice Federico Fornasari di Usb – è che nonostante sia quello della logistica è stata scelta la formula del secondo livello. Il compenso è di 7.50 l’ora lordi, due euro in meno di quello della logistica. Questo rende il cottimo più attraente».
I morti in strada
Se la morte di Galassi è diventata un caso nazionale è anche grazie a un sindacato forte, come quello nel capoluogo toscano. Ma quanti altri rider sono deceduti durante il lavoro? Basta andare indietro di due settimane.
Anche Roman Emiliano Zapata aveva una bella faccia sorridente. Aveva 48 anni arrivato in Italia da nove mesi dall’Argentina dove faceva il musicista e produttore discografico. In Italia, invece, aveva trovato un lavoro a Treviso come rider per il servizio di delivery Foodracers.
Quella domenica, lo scorso 18 settembre, Zapata è sul suo scooter per fare delle consegne, si ferma sul lato di una strada a Preganziol, nel trevigiano, per telefonare. All’improvviso una macchina, il cui conducente ha confessato di aver bevuto, lo travolge, lo getta in un fosso, uccidendolo. Roman lascia una bimba di tre anni e la moglie con cui viveva a Treviso incinta di otto mesi.
Lo scontro con lo scooter
Erano, invece, le 11 di sera del 16 luglio scorso quando Giuseppe Canavacciuolo, 47 anni di Sant’Antonio Abate, si scontra sul suo scooter Beverly con una Ford Fiesta – ancora da chiarire la dinamica – è morto in ospedale per le ferite riportate nell’incidente. Era venerdì sera, stava tornando a casa quando arriva l’ultima chiamata e lui non la rifiuta. «Torno tra poco», avrebbe detto alla famiglia.
William De Rose aveva 31 anni, un ragazzo di Livorno molto amato dalla comunità dei rider della città labronica, da tre anni faceva il rider per Deliveroo e le sue foto su Facebook mostravano come ne fosse fiero, indossava divisa e il porta vivande con il marchio.
Anche lui si è scontrato con una macchina su viale Marconi, la madre Cristina del Canto ha detto il giorno dopo l’incidente: «Mi hanno tolto la vita». Era il 25 marzo 2022. Anche De Rose ha iniziato con la pandemia, durante il lockdown, e secondo un suo amico lavorava più di dieci ore al giorno.
I rider di Sanremo
Il giorno prima della morte di De Rose, il 24 marzo, a Sanremo una folla di rider e amici hanno invaso la chiesa di San Rocco alla Foce per salutare Marco Spinella, rider di 34 anni morto il 12 marzo dopo tre mesi di coma in seguito a un incidente avvenuto mentre era sul suo scooter a fare consegne alle 20 del 24 dicembre, la vigilia di Natale.
Invece di festeggiare con la famiglia durante il cenone con il fratello Nico, la mamma Carmen e il papà Antonio. Il giorno del funerale i rider non hanno lavorato, si sono giustificati con questo messaggio: «Ci dispiace del disagio che vi procureremo e ci auguriamo che possiate capire la situazione non effettuando ordini giovedì prossimo. Stiamo avvisando anche i ristoranti e alcuni terranno spenti i tablet che ricevono gli ordini. Grazie a tutti per la comprensione».
Il 17 febbraio muore invece Michele Dervisaj di soli 19 anni, mentre faceva le consegne a Genova: un’auto ha fatto un sorpasso azzardato, lui è finito contro un muro per schivarla, tutti sono scappati e nessuno lo ha soccorso. Il ragazzo è morto dopo due giorni di coma.
Faceva l’ultimo anno di un istituto tecnico, voleva aiutare la famiglia, lui che in braccio a sua madrea era arrivato da bebè su un barcone dall’Albania. Nel 2021 sono almeno due le morti legate al lavoro di rider. Il 30 gennaio Romualdo Sta Ana, 47 anni Filippino con moglie e tre figli, è morto di fronte a un McDonald a Motecatini Terme, dove avrebbe dovuto ritirare un ordine, mentre attraversava la strada, travolto da un’auto che non l’ha proprio visto, perché era una notte di pioggia forte e visibilità ridotta.
Il musicista
E il 10 gennaio 2021, a Roma, è morto Adriano Urso, 41 anni, pianista jazz molto conosciuto nella scena romana, che con il fratello Emanuele Urso girava il mondo con l’orchestra The King of Swing.
Adriano in pieno Covid, come tutti gli artisti che suonano dal vivo, non stava lavorando più ed è per questo che si era messo a fare consegne per Just Eat.
Quella sera di domenica la sua auto d’epoca si è fermata mentre stava portando la cena a dei clienti, è sceso e ha provato a spingerla per farla ripartire, lo sforzo ha attivato un infarto che lo ha portato alla morte. La comunità musicale di Roma, e tutto il mondo del jazz, lo ricorda sempre seduto al piano con il sigaro e un sorriso beffardo.
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