Nella legge di bilancio sono state accolte le richieste di Federfarma, l’associazione di categoria. Il sottosegretario alla Salute, Marcelo Gemmato di Fratelli d’Italia, è titolare di farmacia
I farmacisti festeggiano. La nuova legge di bilancio si porta in dote nuovi vantaggi per una categoria già molto ricca e potente, protetta da una lobby che conta molti amici in parlamento, soprattutto nelle fila del centrodestra. In altre parole, il governo ha trasformato in legge le proposte che Federfarma, la principale associazione di categoria, ha consegnato nelle mani del sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato, meloniano, pure lui farmacista. Ed ecco, allora, che cambieranno i criteri per la remunerazione dei farmaci e, come aiuto ai punti vendita rurali, sono anche previsti contributi supplementari sui prodotti erogati.
Federfarma ci tiene a chiarire: «Le maggiori risorse date alle farmacie perdono la natura giuridica di “contributo” (come oggi stabilito) e conseguentemente decadono i benefici fiscali». Tradotto: le tasse dovrebbero fare da contraltare, almeno parziale, a queste entrate.
Inoltre, la cancellazione del regime introdotto nel 2021 (la cosiddetta: «remunerazione aggiuntiva»), farebbe risparmiare alle Regioni 150 milioni all’anno per il sostegno alle farmacie rurali. Infine, conclude Federfarma, «il nuovo modello di remunerazione è pienamente sostenibile nell’ambito della “spesa storica della farmaceutica convenzionata” che registra nel 2022 un avanzo di bilancio di oltre 700 milioni di euro, a fronte di un finanziamento di 8,72 miliardi di euro».
Le misure
Le nuove misure premiano una categoria che nell’ultimo anno ha visto crescere il giro d’affari. Nel 2022 il fatturato complessivo delle farmacie ha toccato quota 25,84 miliardi di euro, in crescita del 4,5 per cento rispetto al 2021 (dati Federfarma). Il comparto dei farmaci con ricetta (che rappresenta il 55,5 per cento dei ricavi totali) è aumentato del 2,2 per cento, per arrivare a circa 14 miliardi. Quello dedicato al commerciale e all’autocura è cresciuto in modo ancora più rapido: più 7,6 per cento rispetto al 2021.
I provvedimenti varati in manovra nascono in un contesto politico ben preciso: sono quattro i farmacisti che siedono a Montecitorio, tutti di centrodestra, oltre a Gemmato, anche Carlo Maccari e Marta Schifone, entrambi di Fratelli d’Italia, e il forzista Roberto Bagnasco.
Tra giugno e settembre 2022, cioè durante la campagna elettorale per le ultime politiche, due società controllate da Federfarma, Farmaservizi e Promofarma, hanno donato 20 mila euro a Fratelli d’Italia e al Partito Democratico, il partito, quest’ultimo, con cui si era candidato il ministro della Salute uscente, Roberto Speranza.
Sono numerose anche le farmacie private che decidono di finanziare gruppi politici. Tra queste spiccano la “Alberto Gemmato”, intitolata al padre del sottosegretario, che ha versato a Fratelli d’Italia 6 mila euro durante la campagna 2022, e la farmacia “Pagnacco” che ha sostenuto la lista di Massimiliano Fedriga in Friuli - Venezia Giulia con 10 mila euro.
Completa il quadro, l’assenza nella manovra di misure in favore delle parafarmacie, che rappresentano la principale minaccia agli incassi delle farmacie su ampie categorie di prodotti. Anzi, nelle scorse settimane i gestori di parafarmacie si sono visti bocciare due emendamenti che avrebbero permesso loro di effettuare alcuni tipi di analisi e di erogare alcuni servizi di telemedicina.
Una tendenza lobbistica
Federfarma parla in proposito di «palese difetto di costituzionalità» e cita una sentenza della Consulta che sanciva l’inammissibilità di una legge del Piemonte che allargava alle parafarmacie la possibilità di effettuare test analitici di primo livello. Tutto questo anche se dietro al bancone di una parafarmacia c’è comunque un professionista che è un farmacista a tutti gli effetti.
«Eppure, durante il Covid, anche noi siamo stati in prima linea – commenta amaro il presidente della Federazione Nazionale Parafarmacie, Davide Giuseppe Gullotta - Ma la cosa assurda è che questa decisione sia stata mediata da una tendenza lobbistica che è insopportabile».
L’accusa, neppure troppo velata, è di pressioni costanti sulla politica da parte delle associazioni di categoria dei farmacisti, in primis Federfarma, allo scopo di preservare gli interessi corporativi a scapito delle parafarmacie.
«Poi c’è il tema dei concorsi (per le licenze delle farmacie ndr) - dichiara invece Paolo Moltoni del sindacato FederFardis. «Nel 2012 – dice Moltoni - Mario Monti programmò l’apertura di 4 mila nuovi esercizi. Ne mancano all’appello 2 mila». Un calcolo eseguito confrontando il numero di farmacie presenti sul territorio italiano nel 2013, (17.600 dati Federfarma), con quello del 2021 (19.600). «Abbiamo proposto che ogni parafarmacia pagasse 150 mila euro una tantum per diventare farmacia – continua Moltoni – Le banche ci avrebbero finanziato. Ci è stato detto di no».
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