Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Da oggi – per circa un mese – pubblichiamo sul Blog mafie l’ordinanza di rinvio a giudizio “Torretta+120”, che ricostruisce dinamiche e omicidi della mafia di Palermo


Pinello Salvatore è accusato da Serafina Battaglia di essere il capo mafia di Baucina, trasferitosi da pochi anni a Casteldaccia. Partecipò, dopo l'omicidio di Stefano Leale al convegno di mafiosi, in contrada "Traversa" nella sua casa di campagna, al quale intervennero Rocco Semilia, Matteo Corrado, imputati di associazione per delinquere in altro processo, Francesco Paolo Bontate, Greco Salvatore "ciaschiteddu" e Giunta Salvatore.

Dal rapporto informativo della Squadra Mobile del Nucleo di Polizia Giudiziaria dei Carabinieri in data 15 marzo 1964 risulta che Salvatore Pinello e un vecchio mafioso di Baucina legato ai diversi componenti della famiglia Corrado, nonchè, dopo il suo trasferimento a Casteldaccia, a Panno Giuseppe e Cimò Antonino.

Nello stesso rapporto Contorno Antonino, più volte denunziato per macellazione clandestina, falsità in biglietti di banca, associazione per delinquere, truffa e furto, è indicato come intimo amico dei Greco di Ciaculli e di Bontate Francesco Paolo.

Serafina Battaglia nell'affermare che Contorno è un mafioso del gruppo di Salvatore Greco "ciaschiteddu", riferisce qualche episodio sintomatico della posizione di prestigio dell'imputato in seno all'associazione. Contorno infatti è colui che può vantarsi di avere il potere, volendo, di mandare a monte il progettato matrimonio di Salvatore Lupo Leale con Rosa Corrado. Contorno è la "persona autorevole" che, oltre dieci anni fa, essendosi sciolta, dopo il sequestro del barone Alù, la società armentizia costituitasi tra Vincenzo Rimi, Stefano Leale e il barone De Pace, ci occupò della divisione degli ovini, tra gli interessati. Ed a questo proposito è da ricordare che il sequestro Alù fu l'evento da cui ebbe origine la rottura tra Vincenzo Rimi e Stefano Leale.
 

Costantino Benedetto e Damiano sono accusati la Serafina Battaglia, il primo di avere partecipato alla spedizione organizzata nell'estate del 1960 da Salvatore Lupo Leale allo scopo di sopprimere Vincenzo Filippo Rimi e il secondo di avere fatto il doppio gioco, avvertendo i Rimi dell'agguato teso ai loro danni.
Entrambi i Costantino, dopo il fallimento dell'impresa architettata da Salvatore Lupo Leale, ripetutamente cercarono di convincere costui a ritentarla e a tal fine ebbero diverse discussioni con la Battaglia, che sapevano contraria ei progetti dal figlio perchè consapevole dei gravi rischi cui si andava incontra nell'affrontare la potenza dei Rimi.

Anche se di tale attentato non si sono avute prove sufficienti, ed anche se non si può affermare con certezza fino a qual punto e a qual momento i Costantino fossero avversari o gregari dei Rimi, non vi è dubbio che la loro attività così com'è stata prospettata da Serafina Battaglia e confermata dal rapporto del 15 marzo 1964 appare oltremodo rilevante in quanto attività mafiosa nel quadro di un vincolo associativo con altri mafiosi.

Lorello Gaetano, secondo la deposizione di Serafina Battaglia, è un pericoloso mafioso di Godrano, legato a Giovanni Prestifilippo e in conseguenza a Greco Salvatore "ciaschiteddu". Le parole di Serafina Battaglia trovano un riscontro preciso nella notorietà del ruolo avuto da Lorello Gaetano nella sanguinosa faida di Godrano e nella lotta contro i temibili Miceli Francesco, Maggio Salvatore e Maggio Francesco, i primi due condannati recentemente all'ergastolo e il terzo ucciso la notte del 3 settembre 1960

Il citato rapporto della Polizia conferma le risultanze acquisite sulla sinistra figura di Lorello Gaetano, individuo subdolo e astuto, più volte processato per furto, omicidio, violenza privata e danneggiamento e sottoposto a misure di prevenzione.
 L'annotazione contenuta nell'agenda sequestrata a Riina Giacomo, gregario di Luciano Leggio, dimostra l'esistenza di stretti legami del Lorello anche con la mafia di Corleone.

Russo Giovanni venne indicato per la prima volta da Serafina Battaglia che ne ignorava il cognome, come "Giovanni da Casteldaccia, "per distinguerlo da Giovanni Vallone, mafioso di Campofelice arrestato in Francia e già condannato per associazione per delinquere nel processo a carico di Domenico Albano ed altri. Secondo la Battaglia, Giovanni da Casteldaccia, era un sicario che aveva partecipato con certi Lalla Biagio - sparito dalla circolazione - e Michele Carollo - implicato nel citato processo contro Domenico Albano e altri - ad un agguato organizzato per uccidere certo Francesco Realmuto. Il fallimento dell'attentato aveva umiliato Giovanni da Casteldaccia a tal punto da provocare in lui una crisi di pianto. L'identificazione del predetto Giovanni fu possibile attraverso il particolare riferito da Serafina Battaglia sulle conversazioni telefoniche che con lui aveva il figlio, chiamandole a Casteldaccia in casa del cognato dal telefono dell'abitazione di via Torino. Disposta la formale ricognizione Russo Giovanni venne senza esitazione riconosciuto da sia da Battaglia Serafina che dalla nipote Guglielmini Giovanna.

Le accuse di Serafina Battaglia trovano esplicita conferma nelle notizie fornite dalla Stazione Carabinieri di Casteldaccia sul conto di Russo Giovanni, descritto come individuo prepotente e violento, temuto dalla popolazione, strettamente legato al mafioso Michele Carollo. Non può dubitarsi perciò del vincolo associativo esistente tra Giovanni Russo, inteso "Giovanni da Casteldaccia" ed altri mafiosi implicati sia in questo procedimento penale che in altri.

Quanto all'attentato alla vita di Francesco Realmuto, inteso "Cicciazzu" è bene dire che la smentita di costui non significa nulla di fronte alle precise dichiarazioni della Battaglia che lo indicò come cugino di Salvatore Pinelle, circostanza sostanzialmente esatta anche se il rapporto di parentela esisteva tra le rispettive mogli di Pinello e Realmuto, perchè com'è noto, l'appellativo di cugino è abitualmente esteso anche al coniuge. Comunque pur in mancanza di prove sufficienti circa il tentato omicidio di Francesco Realmuto e circa la responsabilità di Giovanni Russo, resta provata la attività delittuosa svolta da costui nell'ambito della associazione mafiosa.

Francesco Gallo è accusato da Serafina Battaglia di avere partecipato oltre che alle frequenti riunioni - svoltesi in casa sua, quando era ancora vivo Stefano Leale, insieme con altri mafiosi tra i quali Greco Salvatore "ciaschitedâu", Lorello Gaetano e Greco Nicola, ad una riunione ad Alcamo con Rimi Vincenzo e Filippo, Colletta Gioacchino, Lauria Vincenzo ucciso il 15 maggio 1962 e Rocco Semilia, alla quale non intervenne Stefano Leale, per timore di essere ucciso.

Riferisse ancora Serafina Battaglia che Francesco Gallo, pur essendo fidanzato con una cugina di Stefano Leale, troncò il fidanzamento con costei, senza un ragionevole motivo, alla vigilia dell'attentato commesso il 4 gennaio 1959 in località Pioppo alla vita del Leale.

Dal rapporto informativo della Polizia risulta che Francesco Gallo è un fedele e temibile gregario dei Rimi, più volte processato per omicidio, rapina e altri reati e infine condannato nel 1940 per rapina alla pena di ventidue anni di reclusione.

Sul conto di Barbaccia Michele risulta soltanto che costui consentiva a Stefano Leale di montare o
smontare le proprie armi nel magazzino di pompe funebri di cui era titolare e che, forse, ebbe sentore dell'agguato mortale teso allo stesso Leale.

Egli, inoltre, appartiene a famiglia di malfamati mafiosi tra i quali il fratello Barbaccia Giacomo, recentemente morto che era un temibile contrabbandiere e mafioso ben noto agli organi della Polizia Tributaria.
Tutto ciò però non sembra sufficiente per ritenere che l'imputato facesse parte dell'associazione per delinquere, anche in base al dubbio che possa essersi equivocato tra lui e il fratello, alle attività delittuose del quale Barbaccia Michele, secondo quanto è risultato, rimase sempre estraneo.
Appare giusto, pertanto, proscioglierlo dalla imputazione ascrittagli per insufficienza di prove. Analoga decisione va adottata nei confronti di Parrino Giuseppe.

Nella deposizione resa il 21 gennaio, 1964, Serafina Battaglia parlò di Parrino Giuseppe come di un avversario di Vincenzo Rimi e precisò di non aver fatto sino a quel momento il suo nome, tenendo par la propria incolumità. Successivamente il 10 Luglio 1964 Serafina Battaglia precisò che, nell'accennare ai timori per la propria vita, aveva voluto riferirsi in genere a tutti coloro che potevano aver motivo di odiarla, a causa delle sue propalazioni, e non in particolare al solo Parrino Giuseppe. Precisò ancora di aver visto costui solo qualche volta, nella torrefazione gestita dal marito, insieme con Domenico Albano e Matteo Corrado, all'epoca dell'attentato del 4 gennaio 1959.

L'incertezza mostrata dalla teste nei confronti del Parrino – ed è occorre dire, l'unico caso in cui
Battaglia Serafina abbia manifestato qualche perplessità appare frutto di un ripensamento dovuto alla preoccupazione della teste di essersi sbagliata negli apprezzamenti fatti sul conto dell'imputato. Ciò è una riprova, anzitutto, della scrupolosità e del senso di responsabilità e della veridicità di Serafina Battaglia, le cui gravi dichiarazioni a carico di tanti mafiosi sono state sempre accompagnate da una minuziosa esposizione di fatti, vicende e avvenimenti, mai, in nessun punto, modificate o ritrattate.

Non sembra, poi, che Serafina Battaglia possa avere attenuato il suo atteggiamento nei confronti di Parrino Giuseppe, per timore di costui. Il coraggio con cui la donna ha intrepidamente sostenuto le proprie accuse, senza mai deflettere, anche nel corso di drammatici confronti, non può esserle certo venuto meno nel caso di Giuseppe Parrino, che, in definitiva, non sarebbe altre che una secondaria figura di delinquente.

Anche la Polizia, nel rapporto informativo del15 marzo 1964, non fornisce elementi di rilievo su Parrino Giuseppe, i cui trascorsi giudiziari risalgono ad oltre trenta anni fa.

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