L’onorevole Gioia è chiamato in causa in numerosi documenti ufficiali agli atti della Commissione a proposito dei legami personali e diretti con singoli boss mafiosi. E’ certo anche che Angelo e Salvatore La Barbera, nonostante il primo lo abbia negato, conoscevano l'ex sindaco Salvatore Lima ed erano con lui in rapporti tali da chiedergli favori.
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie è dedicata alla relazione antimafia del 1976 scritta da Pio La Torre e dal giudice Cesare Terranova. Un documento che a circa cinquant’anni di distanza rimane ancora attuale.
D'altro canto l'onorevole Gioia è chiamato in causa in numerosi documenti ufficiali agli atti della Commissione a proposito dei legami personali e diretti con singoli boss mafiosi. Vogliamo richiamare alcuni di questi rapporti con mafiosi intrattenuti da Gioia e suoi collaboratori come risultano dai documenti ufficiali.
Nella sentenza del G.I. Tribunale di Palermo del 23 giugno 1964 contro La Barbera + 42 (Doc. 236) si legge: «Restando nell'argomento delle relazioni è certo che Angelo e Salvatore La Barbera, nonostante il primo lo abbia negato, conoscevano l'ex sindaco Salvatore Lima ed erano con lui in rapporti tali da chiedergli favori.
«Basti considerare che Vincenzo D'Accardi, il mafioso del capo ucciso nell'aprile 1963, non si sarebbe certo rivolto ad Angelo La Barbera per una raccomandazione al sindaco Lima, se non fosse stato sicuro che Angelo e Salvatore La Barbera potevano in qualche modo influire su Salvatore Lima. «Del resto quest'ultimo ha ammesso di avere conosciuto Salvatore La Barbera, pur attribuendo a tale conoscenza carattere puramente superficiale e casuale.
«Gli innegabili contatti dei mafiosi La Barbera con colui che era il primo cittadino da Palermo, come pure con persone socialmente qualificate, o che almeno pretendono di esserlo, costituiscono una conferma di quanto si è già brevemente detto sulle infiltrazioni della mafia nei vari settori della vita pubblica ».
E ancora: «...Data la sua latitanza, non è stato possibile chiarire la reale natura dei suoi rapporti con l'ex sindaco Lima e con gli onorevoli Gioia e Barbacela, a cui ha fatto allusione Giuseppe Annaloro. Certo è che con l'asserito "autorevole" intervento di Tommaso Buscetta, Giuseppe Annaloro ottenne la integrale approvazione di un progetto di costruzione e compensò il Buscetta per il suo interessamento, con la somma di lire 5.000.000 destinata, a dire sempre del Buscetta, agli "amici" del Comune di Palermo».
Le amicizie con i boss della prima guerra di mafia
Nel processo contro Pietro Torretta + 120 (Doc. 509) sono documentate le irregolari assegnazioni di case popolari fatte a mafiosi come Nicola Gentile, Gaetano Filippone e Marsala Giuseppe (capomafia di Vicari) e congiunti, da Salvatore Lima ed Ernesto Di Fresco, con l'interessamento di Vito Ciancimino, Giuseppe Brandaleone ed Ernesto Pivetti. Il figlio di Marsala era autista di Ciancimino e di Di Fresco.
Imperiale Cioè Filippo (ucciso recentemente) interrogato nel processo penale contro Caratalo + 20 (Doc. 400) dichiara che Salvatore La Barbera si interessò per fargli ottenere la licenza di una pompa di benzina, dicendogli: « il sindaco (Lima) è una cosa mia, lei avrà quello che desidera e poi avrà a vedere con me ». Dopo un giorno Salvatore La Barbera ottenne la licenza per Imperiale e gli dice: «Lei sa tutte queste cose come sono! Mangia e fai mangiare! » Poi pretese di entrare in società nella gestione della pompa. La pompa fu gestita in piazza Giacchery (benzina API) per sei mesi, perché la società API, allorché si diffuse la notizia che Salvatore La Barbera era ricercato, disdisse il contratto ed affidò ad altri la gestione.
I fratelli Taormina, implicati nel sequestro di persona dell'industriale Rossi di Montelera, esponenti del gruppo di mafia dominante un tempo (e oggi?) a Cardillo, risultarono, all'epoca delle indagini per rapine ed estorsioni svolte verso il 1966 (processo contro Grado + 32), legati o molto vicini al consigliere comunale locolano, in particolare Taormina Giacomo.
Una relazione della Legione dei Carabinieri di Palermo (a firma del generale Dalla Chiesa del 30 luglio 1971) nel descrivere la personalità del dottor Giuseppe Lisotta, cugino di Vito Ciancimino, mette in evidenza come questo personaggio, esponente delle cosche mafiose di Corleone, abbia avuto incarichi in numerosi enti: 1) Istituto provinciale antirabbico; 2) Cassa soccorso dipendenti AMAT; 3) Inadel. Se ne può dedurre che le assunzioni del dottor Lisotta presso i suddetti enti siano state caldeggiate da Ciancimino quanto da Gioia. Quest'ultimo, in particolare, attraverso il cognato dottor Sturzo, all'epoca Presidente della Provincia di Palermo.
Nella « Scheda informativa sul conto di Nicoletti Vincenzo fu Vincenzo» capomafia riconosciuto dalla zona di Pallavicino, redatta il 30 settembre 1963 dal locale Comandante della Stazione dei Carabinieri, Cesare Franchina, si legge:
Al punto 10: «nel passato ha svolto attività politica in favore della Democrazia cristiana».
Al punto 11: «nel passato mantenne relazioni con l'ex sindaco di Palermo, dottor Lima, e con l'onorevole Gioia».
Al punto 16: «per il suo ascendente talvolta ha provveduto a collocare giovani in impieghi aiutando anche economicamente i bisognosi»
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