Risulta evidente che i casi di Genco Russo a Mussomeli, di Navarra a Corleone e di Di Carlo a Raffadali sono emblematici di una situazione molto diffusa in decine di comuni della Sicilia occidentale. Nel periodo della «mafia agricola» le più importanti cosche mafiose della Sicilia occidentale confluirono nel sistema di potere della DC.
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie è dedicata alla relazione antimafia del 1976 scritta da Pio La Torre e dal giudice Cesare Terranova. Un documento che a circa cinquant’anni di distanza rimane ancora attuale.
Queste personalità, presentando i ricorsi degli agrari, erano in grado di influenzare fortemente l'attività dell'Assessorato regionale all'agricoltura e dell'Ente di riforma agraria. Il personale dell'Assessorato della agricoltura e quello dell'Ente di riforma agraria, d'altro canto, era stato assunto con i peggiori metodi del clientelismo privilegiando alcuni rampolli delle più note famiglie mafiose. Le connivenze, pertanto, diventarono un fatto normale. Solo così si spiega il fatto che per ben 5 anni gli agrari riuscirono a bloccare l'attuazione della riforma.
Nello stesso tempo venne attuata una colossale truffa nei confronti dei contadini siciliani con l'operazione vendita delle terre in violazione della legge di riforma agraria. Protagonista di questa operazione doveva essere la mafia. Le relaziona presentate dalle Federazioni comuniste di Caltanissetta, Agrigento e Trapani nel 1963 alla nostra Commissione documentano gli episodi più significativi di questa grande truffa. La relazione della Federazione comunista di Caltanissetta documenta come in quella provincia, negli anni successivi all'approvazione, della legge, siano stati venduti circa 20.000 Ha di terra.
A pag. 22 della relazione si legge infatti: «Per avere una esatta dimensione dell'enorme truffa consumata ai danni dei contadini e della economia di interi paesi basta citare i seguenti dati: le terre vendute ammontano complessivamente a circa 20.000 ettari; esse sono state pagate a lire 300.000 – 400.000 per ettaro cioè sono costate ai contadini 6-8 miliardi più gli interessi, le taglie (vedi vendite Riggiulfo-Cotugno) e le enormi spese che sui contadini sono gravate (nei feudi Deri, Montecamino, Mostunuxaro, Mustogiunto, acquistate dai contadini di Santa Caterina, tramite una cosiddetta cooperativa di combattenti, dopo aver regolarmente pagato cambiali per ben dieci anni, i contadini hanno constatato che ancora non avevano decurtato di una sola lira il debito derivante dall'acquisto delle terre!).
«Per le stesse terre che hanno formato oggetto di queste vendite in tutta la provincia (ripetiamo circa 20.000 ettari) se espropriate dall’Eras in attuazione della legge di riforma agraria sarebbero state pagate ai pròprietari 80-100 mila lire per ettaro, cioè complessivamente da lire 1 miliardo e 600 milioni a lire 2 miliardi. È chiaro che le enormi taglie imposte dagli agrari, dai mafiosi e da determinate forze politiche ai contadini non hanno avuto la loro tragica incidenza sulla situazione ormai rovinosa esistente nelle campagne. Quei contadini che, a suo tempo, comprarono le terre sono stati i primi a fuggire dalle campagne oppressi dalle cambiali e impossibilitati, dato il grave indebitamento, a realizzare una qualsiasi opera di trasformazione nelle campagne».
Genco Russo, Navarra e Di Carlo
Analogamente accadde ad Agrigento a Trapani e a Palermo, come documenta la Commissione di inchiesta nominata nel 1959 dal governo Milazzo e presieduta dal dottor Merra (la cui relazione è agli atti della nostra Commissione).
Ecco allora che il caso del fondo Polizzello di Mussomeli, su cui giustamente si sofferma la relazione in esame, non è un episodio isolato e nemmeno eccezionale. Episodi analoghi si verificarono in decine di comuni della Sicilia occidentale. Essi furono possibili perché le cosche mafiose di quei paesi erano ormai entrate nel sistema di potere della Democrazia cristiana di quei comuni.
Nel caso di Polizzello, infatti, Genco Russo era ormai dirigente della Democrazia cristiana di Mussomeli dove arrivò ad essere consigliere comunale oltreché vice presidente del Consiglio di amministrazione del Consorzio di bonifica dal Platani e Tumarrano.
Ma Genco Russo e i suoi complici, quando andarono a Roma per trattare con l'Opera nazionale combattenti, erano accompagnati dai parlamentari democristiani con alla testa l'onorevole Calogero Volpe che può essere definito il cervello politico del sistema di potere mafioso in provincia di Caltanissetta. Lo stesso si può dire per la vicenda del dottor Michele Navarra, il capomafia della zona di Corleone. II dottor Navarra fu anche lui il capo elettore dell'onorevole Calogero Volpe o di altri parlamentari regionali e dirigenti della Dc.
Analogamente si può dire del capomafia di Raffadali professor Di Carlo che fu capo elettore dell'onorevole Di Leo. Risulta evidente che i casi di Genco Russo a Mussomeli, di Navarra a Corleone e di Di Carlo a Raffadali sono emblematici di una situazione molto diffusa in decine di comuni della Sicilia occidentale. Risulta evidente come nel periodo della «mafia agricola» le più importanti cosche mafiose della Sicilia occidentale confluirono nel sistema di potere della Dc.
Ciò spiega la loro potenza e come riusciranno prima a bloccare la riforma agraria e poi a svuotarla largamente con l'operazione vendita delle terre. Ciò spiega anche l'inquinamento dalla Pubblica amministrazione.
L’Ente di riforma agraria, i consorzi di bonifica, i consorzi di irrigazione eccetera erano in mano alla mafia. La rottura del latifondo in Sicilia avvenne attraverso un processo contraddittorio. Da un lato venne ritardata e distorta l'attuazione della legge di riforma agraria, dall'altro lato si realizzò l'operazione vendita delle terre che offrì un nuovo campo di attività alla mafia.
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