L’uomo è tranquillo, sa il fatto suo. Anche l’allenatore sa il fatto suo, ma tranquillo lo è un po’ meno o, se non altro, così appare a chi osserva l’arco del proverbiale sopracciglio. Il nuovo super acquisto Mbappé non fa ancora la differenza, chi la faceva un anno fa (Bellingham) è regredito, lui dà risposte irritate nelle interviste. Per giunta ora gli tocca l’Atalanta che invece ha il vento alle spalle.
L’uomo è tranquillo, sa il fatto suo. Anche l’allenatore sa il fatto suo, ma tranquillo lo è un po’ meno o, se non altro, così appare a chi osserva l’arco del proverbiale sopracciglio. Eppure, anche quando gli tirano pietre (o meglio palos, bastonate, il termine protagonista di una conferenza stampa di una manciata di giorni fa), Carlo Ancelotti riesce sempre a giocarsela alla sua maniera, con la stampa: «Forse vi siete stancati di me».
In campo, meno. Per un’eccezione di algebra calcistica secondo la quale all’aumento degli addendi di una somma il risultato è una sottrazione, il suo Real Madrid più Kylian Mbappé non vale quello senza il francese. Ora, la sintesi è questa ed è semplice, anche se la realtà è più complessa e – al netto dei gravi infortuni di Carvajal e Militão e di acciacchi vari ed eventuali – riguarda un aspetto magari meno evidente, sicuramente meno evocativo, ma più strutturale, relativo alla costruzione di una rosa di fuoriclasse che, però, oggi manca di una qualità che è sempre stata decisiva per il Real: la miglior lettura del gioco.
La comfort zone
Parliamo di una squadra che in Liga è seconda, distanziata di appena due punti dal Barcellona, del quale però ha una gara in meno, e che dopo lo 0-4 con i catalani al Bernabeu dello scorso 26 ottobre ha vinto quattro partite su cinque. Mettiamo nel mirino una formazione che ha già in bacheca la Supercoppa europea vinta ad agosto e tra una manciata di giorni disputerà la finale di Coppa Intercontinentale, ma va da sé che, se sei il Real Madrid, la tara sulla stagione si fa sulla Champions League e così, allargando il dato ai recenti risultati nel campionato spagnolo, ecco che il club madrileno ha perso cinque delle ultime dodici partite stagionali.
Alla vigilia della gara contro l’Atalanta, con 6 punti, è ventiquattresimo nella classifica unica, assiso in quello che sarebbe l’ultimo posto utile per i playoff. Battuto dal Lilla, dal Milan e dal Liverpool, ha una differenza reti pari a zero. E la Champions è casa Real, dove il resto è periferia, nonché la comfort zone dello stesso Ancelotti.
Il quale, tanto per essere chiari, alla stampa ha voluto far sapere che il prossimo 31 maggio si vede a Monaco di Baviera a difendere il titolo. Con la rosa del Real, alla fine, non è neppure improbabile, ma l’allarme è già suonato in diverse occasioni. Si è ragionato sul plusvalore di cui si sarebbe giovato Ancelotti con Mbappé, pensando a come il francese si sarebbe potuto integrare con i vari Bellingham, Vinicius e Rodrygo (tacendo di Endrick e Arda Güler, di fatto comparse), si è invece sottovalutato un addio, quello di Toni Kroos, e alla sua successione, e quanto manchi oggi il tedesco al gioco del Real, nel peggioramento della manovra complessiva della squadra, è un dato di fatto.
La gamba e la mente
L’occaso della carriera di Modric, che è pur sempre Modric ma, a 39 anni, non può che essere centellinato, non basta a neutralizzarne la perdita, e del resto Modric e Kroos hanno formato una coppia da sogno per anni: oggi resta meno della metà di quella coppia su cui il Real ha costruito le sue fortune, e viene difficile pensare che possano essere gli uomini di gamba e aggressività, che si chiamino Camavinga, Tchouameni o Valverde, a sopperire a ciò che manca, anche perché, quando davanti si ha a che fare con giocatori che desiderano essere i protagonisti della medesima situazione di gioco, più che qualcuno che li aizzi, serve qualcuno che li diriga. Non a caso il Real è inciampato quasi sempre contro le big e, anche quando non è caduto (come contro il Borussia Dortmund), ha faticato. Manca soprattutto un’identità, e l’Atalanta, che ce l’ha eccome, sa che in campo potrebbe non andare come quattro mesi fa. E se Ancelotti, negli anni, si è sempre inventato qualcosa (buon ultimo, un nuovo ruolo per Bellingham), stavolta la chiave ancora non c’è.
© Riproduzione riservata