Ai ristoratori non piace parlare dei propri panni sporchi. Lo dimostrano i “no” ricevuti dalle insegne – stellate e no – a partecipare con i propri dati a questo articolo. Anche la Fipe, da sempre occhio attento alle realtà dell’accoglienza italiana, non ha fornito alcun dato sul peso economico di tovaglie, coprimacchia e tovaglioli nei ristoranti. Fermo restando la grave crisi in cui versa il fine dining, parlare di costi sembra ancora un tabù. L’antico adagio recita: «I panni sporchi si lavano in casa».

Ma attrezzare una lavanderia in un ristorante è un’impresa titanica. Così siamo andati a rovistare nella cesta della biancheria alla ricerca di strategie per abbattere i costi e di sentimenti da preservare.

Come funziona

Il ristorante può scegliere se acquistare o noleggiare la biancheria – tovaglioli, tovaglie e coprimacchia – per i propri tavoli. Nel primo caso la lavanderia gestirà i capi ogni settimana. Nel secondo caso si offre un servizio di leasing con annessa pulizia. Si calcola un prezzo al chilo per la gestione della biancheria di proprietà, mentre per il noleggio si calcola un prezzo al pezzo.

«Nel noleggio garantiamo che la tovaglia sia sempre perfetta», spiega Andrea Palmieri, proprietario della lavanderia Wash & Iron. «Al contrario chi acquista il tovagliato deve tenerselo così com’è». I prezzi variano anche a seconda delle dimensioni. Si pagano circa due euro a pezzo per una tovaglia 160x160. L’accoppiata tovaglia e coprimacchia costa tra i 60 e i 70 centesimi, mentre il tovagliolo costa 30 centesimi.

«I lavaggi più frequenti riguardano i coprimacchia, posti sopra la tovaglia». Gestire la biancheria di proprietà dei ristoranti ha un costo variabile, a seconda della grammatura e del tessuto scelto. Il prezzo del lavaggio e stiraggio al chilo si aggira intorno a 1,80 euro. «In un anno un ristorante di livello spende in media 12mila euro Iva compresa». A questo si deve aggiungere il costo delle mani che vanno a ristirare le tovaglie per garantire una mise en place perfetta.

La tovaglia che fa casa

Chantal Feletto, direttrice di sala del neo tristellato Michelin Casa Perbellini 12 Apostoli, definisce il servizio della loro sala “pop”. «Puntiamo sull’empatia e il contatto umano con gli ospiti. Il tovagliato classico alla francese, con tovaglie inamidate lunghe fino al pavimento, non rispecchia il nostro stile, ma non rinunceremmo mai alla morbidezza e al calore che trasmette il tessuto. D’altronde, il nome del ristorante è proprio Casa Perbellini e mai potremmo far sentire a casa l’ospite senza una tovaglia».

Sui tavoli di Casa Perbellini c’è una tovaglia bianca adagiata sopra un mollettone in spugna «in modo da garantire ulteriore morbidezza al tatto. Tuttavia, il tessuto si chiude appena sotto il bordo del tavolo con un elastico, in modo da rendere la balza quasi inesistente. Ciò permette di dare anche importanza ai nostri tavoli moderni». Feletto sottolinea che il costo della lavanderia incide circa del 1-2 per cento sulla spesa di ogni cliente.

Per Viola Simoncelli di Classico Ristorante tenere la tovaglia è anche una questione di igiene. I tavoli in legno hanno bisogno di essere coperti dal tessuto, che aggiunge un’atmosfera più calda, che arriva a costare fino a 1.500 euro al mese, «l’1 per cento del nostro fatturato».

Per Felice Sgarra la tovaglia non si tocca. Sia da Casa Sgarra sia nel bistrot StarPops i tavoli sono coperti da candidi tessuti. «La tovaglia aiuta a creare un calore speciale. Chi sceglie di non averle, investe nel tavolo da mostrare. Ci avevamo pensato: avremmo risparmiato. Ma la tovaglia accoglie prima dei piatti e a questo non abbiamo voluto rinunciare». Il costo dell’intero set di biancheria presente nel locale – dalle lavette in toilette al tovagliolo per il cestino del pane – pesa per il 3 per cento sulla spesa di ogni cliente.

Niente tovaglie, siamo esteti

Alessandro Pipero, patron dell’omonimo ristorante, ha eliminato le tovaglie dopo il Covid. Al tema costi si era aggiunto anche quello dell’igiene. «Occorrono circa mille euro al mese, costo a cui si aggiunge quello della persona che si occupa della mise en place, oltre al rinnovo delle tovaglie usurate». Si sceglie di valorizzare l’estetica degli arredi, ma anche una scelta sostenibile: «Lavare e stirare tovaglie costa anche all’ambiente».

«L’ospitalità la fanno le persone, non la tovaglia. Abbiamo solo tovaglioli, che cambiamo spesso, perché è importante che il cliente li abbia sempre puliti», spiega lo chef Andrea Berton.

Tovagliette e pragmatismo

Fuori dal mondo stellato, Urban Assassineria Urbana dà una lezione di economia a tutti gli indecisi tra tovaglia e tovagliette di carta o Tnt.

Il Tnt è l’acronimo che indica un prodotto industriale simile a un tessuto. Secondo lo chef Celso Laforgia, co-founder insieme a Michele Salvati del locale, si tratta di un supporto lavabile che, quando si sceglie di rinunciare alle tovaglie, viene percepito come qualitativamente migliore dai clienti. Il suo costo è di circa 22 centesimi.

«Per noi, che nel 2024 chiuderemo con un fatturato di circa 1,5 milioni di euro, queste tovagliette pesano per circa lo 0,5 per cento». Da circa un mese Laforgia e Salvati hanno scelto di tornare alla carta per portare in tavola un Qr code con il loro menu made in Puglia, il logo del ristorante e dei partner. «Abbiamo risparmiato il 40 per cento: invece di spendere 10mila euro all’anno in tovagliette Tnt, oggi abbiamo 6mila euro da spendere in promozione e comunicazione dell’attività».

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