Non è semplicemente questione di dare informazioni corrette, serve uno sforzo in più: il messaggio dovrà essere formulato in modo da rispondere al diverso modo con cui la popolazione percepisce il rischio
- Quando arriverà il vaccino, sarà importantissimo evitare gli errori del passato, in particolare credere che fornire semplicemente informazione corretta e fattuale sia sufficiente.
- Fornire informazioni accurate e fattuali è doveroso, ovviamente, ma si scontra con una selettività che ognuno di noi utilizza per scegliere quale informazione utilizzare e confermare le sue convinzioni.
- Il problema delle campagne sanitarie o di qualsiasi tipo di campagna per la sicurezza pubblica è che le persone accetteranno il messaggio per gli altri, ma non per sé stesse.
Se e quando sarà disponibile il vaccino (o i vaccini) contro il virus Covid-19, ogni governo dovrà affrontare il problema di convincere la popolazione, se non ci sarà l’obbligo, nell’aderire a una vaccinazione di massa senza precedenti. Dovremo evitare gli errori del passato: fornire semplicemente informazioni corrette e fattuali non è sufficiente.
Ognuno di noi è un cittadino imperfettamente razionale, vale dire razionale con limiti, con delle distorsioni e modalità decisionali che non rispecchiano il modello del cittadino perfettamente razionale. Ad esempio, tutti noi siamo affetti, in qualche circostanza o momento, dal confirmation bias (tendenza alla conferma), dal selezionare le informazioni che ci vengono presentate per confermare ciò che già pensiamo.
Fornire informazioni accurate e fattuali è doveroso, ovviamente, ma si scontra questa selettività che ognuno di noi utilizza per scegliere quale informazione utilizzare.
Questo processo di selezione è ulteriormente rafforzato dal modo in cui funzionano molte piattaforme online, inclusi i social media. A questo si aggiunge la percezione del rischio è una cosa complicata e spesso la nostra incapacità di riconoscere il pericolo alimenta anche cattive decisioni.
La maggior parte di noi è vittima di quella che in psicologia è conosciuta come invulnerabilità percepita – pensiamo di essere meno in pericolo di altre persone. Per esempio, se dovessimo dire alle persone che il loro quartiere è ad alto rischio di criminalità, probabilmente lo accetterebbero e lo riconoscerebbero – e allo stesso tempo crederebbero di non essere in pericolo.
Il problema delle campagne sanitarie o di qualsiasi tipo di campagna per la sicurezza pubblica è che le persone accetteranno il messaggio per gli altri, ma non per sé stesse. E questo è stato documentato così tante volte con così tante minacce diverse per la sicurezza e la salute.
Che cosa fare quindi?
Un primo passo è quello di comprendere che la natura di un atteggiamento anti-vaccinazione può avere diverse fonti: una scorretta percezione dei benefici della vaccinazione e delle probabilità dei rischi di effetti collaterali, mancanza di fiducia nelle istituzioni sanitarie nazionali o locali, l’ostilità ai vaccini come parte di una identità di un gruppo.
La percezione degli effetti collaterali è uno dei fattori importanti, alcune persone sovrastimano piccole probabilità e hanno una soglia molto bassa di rischio accettabile, specialmente quando si tratta di agire.
Modificare questa percezione delle piccole probabilità e di come esse debbano essere comprese è un passo nella direzione giusta. Bisogna essere in grado di sfruttare le reti sociali delle persone, dove attori pro-vaccinazione devono diventare le persone che godono già di fiducia in un territorio preciso, in modo che esercitino influenza sociale. Dal sindaco, al parroco, al medico di base, alle organizzazioni che operano sul posto.
Far accettare il messaggio
Si deve anche dissociare il legame che può esistere tra le identità delle persone e la scelta della vaccinazione, mostrare come persone con il loro stesso stile di vita hanno scelto di vaccinarsi. Si può tentare di creare resistenza ai messaggi no-vax già da adesso mostrandone le forme più deboli, una sorta di vaccinazione cognitiva.
Si dovrà agire su diversi livelli e mappando lo stato attuale degli atteggiamenti e delle credenze che gli italiani hanno sui vaccini, fortunatamente molti dati già esistono.
È importante capire che segmenti della popolazione avranno atteggiamenti diversi nei confronti della vaccinazione anti Covid-19 perché si baseranno su diversi stili cognitivi nel modo di percepire il problema. Una campagna informativa o di sensibilizzazione che non tenga conto di queste differenze è destinata a fallire.
È necessario adottare una strategia differenziata per diversi segmenti della popolazione che siano identificati da queste diverse forme di percezione del rischio. Tutto questo è possibile da realizzare se si partirà in tempo e non si sprecherà la conoscenza sinora acquisita nelle scienze sociali.
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