Emerge dalla ricostruzione dei fatti che Antonio Calogero Montante era stato inizialmente indagato in ragione delle plurime dichiarazioni di collaboratori di giustizia che riferivano della sua vicinanza ad esponenti di spicco della "famiglia" mafiosa di Serradifalco, in particolare Paolino Amone e il figlio Vincenzo...
La motivazione della sentenza di primo grado contiene la rassegna dettagliata e completa di tutte le fonti di prova e l'analisi puntuale delle stesse, a conclusione della quale il gup ha ritenuto pressoché integralmente asseverata l'ipotesi di accusa.
Le indagini sui rapporti di Montante con esponenti mafiosi
Emerge dalla ricostruzione dei fatti che Antonio Calogero Montante era stato inizialmente indagato in ragione delle plurime dichiarazioni di collaboratori di giustizia che riferivano della sua vicinanza ad esponenti di spicco della "famiglia" mafiosa di Serradifalco, in particolare Paolino Amone e il figlio Vincenzo. Salvatore Ferraro, già affiliato a "cosa nostra" nissena, aveva riferito il 18.5.2016 che Paolino Amone aveva sostenuto e finanziato l'espansione economica di Montante e che il figlio Vincenzo gli aveva fatto da testimone di nozze. Paolino Arnone glielo aveva presentato come "persona a posto" che egli aveva "nel cuore" negli anni 1984-1985.
Aldo Riggi, già esponente di spicco di "cosa nostra" di San Cataldo, aveva riferito il 13 e il 19 marzo 2009 che nei primi anni "90 Montante, con una sua società di cui faceva parte anche il fratello, stava realizzando dei lavori per la costruzione di un palazzo in via Amico Valenti a Caltanissetta e gli aveva commissionato dei lavori di sbancamento e di trasporto materiali.
Improvvisamente però aveva revocato l'affidamento dei lavori di trasporto per darli agli Arnone e alle sue proteste aveva spiegato che erano suoi amici ma anche mafiosi di Serradifalco, che aveva diversi automezzi fermi perché non avevano più commesse dalla miniera di Pasquasia e che alle loro richieste egli non poteva dir loro di no.
Gli accertamenti contabili confermavano questa circostanza e consentivano anche di verificare che nelle liste di clienti della "Autotrasporti Amone" vi erano le società facenti capo a Montante.
Pietro Riggio, già esponente di "cosa nostra" di Caltanissetta, negli interrogatori del 19.12.2008 e del 17.5.2016 aveva riferito di essere stato bloccato da Dario Di Francesco, reggente della "famiglia" di Serradifalco, dopo l'arresto di Vincenzo Arnone, quando aveva manifestato l'intenzione di sottoporre ad estorsione Montante.
Di Francesco gli aveva spiegato che, già nella metà degli anni '90, aveva interceduto presso Totino Riggi per consentire a Montante di eseguire opere edili nel territorio della "famiglia" di San Cataldo senza ricevere richieste estorsive o intimidazioni.
Dario Di Francesco aveva confermato l'interessamento della "famiglia" mafiosa di Serradifalco in favore di Montante per quei lavori, ma 1 'aveva attribuita a Vincenzo Arnone.
Carmelo Barbieri, già esponente mafioso di spicco del clan Emmanuello di Gela e trait d'union con la famiglia del rappresentante provinciale Giuseppe Madonia, nell'interrogatorio del 15.4.2009 aveva riferito di una riunione con Carmelo Allegro, all'epoca capomandamento a Serradifalco, e Luigi Ilardo, nel corso della quale Allegro aveva indicato Antonio Calogero Montante e il padre come amici personali e come tali sostenuti nella loro crescita imprenditoriale.
Ciro Vara, già esponente di vertice della "famiglia" di Vallelunga, nell'interrogatorio del 18.5.2016, aveva pure riferito della vicinanza degli Allegro con Montante.
Ancora Dario Di Francesco, nel!' interrogatorio del 24. 7.2014 e in quello successivo del 17.5.2016, aveva riferito che era stato proprio Vincenzo Amone a perorare l'elezione di Montante a presidente dei giovani industriali di Caltanissetta e in contraccambio Montante avrebbe sostenuto Arnone perché fosse designato come componente del comitato dei "saggi" dell'associazione.
Come emerge dalla ricostruzione del GUP, le indagini avevano preso le mosse da alcune delle dichiarazioni sopra richiamate di collaboratori che già da tempo (tra il 2008 e il 2010) avevano fornito spunti in ordine alla vicinanza di Montante alla "famiglia" mafiosa di Serradifalco.
Peraltro in un precedente procedimento recante n. 636/11 r.g.n.r. e avente altro oggetto, Montante era stato sentito sui suoi rapporti con Vincenzo Amone (cfr. verbale in data 12.11.2011) e aveva mostrato qualche reticenza, pur ammettendolo, in ordine al fatto che costui gli aveva fatto da testimone, quando convolò a nozze con la moglie nel 1980; Montante in quell'occasione aveva sostenuto che non aveva alcuna consapevolezza del ruolo di Arnone nella "famiglia" mafiosa, sostenendo che fino al 2000-2001 non aveva avuto alcun problema con la giustizia.
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