- Prendendo spunto da quanto fanno i colossi della consulenza mondiale, forse bisognerebbe avviare progetti di selezione a partire dai laureandi.
- Bisogna che già da studenti vedano nella pubblica amministrazione un ambiente attrattivo in cui lavorare e comincino la formazione e l’addestramento con stage sistematici.
- Il primo passaggio, comunque, dovrebbe essere, un nuovo e più realistico sistema di inquadramento del personale pubblico in regime di diritto privato senza le attuali categorie e con una sola tipologia di inquadramento iniziale.
La notizia dell’affidamento da parte del ministero dell’Economia di un incarico di consulenza alla società McKinsey per l’elaborazione del Recovery Plan potrebbe far pensare che la pubblica amministrazione italiana scarseggi di manager coraggiosi ed etici o con sufficienti competenze tecniche.
Il Piano nazionale di ripresa e resilienza è uno dei documenti più importanti che l’Italia è stata chiamata a produrre negli ultimi anni, ma comunque sempre di un piano si tratta, pane quotidiano per chi fa il manager di un’organizzazione complessa. Sembra strano, quindi, che tra i quasi 500 dirigenti del ministero dell’Economia, di tutti i ministeri il più “quantitativo”, visto che molti dei suoi dirigenti hanno una formazione d’origine o acquisita che a che fare con i numeri, non vi siano sufficienti competenze adeguate. Ma se a dirlo è chi viene da quel mondo - il ministro Daniele Franco, già Ragioniere generale dello Stato - dobbiamo fidarci.
Troppi giuristi
Lo sappiamo perché ce lo dicono autorevoli analisi (Ocse, Banca d’Italia), che la nostra pubblica amministrazione è piena di giuristi, che l’età media degli impiegati pubblici italiani è la più alta dei paesi Ocse e che ci mancano competenze di tipo economico, finanziario, informatico, statistico.
E così in circostanze come questa si chiamano le grandi società di consulenza. Il depauperamento del capitale umano delle pubbliche amministrazioni ha avuto tra i diversi effetti negativi anche quello di fare perdere di vista il fabbisogno di competenze specialistiche e tecniche che invece sono così diffuse nelle multinazionali della revisione e della consulenza strategica.
Prendendo spunto da quanto fanno questi colossi della consulenza mondiale, forse bisognerebbe avviare progetti di selezione a partire dai laureandi in modo che già da studenti vedano nella pubblica amministrazione un ambiente attrattivo in cui lavorare e comincino la formazione e l’addestramento con stage sistematici.
Il primo passaggio, comunque, (semplice da dire, più difficile, ma non impossibile da realizzare) dovrebbe essere, un nuovo e più realistico sistema di inquadramento del personale pubblico in regime di diritto privato senza le attuali categorie e con una sola tipologia di inquadramento iniziale con possibilità di promozione certa dopo un numero di anni a seguito di valutazioni e assessment con metodi per verificare avanzamenti di conoscenze, capacità attitudinali e competenze etiche da parte un ente certificatore che potrebbe essere la Sna (la scuola nazionale dell’amministrazione) con sue diramazioni.
La chiarezza dei percorsi di carriera, la formazione e la valutazione sicuramente farebbero emergere il valore già presente nella pubblica amministrazione e ne attrarrebbero tanto altro, con enormi benefici in termini di fiducia da parte dei cittadini nei confronti della pubblica amministrazione e della politica.
Ovviamente questo può avvenire solo se la struttura dell’organizzazione pubblica non continui a deludere sistematicamente le aspettative dei più volenterosi e motivati.
Il percorso di carriera
Le regole devono essere chiare fin dall’inizio: appena assunti si è inquadrati come funzionari “junior” e dopo un certo lasso di tempo e passaggi di assessment trasparenti e periodici si diventa “senior”. Entrambe le figure poi possono riguardare o l’ambito gestionale o quello specialistico. Quindi l’ulteriore evoluzione di carriera può consistere in una promozione come manager con incarico gestionale o manager di progetto o come “top specialist”.
Per attrarre le competenze “dure” devono essere presenti nei vertici delle pubbliche amministrazioni le competenze etiche, la piena padronanza degli strumenti (misure organizzative, trasparenza, doveri di comportamento) che garantiscono l’integrità dell’amministrazione e dei suoi funzionari.
La tecnica funziona se nella pubblica amministrazione comanda l’etica. Perché i migliori vengono attratti da ambienti affidabili oltre che sfidanti, in cui la competizione è accompagnata dal fair play e bilanciata dalla cooperazione e dal senso di appartenenza.
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