- Questa settimana l’Europarlamento ha dato il via libera ad alcuni provvedimenti chiave per il clima. Dalla riforma del mercato delle emissioni alla tassa europea sul carbonio alla frontiera, passando per i prodotti a deforestazione zero: una svolta verde è possibile e l’Ue lo ha appena dimostrato.
- L’impatto non è solo sul clima ma anche sugli standard imposti a livello globale e sul finanziamento del sistema europeo. La prima novità di questo pacchetto di regole è che, pur con tutte le sue debolezze, l’Ue si mostra in grado di svolgere un ruolo normativo su scala globale sul clima.
- Inoltre la nuova tassa europea va nella direzione che David Sassoli predicava già nel 2020, durante i negoziati per Next Generation EU, quando sosteneva che le “risorse proprie” fossero cruciali per non scaricare il debito comune sulle generazioni future.
Una svolta verde è ancora possibile e l’Ue lo ha appena dimostrato. Questa settimana l’Europarlamento ha dato il via libera ad alcuni provvedimenti chiave del pacchetto climatico Fit for 55 e ha anche sdoganato le nuove regole contro la deforestazione.
L’importanza di questi provvedimenti è duplice: non riguarda solo la sostenibilità ambientale, ma anche quella europea in sé. L’impatto non è solo sul clima ma anche sugli standard imposti a livello globale e sul finanziamento del sistema europeo.
La prima novità di questo pacchetto di regole è che, pur con tutte le sue debolezze, l’Ue si mostra in grado di svolgere un ruolo normativo su scala globale sul clima. La scelta di far circolare sul proprio mercato solo prodotti che non contribuiscono alla deforestazione è infatti una nuova regola squisitamente europea ma che avrà ripercussioni sui mercati internazionali.
La tassa sul carbonio alla frontiera (Carbon border adjustment mechanism, o “Cbam”) fa di più: oltre a far avanzare nuovi standard globali, è una nuova tassa europea. Va nella direzione che David Sassoli da presidente dell’Europarlamento predicava già nell’estate 2020, durante gli impegnativi negoziati per Next Generation Eu.
Sassoli sosteneva – all’epoca trovando non poche opposizioni tra i governi – che le tasse europee (le cosiddette “risorse proprie” dell’Ue, e cioè quelle che non dipendono dagli stati membri ma delle quali l’Ue si dota direttamente) fossero importanti per non scaricare il debito comune sulle generazioni future.
Il piano verde
Nel suo complesso, il pacchetto Fit for 55 ha l’obiettivo finale di ridurre le emissioni di gas serra di almeno il 55 per cento entro il 2030; è un pezzetto importante del puzzle chiamato “Green deal”, ovvero il piano verde dell’agenda von der Leyen.
Questa settimana gli eurodeputati hanno votato alcuni provvedimenti al loro stadio finale: significa che la negoziazione tra le istituzioni Ue (il “trilogo” tra Europarlamento, Consiglio e Commissione Ue) si è già svolta, e il Parlamento Ue ha dato il suo via libera alla versione finale delle nuove regole.
Uno dei dossier approvati è la riforma del mercato delle emissioni (Emission trading system, o “Ets”). Per semplificare: finora veniva distribuito al comparto industriale e alle società energetiche un certo numero di certificati di emissioni gratuiti; con la riforma, la quota si ridurrà di anno in anno, fino all’estinzione dei certificati gratuiti. Significa che – sempre di più – chi inquina dovrà pagarlo caro.
Un altro mercato globale
La tassa europea sul carbonio alla frontiera (il “Cbam”) completa il quadro: chi importa dentro il mercato comune europeo prodotti che non soddisfano gli standard climatici interni all’Ue viene tassato; questo passaggio serve anche a garantire una competizione non sleale tra le aziende europee impegnate nella transizione e il resto del mercato globale.
I grandi inquinatori mondiali si dovranno quindi adeguare.Avrà un impatto globale anche il nuovo set di regole contro la deforestazione, anch’esso approvato questa settimana dagli eurodeputati. L’esito immediato per noi europei sarà che potremo mangiare cioccolata con meno sensi di colpa: farà lo stesso ingrassare, ma con i nuovi obblighi Ue saremo almeno certi di non aver contribuito all’abbattimento di foreste.
Gli ambientalisti esultano, anche se si può sempre migliorare: «La lista di materie prime e prodotti coperti dalla nuova normativa è soddisfacente ma non esaustiva», dice Martina Borghi che ha seguito il dossier per Greenpeace. «Per ora sono inclusi carne bovina, cacao, caffè, olio di palma, soia (mangimistica), cellulosa, legno, gomma e carbone, e i prodotti realizzati con queste materie prime, come cioccolato, carta, mobili. Speriamo che la lista si allarghi anche a mais, carne di maiale, pollo...Vorremmo che venissero inclusi ecosistemi come zone umide e savane, e che gli obblighi interessassero le istituzioni finanziarie».
Il punto debole
Il vero nervo scoperto di queste azioni per il clima resta quello dei disequilibri sociali. «Non hanno imparato nulla dai gilet gialli? È assurdo che a produrre la crisi climatica siano le imprese dei grandi profitti, e che a pagarne i costi siano le classi popolari», si infervora Manon Aubry, leader della Sinistra europea.
Si riferisce in particolare alla creazione di un nuovo sistema di mercato delle emissioni (“Ets 2”) che farà salire i prezzi del carburante usato per trasporti e riscaldamento.
Finanzierà in parte un “fondo sociale per il clima”, ma «è come coprire una gamba di legno con un cerotto», per dirla con l’eurodeputato belga Marc Botenga. «Spetterà ai governi impegnarsi per ridurre le sperequazioni», dice il leader dei Verdi Philippe Lamberts.
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