Mentre pensa a un ricambio totale al ministero, è inciampato in gaffe che hanno finito per irritare la premier. Una candidatura in regione o in Europa potrebbe avviare il rimpasto di governo. Per il suo posto è pronto Giuli
Di lui si sa molto, se non tutto. La sua biografia, come le biografie di cui è autore, è in bella mostra sul sito del ministero. Il suo volto è familiare a tutti, soprattutto agli habitué del piccolo schermo. È l’uomo della destra che va alla guerra culturale, per vincerla. È il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano.
Non ha iniziato a combatterla il 22 ottobre 2022, giorno in cui si è insediato al Collegio romano, ma nell’inverno del 2019, quando da direttore del Tg2 – in quota Lega, ai tempi del governo gialloverde – si impegna a cambiare la narrazione del secondo telegiornale della tv pubblica.
Di lui si sa molto, se non tutto, dicevamo. Quello che vuole che si sappia, ovviamente. Le sue direzioni di Tg2 e Il Roma, le vicedirezioni di Libero e Tg1, i suoi libri. “Underdog” vero, e da qui la sintonia con Giorgia Meloni.
Napoletano fiero, con tanto di riunioni di redazione «con mozzarella e casatiello», ricorda chi ha lavorato con lui. Attentissimo ai cavilli, «tanto da misurare parola per parola, virgola per virgola, addirittura gli ordini di servizio».
E attentissimo anche a quello che si dice e che si scrive per lui. A questa attenzione, unisce una certa propensione alla vendetta, «servita rigorosamente fredda». Motivo per cui collaboratori al ministero, ex colleghi nelle redazioni in cui ha lavorato, uomini di partito, preferiscono parlarci anonimamente. «Sangiuliano ha memoria d’elefante. E non solo per le sue amate citazioni».
Una nuova narrazione
Il ministro si è dato molto da fare da subito. Con due gli obiettivi: fare piazza pulita degli uomini di Dario Franceschini al ministero e, soprattutto, cambiare la narrazione, imponendo l’egemonia culturale della destra italiana dalle – e nelle – istituzioni.
Da qui l’appropriazione di figure culturali di primo piano, come Dante, «fondatore della cultura di destra in Italia». O Giuseppe Mazzini. «Il ministro è un po’ Casapound e un po’ Buttiglione», sussurra qualche maligno al collegio romano. «Casapound perché, come il movimento neofascista, cerca di inserire nel pantheon della destra figure che di destra non sono mai state».
E si pensi a Pier Paolo Pasolini, che negli ultimi anni è diventato un’icona dei conservatori, «o anche Che Guevara, che era presente nella sede occupata di via Napoleone III quando i neofascisti ospitavano dibattiti con giornalisti o studiosi per accreditarsi al grande pubblico».
I suoi uomini
Il rimando a Rocco Buttiglione, ministro tra il 2005 e il 2006 nel secondo governo Berlusconi, è per via della riforma che sta portando avanti a colpi di emendamenti al decreto pubblica amministrazione.
Sangiuliano vuole abolire la figura del segretario generale, così come fece Buttiglione, «una figura di coordinamento centrale e importantissima», dicono al ministero.
Ci saranno poi cinque nuovi capi dipartimento, la possibilità di 20 nuovi collaboratori diretti per il ministro, 16 nuovi musei autonomi (e relativi incarichi dirigenziali), senza considerare l’azzeramento dei vertici del Centro sperimentale di cinematografia.
«In autunno ci sarà un’infornata di nomine veramente importante, ne vedremo delle belle. Segnerà la fine dell’era Franceschini».
I dirigenti attuali sono ancora quelli dell’ex ministro Dem. Sangiuliano punta a sostituire soprattutto tre figure, centrali per tutto la macchina del ministero: il capo della direzione Musei, Massimo Osanna, della direzione Archeologia, belle arti e paesaggio, Luigi La Rocca, e della direzione Organizzazione, Marina Giuseppone.
«Ma Sangiuliano metterà i suoi uomini, ma non cambierà la politica: si continuerà con l’esasperazione dell’apparato museale e dei luoghi della cultura italiana come posti di intrattenimento per turisti», continua la nostra fonte.
La speranza di molti è che non faccia come per la nomina del direttore generale per gli Archivi: il ministro aveva scelto con Stefano Lanna, dipendente del ministero, sindacalista, simpatie e frequentazioni nella destra.
La sua nomina era stata ispirata da Emanuele Merlino, figlio di Mario, esponente di Avanguardia nazionale, finito nelle indagini per la strage di piazza Fontana. Merlino jr è capo della segreteria tecnica del ministro per oltre 130mila euro l’anno. Ebbene, il ministro non ha fatto in tempo a nominare Lanna che ha dovuto ritirare la nomina per via delle osservazioni della Corte dei conti sul salto da funzionario a dirigente, impossibile per legge.
Grazie Freccero
Se Sangiuliano è diventato ministro non deve ringraziare solo Giorgia Meloni, ma anche – «forse soprattutto», ripetono molti – Carlo Freccero. Bisogna fare un salto indietro di quattro anni.
Rai, viale Mazzini, Sala degli Arazzi, gennaio 2019. Il presidente del Consiglio è Giuseppe Conte, maggioranza Lega-5 Stelle, Matteo Salvini e Luigi Di Maio mattatori dell’arena politica e vicepremier.
Da pochi mesi Freccero è stato nominato direttore di Rai2, Sangiuliano dirige il telegiornale. La “strana coppia” presenta il nuovo access prime time di informazione. Toni trionfalistici, obiettivi di share ambiziosi. «Offriremo ai nostri spettatori gli strumenti conoscitivi affinché ciascuno sulla notizia del giorno possa determinare il suo libero convincimento», afferma Sangiuliano.
«Il Tg2 Post non è stato quello che doveva essere», racconta un dirigente che ha seguito da vicino il lancio del programma. «Serviva a dare alla Rai una striscia che le mancava e rilanciare il Tg2».
Così non è stato: si ricordano infatti le polemiche per gli ospiti e i richiami dell’AgCom sull’imparzialità più che i successi di share. «Sangiuliano ha aspettato che Freccero lasciasse Rai2 per fare della trasmissione quello che voleva: ha cambiato conduttrice, mettendone una a lui più vicina, non ha mai creato la squadra di autori che era in programma, ma che avrebbe potuto contraddirlo, ma soprattutto decideva ospiti e scaletta», continua il dirigente.
Sangiuliano in questo modo non solo ha avuto la possibilità di condizionare il racconto dei fatti da direttore del Tg, ma ha tenuto anche una vetrina per sé – essendo spesso ospite della sua stessa trasmissione – ma anche per dare nuova linfa all’opinionismo di destra: «È stato lui a lanciare Davide Desario, ex direttore di Leggo ora all’AdnKronos, o Fausto Carioti di Libero, o ancora Francesco Giubilei, che poi si è portato al ministero».
Editore e presidente della Fondazione Tatarella e del think tank Nazione Futura, enfant prodige del conservatorismo all’italiana, Giubilei è tra i primi a essere nominato collaboratore da Sangiuliano ministro: si è dimesso a inizio giugno dopo che il ministero aveva stanziato 46mila euro per la fondazione da lui presieduta. «Giubilei è stato bravo a creare una rete di intellettuali di destra», ricordano alcuni giornalisti del Tg2 «Sangiuliano tra questi non poteva mancare».
Il rapporto con Giorgia Meloni
E Sangiuliano intellettuale lo è sempre stato, come ricorda anche nella sua pagina sul sito del ministero, dove spiccano il dottorato, le docenze universitarie, e i tanti libri. La sua fortuna sono le biografie: quella di Reagan per strizzare l’occhio al mondo conservatore, quelle di Xi Jinping e Vladimir Putin che gli hanno attirato le simpatie di Luigi Di Maio e Matteo Salvini quando erano al governo insieme.
Ma, soprattutto, quella di Giuseppe Prezzolini, l’intellettuale di riferimento del ministro, che sempre cita: «Il Vero Conservatore è persuaso di essere se non l'uomo di domani, certamente l'uomo del dopodomani».
Sangiuliano però, da bravo uomo dell’oggi, nella riedizione da poco tornata in libreria, non dimentica di ringraziare chi gli ha regalato un sogno. Il libro infatti è dedicato “A Giorgia Meloni”.
«Il loro rapporto nasce proprio al Tg2 Post, dopo la sua prima ospitata», raccontano dalla redazione del Tg2. Sembrerebbe che né a lei, né al direttore, era piaciuto il modo in cui era stata “trattata” dalla conduttrice. «Gli è sembrato il più rassicurante e il più adeguato tra gli intellettuali di destra», raccontano tra i banchi della maggioranza.
La luna di miele con la premier, che va avanti da molto tempo, però sembra essere finita: «All’inizio le dichiarazioni su Dante che è di destra e simili le sono piaciute, erano utili alla nuova narrazione culturale. Ma la premier è una seria e pragmatica, e non può permettersi ironie o sberleffi per il suo governo, come l’uscita sui libri votati e non letti al Premio Strega, o l’iniziativa del treno per Pompei».
Il riferimento è all’annuncio, fatto in pompa magna, di un treno dell’alta velocità che collega la capitale al sito archeologico in un’ora e quaranta. «Quando con un treno fino a Napoli e navetta ce ne metti due…».
Proprio quest’ultima iniziativa ha fatto sì che su Sangiuliano si scagliasse il governatore della Campania, Vincenzo De Luca. «E questo fatto è significativo», spiega la nostra fonte. «Perché il prossimo anno si vota, e magari Sangiuliano potrebbe essere il candidato della destra in regione. Oppure potrebbe essere candidato in Europa. Una candidatura per favorire il rimpasto». In questo caso, il suo posto al governo potrebbe essere preso da Alessandro Giuli.
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