Fernando Villavicencio non avrebbe vinto le elezioni, ma è stato freddato perché aveva denunciato la corruzione sempre più endemica. È solo l’ultimo episodio in una realtà sempre più difficile, in cui la crisi politica è diventata una crisi sociale, senza una soluzione in vista
L’uccisione del candidato presidente Fernando Villavicencio a pochi giorni dalle elezioni del 20 agosto ha scosso l’Ecuador. Il politico è stato assassinato al termine di un comizio elettorale a Quito, la capitale del paese, con tre colpi di pistola alla testa. La polizia ha arrestato sei sospettati di cui uno sarebbe morto a seguito dal linciaggio subito dalla folla.
Il presidente Guillermo Lasso ha proclamato lo stato di emergenza e tre giorni di lutto nazionale. Ha poi confermato le elezioni perché «si deve votare e difendere la democrazia, la vita e il futuro del paese».
Le elezioni, programmate per il 20 agosto, si terranno quindi in un paese militarizzato e sull’orlo dell’abisso, non solamente per l’uccisione di Villavicencio. Fino a qualche anno fa l’Ecuador era uno dei paesi più sicuri dell’America Latina. Adesso è un paese in mano alle bande di narcotrafficanti.
Le denunce
Fernando Villavicencio non era considerato un probabile vincitore. Secondo i sondaggi sarebbe arrivato quarto o quinto tra gli otto candidati.
Denunciava però apertamente la violenza del paese.
Un paio di giorni fa aveva ricevuto delle minacce di morte da “Alias Fito”, referente dei Choneros, un gruppo di narcotrafficanti vincolati al cartello messicano di Sinaloa.
Nell’ultima intervista, poche ore prima dell’omicidio, sosteneva che l’Ecuador era diventato un paese sequestrato dalle mafie della cocaina, dell’attività mineraria illegale e la corruzione.
Parlava di mele marce all’interno della polizia e denunciava le complicità con le cosche mafiose che usano l’Ecuador come punto di partenza della droga.
Il paese più violento
È infatti nei porti che si registra la maggiore presenza delle cosche. Il porto di Guayaquil, nel sud del paese, è il principale porto per l’export di droga nell’oceano Pacifico. Seguono i porti di Manta, al centro del paese, e di Esmeralda, vicino al confine con la Colombia.
La droga proviene dalle confinanti Colombia e Perù dove si producono rispettivamente il 61 e il 26 per cento della coca di tutto il mondo. Secondo la direzione nazionale Investigazione antidroga, l’Ecuador attrae per la limitata estensione territoriale, per l’uso del dollaro come moneta di corso legale e per i larghi tratti di costa incontrollata. A dimostrazione della nuova centralità dell’Ecuador basta considerare che negli ultimi 3 anni la quantità di droga catturata è passata da 79 a 200 tonnellate.
Non sorprende quindi che la violenza si concentri nelle zone portuali. A fine luglio è stato ucciso Agustín Intriago, popolare sindaco della città portuaria di Manta che si era opposto alle attività illegali delle cosche nel porto. Nella regione di Esmeralda, una delle più povere del paese, vige lo stato di emergenza ed è sospesa l’attività scolastica. A Guayaquil si susseguono rivolte nelle carceri.
A fine luglio, nella Penitenciaría del Litoral sono stati uccisi 31 detenuti in un regolamento di conti tra bande che si è esteso ad altre carceri e nella città. Dal 2020 più di 450 detenuti sono stati uccisi in regolamenti di conti fra le cosche. Nel 2022 a Guayaquil si sono registrati 1.537 omicidi, un terzo dei 4.600 omicidi del paese.
Ma la violenza dilaga in tutto l’Ecuador: il tasso di omicidi è raddoppiato dal 2021 al 2022 passando da 13,9 a 26 ogni 100mila abitanti. Nel 2023 si prevede che il tasso arriverà a 40. Così, in tre anni, si è triplicato il numero di omicidi e l’Ecuador è diventato il paese più violento del Sudamerica.
La crisi politica
L’Ecuador vive anche una crisi politica senza precedenti. A maggio il presidente Lasso ha dichiarato la cosiddetta muerte cruzada ovvero la dissoluzione del parlamento e la convocazione di nuove elezioni legislative e presidenziali. Una mossa disperata per evitare di subire un giudizio politico ed essere destituito su un caso di presunto peculato. Le elezioni del 20 agosto, le più violente della storia del paese, si svolgono in un clima di inedita tensione politica e violenza. Il presidente eletto potrà governare solamente fino al 2025.
Difatti le elezioni del 2023 sono delle elezioni suppletive convocate per completare il periodo elettorale 2021-25. Un ulteriore elemento che aggiunge instabilità a un paese che vive la peggiore crisi della sua storia.
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