- Negli audio si sentono i militari libici intimare alla nave umanitaria di Sea Watch di lasciare l’area, perché starebbe violando il diritto internazionale, stazionando in «acque economiche libiche», la zona Sar.
- Gli operatori rispondono che loro sono nel posto giusto per salvare vite, denunciano l’accaduto e fanno sapere di aver avvisato l’autorità tedesca.
- È l’ennesima minaccia dei libici nei confronti di chi cerca di salvare vite nel mediterraneo. Prima di questa avevano sparato e speronato una barca carica di migranti. Ma nonostante questo l’Italia e l’Europa continuano a finanziare la guardia costiera
«Dovete andarvene. Altrimenti useremo ogni mezzo disponibile per costringervi a lasciare la nostra area Sar». Così la cosiddetta guardia costiera libica minaccia di arrestare l’intero equipaggio della Sea Watch 3, una delle imbarcazioni dell’ong tedesca, perché, da quello che si sente dire nell’audio, starebbe violando il diritto internazionale, stazionando in «acque economiche libiche». Ancora una volta la guardia costiera libica minaccia e usa metodi violenti contro chi salva vite in mare. Era accaduto di recente, con gli spari e lo speronamento a una barca carica di migranti per riportarli nei centri di detenzione libici. Nei giorni seguenti il governo ha deciso di rifinanziarla nonostante le proteste delle associazioni, di alcuni partiti di sinistra e delle organizzazioni umanitarie. Ora l’ultima, l’ennesima, sfida di Tripoli.
Invece di adempiere all'obbligo di salvare vite nella zona Sar, rivendicandone il controllo assoluto, i guardiacoste cercano di impedire che questo compito venga portato a termine dalle organizzazioni che tentano di sventare le stragi in mare.
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«Non potete stare fermi lì, potete solo passare», dicono, «altrimenti manderemo gli assetti e vi arresteremo», ripetono per la seconda volta.
L’equipaggio di Sea Watch 3 denuncia l’accaduto affermando che si tratta di una «gravissima violazione della Convenzione sul diritto del mare» e fa sapere di aver informato l’autorità tedesca.
L’Italia continua a guardare
«Se non ci fosse un interesse europeo a proteggere la sistematica violazione del diritto internazionale marittimo da parte delle autorità libiche, questo comportamento porterebbe a una crisi diplomatica», dichiarano gli operatori dell’ong.
È il secondo attacco dei guardiacoste libici in meno di un mese. Il 30 giugno, infatti, Seabird, il mezzo aereo della ong tedesca Sea Watch che monitora la situazione nel Mediterraneo centrale, ha ripreso il tentativo da parte della guardia costiera libica di colpire e speronare una barca con a bordo circa sessanta migranti. Il tentativo di affondare la barca carica di migranti è stato effettuato con la motovedetta donata ai libici dall’Italia.
E l’Italia sia oggi sia in quell’occasione è rimasta in silenzio. Peggio, ha approvato l’aumento dei finanziamenti alla guardia costiera libica. Il 15 luglio, dopo il rifiuto del governo di ascoltare i pochi parlamentari ce ne chiedevano l’interruzione, la Camera ha dato il via libera all’incremento del finanziamento per la missione bilaterale italiana di cooperazione con la guardia costiera libica, passata così da 10 a 10,5 milioni.
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