Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Dopo la prima serie dedicata alla sentenza della corte d’assise di Bologna che ha condannato all’ergastolo Paolo Bellini per la strage di Bologna, il Blog mafie pubblica una seconda serie che si concentra sul ruolo dei mandanti


Le reciproche cointeressenze di Gelli e Tedeschi nell'azione depistante, attraverso intossicazione dell'opinione pubblica, trova un seguito in un momento molto delicato e cioè nell'imminenza del primo processo d'appello contro la sentenza del 1988 che aveva condannato con misura e rigore alcuni degli imputati per la strage oltre a Gelli e agli uomini del Sismiper il depistaggio, assolvendo molti altri imputati e così facendo aveva costruito una verità monca.

Il 15.10.1989, nell'imminenza del processo di appello per la strage del 2 agosto 1980, il Borghese esce con un fascicolo speciale dedicato all'attentato alla stazione di Bologna, dal titolo "le mani sulla strage" (...) contenente pesanti accuse ed invettive contro i magistrati di Bologna, accusati di "errori, falsificazioni e depistaggi".

 Per la Procura Generale si tratta di "un dossier che si ha motivo di ritenere sia stato visionato in anteprima da Federico Umberto D'Amato e inviato via fax al capo della Polizia, Prefetto Parisi, secondo l'abituale triangolazione degli articoli di stampa prodotti dal giornale del Tedeschi, immediatamente trasmessi al D'Amato e da quest'ultimo girati al Parisi".

Nella Memoria dei pubblici ministeri si affronta a questo punto un tema che è stato marginalmente trattato nel corso del dibattimento, nonostante trovi riscontro nella produzione dibattimentale. Ne trattiamo per sommi capi perché non sembra argomento determinante rispetto alla tesi centrale che ci sta occupando, anche se si tratta pur sempre di analisi basata strettamente su argomenti tratti da dati oggettivi, in grado di fornire delle oggettive suggestioni a conferma della tesi principale ma, in quanto frutto di inferenze su inferenze perdono in termini di peso probatorio, per quanto non se ne possa discutere la connessione con il tema principale, il finanziamento della strage attraverso gli stanziamenti indicati nel documento Bologna.

II punto di partenza sono due versamenti, rispettivamente di 330 e 600 mila dollari, in complesso 933 mila che Francesco Pazienza eseguì nei confronti di Giorgio Di Nunzio e del suo fiduciario svizzero avv. Duft. Il trasferimento avvenne tramite la FINANZCO con fondi dell'Ambrosiano. Le operazioni sono del rispettivamente del 26 marzo e del 25 maggio 1981.

Pazienza giustificò quei versamenti asserendo che erano il prezzo di un'operazione di ricatto avviata ai danni di Roberto Calvi verso la fine del 1980. Gli erano stati esibiti documenti compromettenti per rapporti relativi ai rapporti del Banco Ambrosiano con ambienti finanziari del Vaticano. La coppia Di Nunzio-Duft minacciava di consegna i documenti alla procura capitolina. Di conseguenza Calvi autorizzò il pagamento di 1.200.000; la differenza fu data in contanti in Italia.

Secondo il racconto del Pazienza, nell'operazione intervenne anche Mario Tedeschi nella veste di intermediario. Tedeschi tuttavia smentì il racconto di Pazienza ed escluse che i documenti che pure aveva visto erano stati esibiti con l'intento estorsivo indicato da Pazienza. È vero che Di Nunzio li vendeva ma a prezzo assai più basso e con scopi solo informativi.

Le dichiarazioni rese da Francesco Pazienza ai magistrati istruttori del processo sul crack del Banco Ambrosiano (verbale del 10/7/1986) diedero innesco ad un procedimento penale a carico di Peter Duft, al quale fu attribuito il reato di estorsione ai danni di Roberto Calvi in concorso con Giorgio Di Nunzio.

Il processo fu celebrato solo a carico di Duft per il decesso di Di Nunzio e dello stesso Calvi.

A dibattimento Pazienza si avvalse della facoltà di non rispondere ma fu ritenuto più credibile di Tedeschi con conseguente condanna di Duft, seguita da prescrizione.

Svolte queste premesse, occorre in questa sede formulare alcune osservazioni riguardo agli aspetti del fatto che si collegano alla presente indagine.

Nel processo a carico di Peter Duft fu esaminato solo un frammento degli atti del processo relativo al crack del Banco Ambrosiano; non si tenne conto, infatti, dell'Appunto Bologna (di cui, come si è visto, si persero le tracce anche nel procedimento relativo al crack del Banco Ambrosiano), dei suoi contenuti e degli accertamenti ad esso collegati e collegabili. Non si tenne conto, soprattutto, della figura di Francesco Pazienza, quale era emersa nel processo di Bologna relativo alla strage del 2/8/1980, per il quale nell'anno 1988 aveva riportato condanna in primo grado per il delitto di calunnia.

Ciò detto, la tesi è che Francesco Pazienza abbia mentito in ordine ai rapporti con Di Nunzio e che i soldi versati tramite la FINANZCO altro non fossero che la prosecuzione dei pagamenti dalla provvista proveniente dall'Ambrosiano per le finalità indicate nel Documento Bologna.

La somma di 1.200.000 dollari (di cui 933.000 in versamenti bancari ed il resto in contanti, consegnati al Di Nunzio) non era il prezzo del ricatto nei confronti di Calvi. Le risultanze contabili, attestano un flusso di denaro da Calvi alla coppia Di Nunzio - Duft (mediante i conti di Licio Gelli, Umberto Ortolani e Marco Ceruti) di ulteriori 440.000 dollari (rispetto al 1.200.000 dichiarato da Francesco Pazienza), di cui 200.000 pervenuti al DUFT il 19/2/1981, presso il conto corrente 7768 B.E.A. c/o Handelsbank di Zurigo, secondo quanto emerge dall'informativa della Guardia di Finanza del 15.7.1987 e 240.000 bonificati al Di Nunzio il 3/9/1980, in epoca anteriore alle prime richieste di denaro estorsive al Calvi, avvenute, secondo Francesco Pazienza, sei mesi dopo, ossia nel marzo del 1981.

Il bonifico di 240.000 al Di Nunzio da Gelli-Ortolani tramite il prestanome Marco Ceruti, avvenuta alcuni mesi prima che Calvi potesse conoscere l'esistenza dei documenti compromettenti posti a fondamento dell'asserita azione estorsiva, esibiti, a dire del Pazienza, alla fine del 1980, dimostrerebbe che le erogazioni in favore di Di Nunzio e del suo fiduciario Duft erano precedenti alla vicenda accampata da Pazienza.

La spiegazione di questo versamenti tramite Pazienza consegue alla caduta di Gelli alla fine di marzo del 1981, per effetto della perquisizione di Castiglion Fibocchi (17.03.1981) e allo svuotamento dei conti di Gelli da parte di Marco Ceruti, incaricato di effettuare quei pagamenti; con l'impossessamento del denaro da parte di Ceruti si "interruppe la catena di pagamenti documentata nell'Appunto Bologna, città che non aveva attinenza alcuna con le vicende personali e bancarie di Roberto Calvi".

Fu a quel punto Pazienza, già complice di Gelli nelle operazioni di depistaggio per la strage, che si diede da fare per eseguire i pagamenti che erano stati promessi, proseguendo nell'azione di depistaggio delle indagini sulla strage di Bologna; azione che ebbe la sua origine finanziaria nel febbraio del 1979 con l'ingaggio di Federico Umberto D'Amato e si sviluppò con i movimenti bancari documentati nell'Appunto "Bologna", che compresero anche i bonifici del 3.09.1980 e del 19.02.1981 nei confronti di Giorgio Di Nunzio e Peter Duft, fiduciario del Di Nunzio.

Da qui la presenza di Tedeschi nell'operazione di trasferimento del denaro a Di Nunzio, essendo stato costui beneficiario con Giorgio Di Nunzio e Federico Umberto D'Amato, dei fondi provenienti dal Banco Ambrosiano di Roberto Calvi, come indicato nel documento Bologna. La versione del ricatto ai danni di Calvi fu un ulteriore depistaggio su quello principale delle indagini sulla strage alla stazione di Bologna, definitivamente accertato nelle pronunce giudiziarie.

A tale proposito si segnala che tra il materiale sequestrato a Licio Gelli vi è un'altra annotazione che figura nel quadro R del secondo allegato all'interrogatorio del Gelli del 2.5. 1988 avanti ai giudici milanesi. Sotto la voce anticipi ci sono una serie di nominativi il primo dei quali è "Tedeschi" al quale alla data del 15.12.1980 va la somma di "100.000", da intendere ragionevolmente come cento milioni di lire308• La data di riferimento (15/12/1980) è la stessa apposta in relazione all'erogazione di 20.000 dollari indicata nell'appunto Bologna con causale "artic." Nell'annotazione "lire 100.000" si precisa che si tratta di un'anticipazione di denaro ("anticipi").

La conclusione è che le somme destinate da Licio Gelli a Mario Tedeschi costituiscano il corrispettivo per la redazione di articoli a supporto mediatico delle strategie piduiste del Gelli, del quale il Tedeschi era a libro paga, al pari del suo amico e collega piduista Federico Umberto D'Amato.

Indiscutibilmente "il Borghese" fu autore di una campagna di stampa a favore del SISMI, volta a demolire le indagini dell'autorità giudiziaria di Bologna che si erano orientate sulla pista della strage neofascista. Insistette fortemente sulla c.d. pista internazionale sulla quale Gelli aveva orientato il SISMI, le cui iniziative il giornale finiva per sostenere. È corretto quindi sostenere che "Mario Tedeschi fosse a libro paga non solo di Licio Gelli, ma anche del SISMI". Circostanza confermata dagli atti della commissione P2 che indicano l'esistenza di un versamento di 60.000.000 di lire a beneficio del giornalista da parte del servizio (...). Tali pagamenti sostenevano una campagna di stampa aggressiva a sostegno della strategia di inquinamento delle indagini e di contestuale copertura del gruppo stragista neofascista autore dell'eccidio di Bologna, accertata nel giudicato di condanna emesso nei confronti dei vertici del SISMI.

Sul punto infine l'analisi dei requirenti, muovendo dalla confidenza fatta al tenente Carluccio della Guardia di Finanza da Carlo Calvi (figlio di Roberto), di cui è traccia nell'intercettazione telefonica del 24.5.2019 (pag. 5), secondo la quale il padre aveva "pagato ai giornalisti della destra un sacco di soldi" affinché "scrivessero a favore" dello stesso Calvi, conclude che l'orientamento di Tedeschi in favore di Calvi è successivo al 15.12.1980. Fino a quella data Tedeschi aveva attaccato pesantemente Calvi, come emerge da un articolo pubblicato il 21.9.1980, con il quale Roberto Calvi era accusato di essere in "combine" con Carlo Pesenti (definito finanziere con "l'acqua alla gola" che doveva "salvarsi da un indebitamento progressivo ed inarrestabile") in un contesto in cui lo stesso Calvi veniva additato come il "boss" del Banco Ambrosiano che "giocava con il codice" e come un soggetto "già incriminato per i capitali del Banco Ambrosiano spediti disinvoltamente oltre frontiera", "dentro fino al collo nel crack Genghini e nella situazione di insolvenza della Ghione International di Torino ".

Ne segue che i versamenti in favore di Tedeschi fino a tutto il 1980 erano finalizzati alle attività connesse ali' operazione Bologna di cui ali' Appunto e quindi alla campagna di stampa orchestrata da "il Borghese" a sostegno della pista del terrorismo internazionale, annunciata già alla vigilia della strage del 2 agosto con il citato articolo del 6.7.1980; viceversa "le somme corrisposte a Giorgio Di Nunzio da Roberto Calvi, tramite Francesco Pazienza, con i citati versamenti del 26-31/3/1981 e del 26/5/1981, estranee e successive ai movimenti contabili riportati nell'appunto "Bologna", sono poste a ridosso (poco prima e subito dopo) dell'articolo apparso su "il Borghese" del 17/5/1981 a sostegno di Roberto Calvi e del Banco Ambrosiano e si innestano lungo il tracciato di una serie di operazioni mediatiche prezzolate che vedono protagonista Mario Tedeschi sin dal settembre del 1980 (in parallelo a Giorgio Di Nunzio, suo intimo amico), con interventi giornalistici riguardanti il depistaggio della strage di Bologna, la tutela del Sismiche ne fu il suo principale protagonista e, da ultimo, l'appoggio politico-mediatico all'attività finanziaria di Roberto Calvi e del Banco Ambrosiano, fornito a dispetto di un atteggiamento pesantemente denigratorio assunto dal medesimo organo di stampa nei confronti degli stessi soggetti con l'articolo del 21/9/1980.

"Il Borghese" di Mario Tedeschi si rese così autore di una vera e propria inversione di rotta giornalistica; un radicale cambiamento di orientamento nei rapporti con il Banco Ambrosiano che richiama inevitabilmente le confidenze effettuate da Carlo Calvi al tenente Carluccio in merito all'appoggio ottenuto dal padre Roberto pagando "un sacco di soldi ai giornalisti di destra".

"Considerato il tenore di tali confidenze, sulla cui attendibilità non vi è ragione di dubitare perché provenienti da una fonte familiare molto vicina a Roberto Calvi, il radicale mutamento di atteggiamento giornalistico di Mario Tedeschi nel maggio del 1981 nei confronti del Calvi e la cronologia dei versamenti effettuati da quest'ultimo (tramite Francesco Pazienza) all'avv. Duft ed a Giorgio Di Nunzio, tra la fine di marzo del 1981 ed il 26 maggio 1981 (per complessivi 933.000 dollari), inducono a ritenere che una parte di quel denaro sia stata destinata a finanziare anche l'appoggio giornalistico fornito nella primavera di quell'anno da Mario Tedeschi al Banco Ambrosiano di Roberto Calvi.

Questa ambiguità e duplicità di funzioni che avrebbero avuto i versamenti della primavera del 1981, pure analiticamente ricostruiti nei loro meccanismi dall'analisi dei pubblici ministeri, per quanto attendibili non possono essere considerati particolarmente probanti ai nostri fini, per cui rimane fermo quanto detto sul significato del documento Bologna, dovendo limitare l'analisi al suo stretto contenuto e a quello dei documenti univocamente ad esso riferibili.

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