Le minacce di invasione di Rafah da parte del premier Benjamin Netanyahu sembrerebbero aver piegato la resistenza di Hamas, che ha accettato una proposta di cessate il fuoco consegnata dall’Egitto e dal Qatar.

Di quale bozza di accordo si tratti è tutto da verificare, e la discrepanza è espressa nelle diverse atmosfere in Palestina e Israele. A Rafah si sono visti festeggiamenti e spari in aria; a Gerusalemme e Tel Aviv solo freddo scetticismo e diniego: «Non è la proposta concordata», hanno detto funzionari israeliani, e si è parlato perfino di una messinscena deliberatamente ordita da Hamas per scaricare sull’avversario la colpa di aver fatto crollare l’accordo. Insomma, Hamas annuncia di avere accettato un accordo che Israele dice di non avere mai sottoscritto, sintesi perfetta del clima di sfiducia totale su cui è sembrato aprirsi uno spiraglio.

La comunicazione di Hamas

Il leader del gruppo islamista, Ismail Haniyeh, ha informato il premier del Qatar Mohammed bin Abdul Rahman Al Thani e il capo dell'intelligence egiziana Abbas Kamel «dell'approvazione da parte del movimento della loro proposta sull'accordo di cessate il fuoco». Haniyeh ha chiamato direttamente i due leader al telefono, annuncia un comunicato di Hamas su Telegram. «La palla è ora nel campo di Israele». Lo ha detto un esponente di Hamas citato dai media internazionali. «Abbiamo concordato un cessate il fuoco di sei settimane», ha riferito una fonte di Hamas dopo l'annuncio dell'accordo sui termini della tregua.

Poche ore prima la situazione era completamente diversa. Il gruppo aveva annunciato una sospensione dei negoziati al Cairo. «Abbiamo deciso di sospendere i negoziati per un cessate il fuoco dopo essersi consultati con il resto delle fazioni palestinesi»: aveva detto una fonte di Hamas a Skynews Arabia. Poi la svolta apparente.

Dunque la forte pressione decisa dal gabinetto di guerra israeliano che aveva approvato domenica sera all'unanimità l'operazione a Rafah e che aveva minacciato che avrebbe operato con “estrema forza” ha funzionato. Il ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant, in precedenza aveva spiegato la decisione di attaccare Rafah a causa del rifiuto di Hamas di consegnare gli ostaggi. Hamas prima aveva accusato Netanyahu di non voler accettare di cessare il conflitto né di consentire il ritorno dei profughi nelle loro terre, poi ha ceduto, secondo al Jazeera, la proposta di cessate il fuoco consegnando la missiva all’Egitto e Al Qatar. I dettagli dell’accordo non sono ancora noti ma saranno un tema di approfondimento nei giorni futuri. Un funzionario israeliano ha affermato che Hamas ha approvato una proposta egiziana «ammorbidita» che non è accettabile per Israele. Il funzionario ha aggiunto che la proposta comprende conclusioni di «ampia portata» che Israele non accetta. Ma questo fa parte del solito balletto dei dettagli da definire in vista di un accordo di massima.

La svolta a Gaza è giunta dopo che Israele aveva annunciato che una volta evacuata la popolazione in un'azione definita dall'Idf «limitata e temporanea», l'operazione militare sarebbe cominciata entro pochi giorni. E nel frattempo «migliaia» di abitanti di Rafah hanno cominciato a lasciare la parte orientale della città come testimoniato dalla Mezzaluna Rossa palestinese, soprattutto dopo che Israele ha cominciato a bombardare i due quartieri di Rafah di cui prima aveva ordinato l'evacuazione. L'emittente statale egiziana Al Qahera ha mostrato immagini in diretta di violenti raid israeliani sulla parte orientale di Rafah palestinese e di residenti che vengono evacuati dalle truppe israeliane.

L’annuncio dell’invasione

È dunque evidente che il premier Netanyahu ha fatto una scelta calcolata per fare pressione sui negoziatori di Hamas e costringerli alla resa accettando il cessate il fuoco, ma nello stesso tempo Israele era pronto ad mettere in pratica la minaccia di invasione di Rafah sfidando la comunità internazionale se i dirigenti di Hamas avessero deciso di resistere.

È possibile immaginare cosa sarebbe accaduto se, senza accordo e una volta sfollati 100mila sul milione di palestinesi da Rafah Est al campo profughi sulla costa di Al Mawasi e a Khan Younis, Israele avesse attaccato l’ultima città della Striscia contando su una sostanziale impunità a livello internazionale? Difficile immaginare un inferno ancora maggiore su Gaza.

Ma probabilmente la svolta è giunta quando il presidente Joe Biden e il premier Benjamin Netanyahu si sono sentiti su Rafah e la Casa Bianca ha fatto trapelare l’appoggio all’alleato dicendo che il presidente americano aveva aggiornato Bibi sui negoziati per liberare gli ostaggi e gli aveva annunciato l’arrivo dell’ennesimo delegato speciale, il capo della Cia, William Burns in Israele, dopo le sue visite in Egitto e Qatar, per incontrare il presidente israeliano. Ma Biden non ha minacciato di bloccare gli aiuti militari, l’unica mossa che avrebbe fermato il governo Netanyahu. Inoltre il presidente Usa ha ottenuto di riaprire subito il valico di Kerem Shalom chiuso dopo l'attacco di Hamas che ha ucciso 4 soldati. Segno che fra i due alleati non c’erano tensioni insormontabili.

Così Hamas ha cominciato a temere che la sua strategia di resistenza ad oltranza fosse giunta ormai alle battute finali. Certo restano i dubbi dopo sette mesi di conflitto che Hamas abbia accettato una proposta che Israele poi possa dire di non avere mai fatto, ma resta il fatto che il gruppo islamista abbia detto per la prima volta sì a un accodo sugli ostaggi e il cessate il fuoco.

Se alle parole seguiranno le decisioni coerenti lo vedremo nei prossimi giorni.

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