Una ventina di giorni fa improvvisamente, che vuole anche dire senza nessun preavviso, aprendo il mio X (ex-Twitter) ho scoperto che il mio account: @GP_ArieteRosso, era stato sospeso. Non avrei più potuto postare nessun contenuto, “ritwittare”, scrivere “like”, creare un nuovo account. Nessuna motivazione del perché di questo veto, una vera censura, tranne l’accusa vaghissima, derivante da «una attenta valutazione», di avere violato le regole d‘uso di X alle quali venivo rinviato.

Nel caso pensassi ad un loro errore mi si concedeva di fare appello. L’ho fatto qualche giorno dopo. Da dieci giorni attendo una risposta che non arriva. Non arriva. Mi sono dedicato ad una lenta e attenta lettura dei comportamenti ritenuti inaccettabili che motivano, conducono e giustificano la sospensione.

Li elenco: violenza verbale; promozione di attività violente e cariche di odio in tutte le varianti, razziale, religiosa, di genere, di età, di disabilità, di malattie gravi (?); sfruttamento sessuale minorile; condivisione di contenuti offensivi e istigazione a farlo; l’essere autore di «attacchi terroristici, estremistici violenti o violenti di massa»; incoraggiamento al suicidio.

Nessuna notizia più precisa di quali fra questi ignobili comportamenti i miei cinguettii abbiano suggerito, sostenuto, sottoscritto, incoraggiato. Non vedo nessuna possibilità di difesa contro accuse che non sono chiaramente formulate e accompagnate da evidenze, ovvero dai tweet nei quali avrei violato le regole.

Anni di tweet 

Non so per quanti anni sono stato presente su Twitter né, impossibilitato ad accedervi, sono in grado di dire quanti post ho scritto, a quanti ho apposto “like”, quanti ne ho ripostato. Credo di avere una buona capacità di sintesi. Faccio ricorso a non poco sense of humor, «castigat ridendo mores», fino al sarcasmo. Sicuramente, non rinuncio a prendere posizione, ma, tutte le volte che lo reputo necessario, motivo quanto scrivo e faccio gli opportuni rimandi alle fonti.

Non sono un influencer, ma avevo circa 18mila trecento followers, che ringrazio, un certo numero dei quali disposto a e capace di criticarmi, di chiedermi conto del detto, del non detto, del mal detto. Naturalmente, non mancavano gli “incursionisti”, per lo più poco originali, che facevano riferimento soprattutto al deterioramento mentale dovuto alla mia età e all’essere (stato) comunista (invece, nel bene e nel male, no).

La variante di rosso che preferisco, limpidamente scritta anche nel mio profilo, è il granata. Qualcuno chiedeva che cosa avessi mai insegnato ai molti studenti di scienza politica nel corso della mia lunga carriera accademica. Facevo post anche in inglese e in spagnolo e in quegli idiomi rispondevo quando necessario e opportuno. Infine, postavo i miei impegni di conferenze e televisivi e i riferimenti agli articoli pubblicati, ovviamente anche quelli sul Domani, e qualche rara foto.

Fin dall’inizio ho bollato “l’operazione militare speciale” russa come l’aggressione del despota autoritario Putin al sistema politico democratico, certo non privo di problemi, dell’Ucraina. Ho criticato il papa stratega non equidistante quando tempo fa attribuì la responsabilità della guerra alla Nato accusata di avere «abbaiato» (verbo di Francesco) ai confini della Russia.

Ho scritto che la distruzione dell’organizzazione terroristica Hamas è il prerequisito di qualsiasi soluzione che porti a due popoli due stati. Ho spesso sottolineato che una vittoria di Trump avrebbe conseguenze devastanti per la democrazia non solo negli Usa e per il già scosso ordine politico internazionale. Mi sono costantemente dichiarato europeista convinto, ma non cieco.

Il cuore della questione

Mi è stato suggerito che il bando del mio account ad opera di X potrebbe essere stato sollecitato da un certo numero di putiniani (e sedicenti pacifisti), dai filopalestinesi, dai sovranisti. Qui sorge il problema più generale. Senza esagerare, poiché impedirmi di usare X non priva molte persone della libertà di essere informati, ma soltanto dell’opportunità di sapere come la pensa GP_ArieteRosso, il problema della libertà di espressione del pensiero si pone, eccome.

C’è qualcuno che, a sua totale discrezionalità: come, quando, per tutto il tempo che vuole, ha il potere di togliere l’accesso ad una piattaforma a chi non gli piace. Scrivo queste parole nella giornata mondiale della libertà di stampa, su un quotidiano i cui giornalisti il governo fa tutto il possibile per intimidirli e quando Reporters sans frontières rende pubblico il rapporto che rileva che l’Italia è scesa di sei posti nella classifica relativa alla libertà di informazione: dal 40esimo al 46esimo posto.

Qui ho posto un problema che va ben oltre il mio personale inconveniente. Concludo con le parole di Walter Cronkite (1916-2009), probabilmente il migliore, per equilibrio, efficacia narrativa, credibilità, degli anchormen Usa: that’s the way it is. 

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