Se la decisione di Gisèle Pelicot di tenere a porte aperte il processo a carico dell’ex marito, Dominique Pelicot, condannato a 20 anni di carcere per stupri aggravati, ha costretto la Francia a confrontarsi con una cultura di violenza di genere, è stata la figlia della coppia, Caroline Darian, a intentare un’accusa all’uso sistemico di sostanze psicoattive a scopo di abuso sessuale.

«Questo è un processo a un’intera famiglia, alla sottomissione chimica, di cui non si è parlato abbastanza dall’inizio di questo procedimento legale», ha dichiarato ai media Darian dopo una delle udienze di novembre.

Il fenomeno della soumission chimique

Darian, che dice di essere stata anche lei violentata e sedata a sua insaputa dal padre, si è autodefinita la «grande dimenticata» del caso Pelicot. «L’unica differenza tra me e Gisèle è il fatto che nel suo caso ci sono prove tangibili e implacabili», ha detto Darian, riferendosi alle centinaia di foto e video ritrovate che testimoniano gli stupri.

Solo nel 2022 in Francia sono stati segnalati più di 2100 episodi di violenza legati a sottomissione chimica, rispetto ai 539 registrati nel 2020. Eppure, secondo Darian, c’è una grande cifra di sommerso. La maggior parte di queste vittime affronta infatti non solo la difficoltà di dimostrare l’abuso subito, a causa dei vuoti di memoria generati delle sostanze e della rapida sparizione di prove dall’organismo, ma anche gravi falle nel sistema di supporto sanitario e legale.

Se per alcuni l’alto numero di casi è dovuto ad una maggiore consapevolezza e quindi normalizzazione delle denunce formali, secondo Joëlle Micallef, farmacologa e docente all’Università di Aix-Marseille, specializzata in uso e abuso di farmaci psicoattivi, i numeri anzi non riflettono ancora sufficientemente il fenomeno, che in Francia potrebbero essere legato anche a numerosi difetti di sistema, tra cui un accesso troppo facile a farmaci potenzialmente pericolosi.

Da anni enti locali e internazionali denunciano che la Francia abbia uno dei più alti consumi in Europa di benzodiazepine, farmaci ansiolitici e ipnotici che possono avere effetti collaterali come sintomi da dipendenza oppure sedazione e vuoti di memoria. E proprio le benzodiazepine, secondo i dati raccolti negli ultimi vent’anni dall’Agenzia Nazionale per la Sicurezza dei Medicina (Ansm), sono tra i farmaci utilizzati nella maggior parte dei casi di sottomissione chimica segnalati all’agenzia francese.

«Più di tre quarti delle visite mediche francesi si concludono con una ricetta. Sono abitudini prescrittive radicate da oltre trent’anni», dice Micallef. «E la facilità di accesso a un prodotto è un criterio di scelta per il suo uso improprio, compresa la sottomissione chimica», dice professoressa Micallef.

Non è la prima volta che un farmaco in commercio viene identificato come potenziale agente di abuso sessuale. Dal 2011 il farmaco antiepilettico Rivotril ad esempio viene prescritto limitatamente e miscelato con un colorante blu, in modo da renderne visibile la presenza. «Questo riduce il rischio, ma non ferma il crimine. Da qui la necessità di un monitoraggio costante», ha detto a Le Monde Leila Chaouachi, medico farmaceutico e responsabile dell’Ansm.

Negli ultimi anni diverse organizzazioni francesi, tra cui il French Addictovigilance Network, hanno denunciato infatti che, sebbene le benzodiazepine siano sottoposte a prescrizioni mediche obbligatorie, il loro utilizzo rimane elevato anche per la mancanza di follow-up rigorosi sui pazienti e una scarsa identificazione del sovradosaggio.

Il College of General Practitioners francese ha infatti osservato come nel caso Pelicot, nonostante fossero stati identificati segni clinici come perdite di memoria e problemi ginecologici, i medici che negli anni hanno visitato la vittima non hanno riconosciuto l’aggressione sessuale e gli effetti collaterali della benzodiazepina lorazepam (in Italia venduta come Tavor) che ​​Dominique Pélicot somministrava alla moglie mescolandola a cibo o bevande.

#MendorsPas

La campagna lanciata nel 2023 da Darian, #MendorsPas (“Non addormentarmi”), dedicata alla lotta e alla prevenzione contro la sottomissione chimica, ha tra i suoi obiettivi proprio la formazione del personale sanitario. Oltre ad attività di sensibilizzazione, la campagna si impegna infatti ad educare i professionisti a un’identificazione precoce dei casi, attraverso la collaborazione con il Centro di riferimento per le aggressioni da sostanze, e le potenziali vittime a conservare eventuali prove, come ciocche di capelli o resti di bevande sospette.

Da quando il processo è stato reso pubblico, qualcosa però si sta muovendo anche a livello istituzionale. Il governo francese ha introdotto, infatti, dei kit di test per aiutare le vittime a rilevare la presenza di sostanze psicoattive e fornire così prove utilizzabili in tribunale. Oltre a questo, è stata ampliata la possibilità di sporgere denuncia direttamente negli ospedali, con l’obiettivo entro il 2025 di almeno 377 aziende ospedaliere.

Un cambiamento strutturale era tra gli obiettivi della esposizione mediatica volontaria della violenza subita da Gisèle Pelicot e Darian, che ha insistito per parlare ancora dalla la prima volta in cui è stata ascoltata in aula, all’inizio del processo.

«Devo dire che, quando ho lasciato questo tribunale, per me è stato estremamente difficile tornare alla vita reale», ha dichiarato, «Ma voglio ringraziare i miei fratelli, mio ​​marito, i miei amici, tutte le persone che mi hanno aiutata a creare l’#MendorsPas: è per me e per tutte le vittime che non hanno voce».

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