Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie pubblicherà ampi stralci delle motivazioni della sentenza di secondo grado sul processo Montante.


A fronte di questa prospettazione l'esame di Montante è stato caratterizzato dal fatto che egli si è detto del tutto ignaro della provenienza delle informazioni che gli forniva Di Simone, al quale le richiedeva nell'ambito dei rispettivi ruoli all'interno di Confindustria, con la tacita intesa che né Di Simone gli diceva come mai come acquisiva le notizie né Montante gliene chiedeva l'origine, fidandosi di lui perché segnalato all'associazione degli industriali dai più autorevoli esponenti della Polizia di Stato.

Invece l'esame di Di Simone si è caratterizzato per il suo tentativo di sminuire la concreta utilità degli accessi allo SDI, a fronte delle banche dati a disposizione di Confidustria (tra queste il RE Visual o quelle della Camere di commercio, messe in collegamento dal suddetto sistema) tanto più ricche e utili, da essere state poste a disposizione, su loro richiesta, degli apparati investigativi con appositi protocolli.

Quali che fossero le prospettive di sinergia che sarebbero state auspicate da Confindustria o che sarebbero state promesse da soggetti istituzionali, quel che conta ai fini del presente giudizio è che gli accessi allo SDI, accertati, documentati e ammessi dagli imputati De Angelis e Di Simone, non potevano essere consentiti e non potevano essere resi leciti dai più nobili e condivisi propositi di rinnovamento legalitario di cui il gruppo di Montante si era fatto interprete.

Se è pur vero che le vicende giudiziarie dei soggetti di interesse possono essere conosciute attraverso un intelligente utilizzo delle connessioni tra fonti aperte o banche dati di altra natura, i dati ancora coperti da riservatezza o non divenuti noti sono immediatamente conoscibili dal momento del loro inserimento solo tramite l'accesso allo SDI, un sistema che cataloga le informazioni che affluiscono al CED delle forze di polizia istituito da una legge del 1981.

Come si ricava dagli atti di questo processo, l'acquisizione di quelle informazioni prevede un primo accesso al "Sistema Informativo Interforze", che attraverso un portale consente l'accesso al vero e proprio SDI, come "utente investigativo", e con possibilità di avere informazioni su una persona fisica o giuridica, oppure di consultare un oggetto (targhe di autovettura, banconote, titoli, effetti, armi, documenti), nell'uno e nell'altro caso previo inserimento della motivazione dell'interrogazione e con espresso richiamo alle responsabilità che essa comporta. Le informazioni, acquisite attraverso una delle opzioni di ricerca (per "soggetto", per "oggetto" e per "comunicazione"), sono quelle che riguardano ogni fenomeno censito dalle Forze di Polizia: sia le notizie relative alle attività di vigilanza e controllo (sulle strade, sul mare, sugli esercizi pubblici) sia quelle risultanti da sentenze o procedimenti giudiziari sia quelle desunte da atti di polizia giudiziaria svolti a iniziativa o in esecuzione di ordini dell'Autorità Giudiziaria; ma vi si possono rinvenire ancora le c. d. schedine alloggiati (le comunicazioni telematiche dei gestori delle attività alberghiera sulle persone ospitate nelle loro strutture), che offrono informazioni ancora più riservate sulla vita delle persone.

Nonostante gli sforzi di Di Simone, che in un pur pregevole saggio tecnico dal titolo "la reputazione digitale", prodotto alla Corte, ha illustrato tutte le potenzialità della rete, e in particolare del "RE Visual", quest'ultimo strumento non potrebbe offrire quelle informazioni così invasive per la vita privata delle persone, che invece sono custodite dallo SDI (presidiato, proprio per questo, da regole specifiche e rigide di utilizzo).

Il "RE Visual" si innesta sul sistema di consultazione del Registro Imprese e rappresenta con immediatezza i legami tra le società e le persone presenti nel Registro Imprese, li correla alle informazioni contenute in altre banche dati (accessibili), aggrega dati per lo più afferenti la vita economica delle persone fisiche e delle persone giuridiche, ed eventualmente quelli inerenti le vicende giudiziarie che abbiano comportato la trascrizione dei relativi provvedimenti nei suddetti registri o che siano stato oggetto di pubblicazione giornalistica (ipotesi spesso concorrenti). Certamente può essere un utile strumento anche per gli investigatori.

Tuttavia questo giudizio ha evidenziato che ciò che interessava acquisire (e ciò che è stato acquisito e conservato nella stanza segreta di Montante) erano informazioni ottenibili esclusivamente tramite accessi allo SDI.

E limitandosi al momento ad esaminare le condotte di accesso abusivo alle banche dati delle forze dell'ordine, non può considerarsi di secondario rilievo che la ricostruzione del GUP, sul punto non contestata dalle difese (le risultanze documentali e la loro tracciabilità non lo consentirebbero), delinea una continuità e una sistematicità di queste operazioni illecite, idonee a prefigurare una irrinunciabile funzionalità di tale inappropriato canale di attingimento di notizie riservate rispetto ad obiettivi specifici.

Condotte che hanno avuto inizio nel 2009 e che si sono protratte nel 2016. Tali condotte hanno avuto una tale sistematicità che non si può accogliere il tentativo di ridimensionarle a fatti occasionali rievocando il numero di accessi accertati nell'arco di sette anni, ricavabile dall'informativa, perché si tratta di un accertamento a campione e pertanto spia di numero ben più cospicuo, già calcolabile per approssimazione dal fatto che nel corso del 2016 quando erano in corso le intercettazioni sono stati verificati accessi in numero ben più elevato alla media ricavabile per anno dai precedenti controlli a campione.

Le difese ridimensionano tale laboriosa attività (la cui sistematicità è indice di stabilità, programma delinquenziale indefinito e funzionalità rispetto ad ulteriori obiettivi), perché sostengono che non vi è prova nel processo di alcun uso dei dati raccolti. La questione, che resta comunque irrilevante ai fini della configurabilità dei reati-fine di cui agli artt. 61 Ster e 326 c.p., poiché tra gli elementi costituivi del reato non è previsto l'utilizzo concreto delle informazioni abusivamente acquisite, può rivestire interesse ai fini della prova dell'esistenza di un'associazione per delinquere.

Sebbene non siano contestati reati ulteriori nei quali risulti l'utilizzo delle informazioni o se ne minacci la divulgazione, si ha prova, tuttavia, del fatto che gli accessi abusivi erano funzionali anche alla sistematica catalogazione di notizie, date, appuntamenti, contatti, messaggi ed altro, fatta da Montante, che solo in relazione agli anni 2015 e 2016 possono trovare giustificazione - ove si volesse credere a quello che egli ha dichiarato nel suo esame - nell'esigenza di ricostruire fatti per un'eventuale difesa nell'indagine di cui era stata notizia. Giustificazione questa, comunque, poco credibile visto che molte informazioni riguardavano circostanze e persone che ben poco aveva a che fare con la sua difesa in un giudizio penale.

Tra queste, ad esempio, quelle riguardanti l'assessore regionale Gaetano Armao, o Giulio Cusumano, vicepresidente dell'AST, o ancora Vincenzo Basso, editore di "Centonove".

E' chiaro pertanto che Montante raccoglieva informazioni e le custodiva riservandosene l'uso. Ciò era noto nella sua cerchia e, tra le persone a lui vicine, l'uso che ne avrebbe potuto fare, era chiaro. Plurime fonti riferiscono che egli si vantava di avere a disposizione dossier, pronti all'uso.

Lo dice Marco Venturi, confrontandosi con Massimo Romano il 12.6.2015. A quell'epoca Venturi non aveva ancora deciso di rendere l'intervista a Repubblica e poi recarsi alla Procura della Repubblica di Caltanissetta a rendere dichiarazioni (lo farà a settembre), e Romano concordava sulle critiche a Montante (e poi si troverà sottoposto ad indagine con la contestazione di associazione per delinquere); in questo contesto Venturi si lamentava proprio della tendenza di Montante a preparare dossier finalizzati a ricattare le persone, evocando con paragone ironico Buzzi e Carminati, i soggetti coinvolti nell'operazione "Mafia Capitale".

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