Midland è una città del West Texas di 132mila abitanti. Siamo ai limiti del deserto, eppure qui il costo della vita è equiparabile a quello di alcuni quartieri di New York, mentre l’inquinamento dell’aria è molto più alto di quello di Houston, che però conta 2,3 milioni di abitanti.

Midland è “la capitale” del bacino permiano texano, il cuore pulsante dell’industria dello shale degli Usa. Da qui proviene il gas estratto da rocce di scisto (shale, in inglese) che ha permesso agli Stati Uniti di confermarsi per due anni di fila il primo fornitore globale di gas liquido. A stelle e strisce è il 48 per cento dell’import dell’Unione europea, pari a 201 milioni di metri cubi di gas al giorno nel 2023.

Pozzi ovunque

Dal 2018 l’industria dello shale è entrata in una nuova fase. Nessuno se ne è accorto meglio degli abitanti di Midland. Secondo l’Agenzia federale per l’energia degli Stati Uniti, nel bacino permiano i pozzi sono passati da 122 nel 2020 a 335 nel 2022. Centinaia di voragini che si sviluppano in maniera tentacolare nel sottosuolo texano, mentre in superficie i confini tra i centri abitati e i nuovi pozzi non sono più delineabili.

Nel caso di Midland, si estrae fino a poche decine di metri dalle abitazioni, in mezzo ai quartieri residenziali, mentre i campi base per gli operai dell’oil&gas, composti da centinaia di roulotte e case mobili, si susseguono in ogni direzione. «In Texas la distanza tra i pozzi e le case non è regolamentata», ci dice Ramon dell’organizzazione Texas Permian Future Generations.

Ramon è nato a poche miglia da qui e come la maggior parte delle persone ha fatto l’operaio nell’industria del petrolio. Adesso è in prima fila nel denunciare le violazioni ambientali del settore. «Qui tutto è cambiato negli ultimi trent’anni, da quando hanno preso piede le estrazioni di petrolio e gas con le tecniche del fracking (la fratturazione idraulica, ndr) e delle trivellazioni orizzontali, che permettono alle aziende di muoversi sotto terra per diverse miglia dal pozzo di estrazione. Le falde acquifere sono inquinate e l’aria che respiriamo non è più buona», denuncia Ramon.

Nella landa semi desertica del West Texas è tutta una lunga teoria di pozzi con relativi impianti. «Non c’è più vegetazione, e le tempeste di sabbia sono sempre più frequenti, anche a causa dell’avanzamento dell’industria», ci racconta Sharon Wilson dell’organizzazione Oilfield Witness. Con un termografo ottico professionale, Sharon monitora da anni le emissioni di metano e composti organici volatili (VOC) collegate alle estrazioni di gas e petrolio di scisto. Oltre al flaring costante in ogni impianto, è impressionante la quantità di emissioni invisibili a occhio nudo, ma estremamente inquinanti e climalteranti. «Vedete le emissioni intense dalla valvola di rilascio? Disperdono in atmosfera per salvare l’infrastruttura», aggiunge Sharon

Il gas estratto nel permiano texano, in particolare quello del Midland Shale, è noto per le alte concentrazioni di solfati, in particolare anidride solforosa, ma anche per altre sostanze cancerogene come benzene e mercaptani: sangue dal naso, emicranie, problemi respiratori sono solo alcuni dei sintomi immediati derivati dall’esposizione a queste sostanze. Tumori, malattie respiratorie e cardio-vascolari sono alcuni di quelli a medio-lungo termine.

Quello estratto nel Midland Shale è principalmente gas associato. Significa che l’impianto di estrazione è progettato in via primaria per estrarre petrolio e solo secondariamente gas, che viene quasi interamente esportato. Verso dove? A pochi chilometri di distanza, nei pressi di Lenorah troviamo un impianto della XTO Energy, una controllata della Exxon che è l’attore per eccellenza nel bacino permiano.

Dopo le recenti acquisizioni, da ultimo del gruppo Pioneer, il gigante fossile statunitense controlla quasi interamente gli impianti di estrazione e buona parte del midstream. A Lenorah c’è un impianto di estrazione, separazione, pressurizzazione in piena espansione, con lunghi tubi impilati e pronti a essere interrati per aumentare la capacità del dedalo di gasdotti che puntano verso il terminal Gnl di Cheniere Energy a Corpus Christi, sulla costa meridionale del Texas, e in parte verso quello di Port Arthur al confine con la Louisiana.

Destinazione Italia

Da qui il Gnl texano arriva fino ai terminal di Snam di Livorno e Piombino, oltre che verso altre destinazioni in Europa. Il bacino permiano non è l’unica zona dove si estrae con il fracking. Nella parte meridionale del paese, dal confine con il Messico e lungo la fascia del Golfo, si estende la Eagle Ford Shale Bend, una formazione di rocce di scisto dove dal 2010 l’industria ha iniziato a estrarre petrolio e gas.

Karnes, Kenedy, Helena sono cittadine che vanno da qualche migliaio a poche centinaia di abitanti, quasi tutti agricoltori e allevatori delle contee di Kernes e DeWitt. Il paesaggio è verde e lussureggiante: colline morbide e grandi estensioni per il pascolo e l’agricoltura, oggi è drammaticamente segnato da torce di flaring e impianti industriali. Sulle strade locali, è un viavai continuo di camion dell’Halliburton che trasportano sabbia e sostanze chimiche. «Servono per i nuovi pozzi», ci racconta Sister Elizabeth, una sorella metodista che da anni guida coalizioni di investitori responsabili tra queste campagne, spiegando gli impatti nefasti del fracking e organizzando campagne di pressione e casi legali per garantire il rispetto di standard ambientali e etici all’industria.

«Qui i pozzi aumentano di giorno in giorno», dice Sister Elizabeth. «Ma ci sono anche gli impianti per il deposito delle acque di scarto e per i rifiuti industriali solidi, come quello di Nordheim».

Boom tossico

Il proprietario del terreno adiacente, Ron, ci illustra la lotta di alcune famiglie per fermare la costruzione di quell’impianto nel 2015, a cui hanno preso parte i suoi genitori. «Con il nuovo boom dello shale, questa struttura è operativa 24 ore su 24. Tra il traffico di camion, le luci industriali che lo illuminano a giorno durante la notte, gli odori tremendi, vivere qui è peggio che nel centro di Austin. Qui respiriamo solo sostanze tossiche».

Miliardi di metri cubi di gas che convergono verso l’impianto di processamento e liquefazione di Cheniere Energy, nella baia di Corpus Christi. Una struttura che si estende su centinaia di ettari e può contare su tre treni, da cui nel 2023 sono partiti circa 424 milioni di metri cubi di gas liquefatto destinati a 250 navi gasiere che hanno attraversato senza interruzione il canale di La Quinta, passando a poche decine di metri dalle abitazioni di Ingleside on the Bay.

«Cheniere ha già avuto l’autorizzazione per la fase 3 di espansione, che consiste in altri 7 treni, e per accogliere fino a 400 navi all’anno», ci raccontano le attiviste di una coalizione di organizzazioni che si oppongono all’espansione dell’impianto di Cheniere. Texas Campaign for the Environment, Chispa Texas e Ingleside On The Bay Coastal Alliance sono tra le più attive. «Le comunità nere e latinos vengono espulse perché sono le più povere. Quale costo deve pagare in termini di salute chi non cede al ricatto e vuole rimanere?», chiede Soccorro di Chispa Texas.

Futuro a rischio

L’impianto di Cheniere Energy si trova a poca distanza dal quartiere di Gregory, abitato da comunità latinos originarie. Comunità che l’espansione industriale sta espellendo una fila di case per volta, prima con la costruzione del petrolchimico della Exxon, il più grande degli Stati Uniti, e ora con Cheniere. Più a sud nella baia si trova Hillcrest, una comunità creata ai tempi della segregazione e oggi ancora abitata da un centinaio di famiglie afro-americane.

Mona ci rammenta che l’espulsione della comunità originaria è iniziata nell’ultimo decennio, per mano dell’autorità portuale: a Hillcrest vogliono costruire un impianto per ammoniaca verde e diversi desalinizzatori, che servono per l’espansione di Cheniere. «Abbiamo presentato al governo federale una denuncia contro la città di Corpus Christi per discriminazione ambientale e ingiustizia ai danni del quartiere di Hillcrest», ci racconta il pastore della comunità, Claudia Maria Rush.

L’industria del gas liquido per continuare a espandersi ha bisogno di decarbonizzarsi, in un circolo vizioso di espansione del modello fossile fondato sulle espulsioni. Ma la strada verso il futuro è davvero questa?

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