Quella che non manca al governo Meloni è l’ambizione riformista. Non è necessariamente un male. L’idea di riformare la Costituzione non può essere un tabù. Come non può esserlo l’intento di mettere ordine fra le molte leggi su materie complesse che si sono accavallate e accresciute senza ordine nel tempo. E un ideale dell’Illuminismo giuridico, quello di una legislazione razionale.

Sempre da quelle parti ideologiche proviene l’idea che per legiferare su materie complesse bisogna chiedere il parere non tanto dei cittadini comuni quanto degli esperti. Questi ideali illuministi debbono avere fatto irruzione nelle stanze del ministero dell’Ambiente e del ministero delle Riforme istituzionali e lì hanno prodotto un decreto, emanato il 7 novembre, in cui si istituisce una commissione di esperti, con l’ambizioso intento di «elaborare uno schema di legge-delega per il riassetto e la codificazione delle norme in materia ambientale, onde raccoglierle in un unico testo normativo» e di «uno o più decreti legislativi attuativi dei principi e dei criteri» della suddetta legge-delega.

Alla luce dell’art. 9 della Costituzione, che tutela paesaggio e biodiversità, l’idea di un testo unico sull’ambiente, che razionalizzi e tenga conto delle migliori conoscenze non è certo peregrina.

Colpisce l’ampiezza di vedute di questo governo. Da una parte tutto deve derivare dal popolo: il premier dev’essere eletto direttamente e nulla o quasi deve turbare il rapporto immediato fra elettori ed eletto, tanto meno la possibilità che tecnici possano diventare premier in caso di crisi di governo.

Dall’altra, invece, quando si tratta di ambiente, meglio ritornare a prima del 1789: un sottile dispotismo illuminato è opportuno, affidiamo tutto alle mani di esperti di nomina regia. Il popolo non sembra avere istanze sull’ambiente. I giovani dei Fridays for Future, il fronte della giustizia climatica che si sta saldando a quello delle proteste dei lavoratori, la ricchezza delle associazioni ambientaliste e dei loro volontari non sono rilevanti. Sono minoranze di serie B, rispetto alle minoranze di serie A costituite dai commissari e dagli esperti di nomina ministeriale.

Gli esperti

Nel decreto compare l’elenco dei commissari e degli esperti nominati alla bisogna. Ci sono molti avvocati, ma questo è ovvio e non necessariamente problematico in una commissione che deve riformare il diritto vigente. Altri hanno spulciato la lista, insinuando fastidiosi sospetti sui conflitti eventuali o presunti di interessi dei componenti di questa commissione.

Ma si tratta di sospetti, appunto, e sicuramente in mala fede. Si può dire, a difesa dell’operato di Pichetto Fratin e Casellati, che comunque le aziende, il tessuto produttivo, gli interessi non possono essere espunti dalla discussione sulla transizione ecologica, quindi meglio riunirli attorno a un tavolo.

Certo, ci sono esperti anche nelle associazioni ambientaliste, nella società civile, nelle scienze naturali italiane (alcuni di loro partecipano a organismi internazionali di sicuro prestigio, come l’IPCC, per esempio). Ma siamo sicuri che questi esperti verranno convocati in udienza dalla commissione.

Anzi, farebbero bene, costoro, a disdire le prenotazioni per le vacanze di Natale e fine anno. Infatti, il decreto fissa due date per il raggiungimento degli ambiziosi obiettivi: entro il 31 gennaio 2024 dovrà essere pronta la legge-delega ed entro il 31 dicembre 2024 i decreti.

Il sospetto

Quindi, il testo unico sull’ambiente, derivante dalla discussione di una commissione di più di trenta saggi (l’elenco è all’art. 2), alle prese con più di venti esperti (l’elenco è all’art. 4), con la possibilità di audire altri esperti (come si dice al comma 3 sempre dell’art. 4), dovrà essere prodotto in poco meno di tre mesi, con le sacre vacanze di Natale e Capodanno di mezzo.

Che audacia e che solerzia! Certo, il sospetto che il testo unico sia già pronto, da qualche parte, e questa lista di auguste personalità debbano solo legittimarlo col loro nome non si può evitare. Diciamo che da un lato il governo Meloni e la ministra Casellati adottano un principio populista di legittimazione, dall’altro un principio formalista e onorifico, per così dire, in cui il CV di alcuni esperti fa da foglia di fico a una specie di contro-riforma del diritto dell’ambiente.

Le sorti dell’ambiente italiano rischiano molto, nelle mani del ministro Pichetto Fratin. È a rischio anche l’onorabilità di molti valenti studiosi e studiose italiane, che forse farebbero bene a ripensare il loro ruolo in questa commissione.

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