Arthur Cazaux è in posizione per ricevere il primo servizio del suo connazionale Mayot. Sta un paio di metri lontano dalla linea di fondo, stile Medvedev d’antan. Il luogo è Miami Gardens, campo nelle vicinanze dello stadio dei Dolphins rivisitato in veste tennistica come avviene da qualche anno.

Fa caldo, molto caldo. Quell’afa della Florida che ti toglie il fiato e sottopone il tuo corpo ad una sudorazione folle. Arthur sta forse pensando al match che ha perso contro Berrettini a Phoenix la settimana scorsa: ma è l’ultimo pensiero conscio che si affaccia alla sua mente visto che un attimo dopo clic, arriva il buio.

E il francese di belle speranze si affloscia come un gonfiabile di un rivenditore di pneumatici cui sia stato sfilato il cavo che sparando aria al suo interno gli permette di ondeggiare nel vento.

Show must go on

Colpa del caldo, della disidratazione, della fatica, nell’ordine che ciascuno preferisce. Un episodio, ultimo di una lunga serie, che ha riportato prepotentemente all’attenzione di tutti un problema, è il caso di dirlo, rovente: quale sarà il destino dello sport in un mondo che è destinato a somigliare sempre più alla desertica Tatouine di Guerre Stellari?

Qualcuno potrebbe ragionevolmente obiettare: abbiamo assistito ad un mondiale di calcio organizzato in Qatar dove si è giocato in stadi in cui la temperatura era mantenuta gradevole grazie a condizionatori che consumavano tanta energia quanta ne basterebbe per desalinizzare mezzo Mediterraneo, che volete che sia un po’ di afa a Miami.

Oppure: ci sono ragazzi che corrono in moto a Sepang, in Malesia, dove non solo si corre il rischio di incrociare un cobra in pista ma soprattutto di svenire appena scesi dalla moto perché quei 40 minuti di gara domenicale prosciugano il fisico.

Dunque lo sport ha trovato e sempre troverà le strade per non interrompere lo show, in qualunque luogo. Anche se, come sta succedendo a Rio in questi giorni, chi sta spaparanzato su una spiaggia di Ipanema avverte una temperatura intorno ai 60 gradi. A Tatouine mentre Luke Skywalker incontrava per la prima volta Ian Solo, al confronto faceva un fresco primaverile.

Il costo

In realtà lo sport si sta domandando, e chi non lo fa è già in ritardo, cosa e quanto è disposto a pagare per conservare la propria natura e al contempo sopravvivere. Chi può pagare all’infinito certo non si fa problemi.

È il caso, tanto per cambiare, dell’Arabia Saudita che organizzerà, nel 2029, i giochi asiatici invernali sulle piste di Trojena, il settore “sciistico” del comprensorio turistico in fase di costruzione “Neom”, annunciato come totalmente nutrito da energia prodotta da fonti rinnovabili e il cui slogan è sostanzialmente il seguente: il mattino si scia (all’aperto) e al pomeriggio, splash, un bel bagno nelle acque del mar Rosso.

Non ci vuole un genio per intuire che produrre neve su pendii montuosi dove la temperatura difficilmente scende sotto gli otto gradi avrà costi mostruosi. Ma che volete che sia.

In bicicletta

Il ciclismo dal canto suo si interroga soprattutto per quanto concerne il Tour. Che si corre a luglio e che, per sua fortuna, si dipana anche lungo due dorsali montane, Alpi e Pirenei, oltre ad altre salitelle non proprio agevoli come il Puy de Dome.

D’accordo: il fisico dei corridori è un terreno di sperimentazione continuo sul quale la scienza si mette in gioco per spostare sempre in avanti (in modo lecito, almeno si spera) la soglia di sopportazione della fatica. E se uno come Tadej Pogacar ha deciso quest’anno di tentare la doppietta con il Giro si deve dedurre che il caldo presumibilmente asfissiante in cui si correrà a luglio non preoccupa più di tanto.

Sarà. Ma se le condizioni dovessero diventare “brasiliane” nel senso che le temperature dovessero rivelarsi allarmanti, e visto il caldo non certo tipico di marzo che ha accompagnato gran parte dello svolgimento della Sanremo ce lo si può aspettare, quali contromisure si potranno prendere per evitare svenimenti di massa? Basterà bere a cannella litri di integratori?

Con un po’ romanzesca fantasia ma nemmeno poi troppa si può pensare che vivremo in un futuro con un calendario rivoluzionato con i grandi giri nella ex primavera, fra marzo e aprile e le classiche del nord in pieno inverno, magari bagnando artificialmente il pavè visto che pioverà pochissimo.

Lo sci

A proposito di calendario: lo sci qualche domanda, fortunatamente, inizia a porsela. Quest’anno la Coppa del mondo è stata un calvario.

Si inizia in luoghi dove la neve o non c’è o ce n’è ma non è gestibile e si finisce a marzo dove la neve c’è ma è ridotta a un’informe poltiglia massacrata dalla pioggia. Tanto per concludere in bellezza nel prossimo weekend chissà se si potranno tenere a Saalbach le Finals di superG e discesa libera: le previsioni dicono caldo e pioggia imminente.

Visto che il mondo è grande una possibilità ci sarebbe ma occorrerà ripensare tutto il circus: gare distribuite lungo più mesi, pensate dove la neve c’è e non dove “dovrebbe” esserci. Apertura agli skidome, almeno in qualche caso.

E poi, se tutto dovesse andare male, ci sarà sempre Trojan, in Arabia. Così al pomeriggio altro che relax in sauna: Brignone e Odermatt potranno concedersi una sessione di snorkeling nel golfo di Aqaba.

© Riproduzione riservata