Il caldo di queste settimane ha riaperto la discussione sugli effetti del cambiamento climatico. Oltre ai danni in termini di vittime, si è parlato molto anche delle conseguenze economiche dirette. Secondo le prime stime, le alluvioni in Emilia-Romagna avrebbero causato danni per quasi 9 miliardi di euro, mentre per i nubifragi in Lombardia la regione parla di circa 40 milioni.

Il costo dell’inquinamento

L’inquinamento e il conseguente cambiamento climatico, però, non provocano danni solo quando si verificano eventi atmosferici estremi, ma anche nella vita di tutti i giorni, in maniera più o meno diretta. Secondo il Forum economico mondiale, per esempio, la cattiva qualità dell’aria causa circa 4,5 milioni di morti premature legate a malattie respiratorie ogni anno ed è responsabile di oltre 1,8 miliardi di giorni di malattia in più. In totale, l’inquinamento costa all’economia mondiale poco meno di tremila miliardi di dollari, il 3,3 per cento del Pil nel 2018.

La sempre più scomoda presenza del cambiamento climatico nelle nostre vite sta avendo un effetto anche sul mercato immobiliare. Negli Stati Uniti, per esempio, gli eventi climatici estremi più frequenti stanno facendo abbandonare alcune aree, con crolli dei prezzi delle case. Al contrario, la distruzione di proprietà in ampie zone dopo gli incendi estivi in California ha peggiorato ancor più la scarsa offerta di immobili nello stato, con le zone non colpite che hanno registrato un aumento dei prezzi.

Va poi considerato l’innalzamento dei mari, che entro il 2050 dovrebbe esporre al rischio di alluvioni costiere 300 milioni di persone in più in tutto il mondo. Anche questo ha un impatto sul valore delle proprietà, che saranno sempre più esposte alle inondazioni.

Le ondate di calore

Un altro fattore determinante è il caldo. L’innalzamento delle temperature e le ondate di calore più frequenti hanno innanzitutto un costo sul mantenimento degli immobili: l’aria condizionata, che peraltro contribuisce a peggiorare il problema, è ormai fondamentale non solo negli edifici commerciali, ma anche nelle case di miliardi di persone.

Anche in Italia, sia gli incentivi, sia l’età e la classe energetica media degli edifici, non esattamente all’avanguardia nell’isolamento termico, hanno spinto sempre più persone a utilizzare i condizionatori, tanto che negli scorsi giorni ci si è avvicinati al massimo storico di utilizzo di energia elettrica nel nostro paese, come riporta Terna. Questo utilizzo sempre maggiore di energia ha naturalmente un costo, che per l’energia elettrica è decisamente più alto in estate rispetto all’inverno.

Ma il caldo non ha un effetto solo sulle bollette. Sempre più studi mostrano che l’esposizione a ondate di calore ha un impatto sul valore di un immobile. In particolare, si fa riferimento alle cosiddette isole di calore, ossia zone in cui, per vari motivi, la temperatura risulta più alta rispetto all’ambiente circostante.

Di solito si tratta di luoghi molto urbanizzati e ad alta densità abitativa, in cui cemento, mattoni e altri materiali edili contribuiscono ad aumentare la temperatura effettiva e percepita. Per far fronte a questo problema, gli edifici costruiti oggi sono sempre più spesso fatti di materiali che respingono il calore. Inoltre, le moderne tecniche di costruzione permettono di isolare gli edifici, per esempio con l'insufflaggio o con il cappotto termico.

In Italia, però, a contare sono soprattutto gli edifici molto vecchi, dai borghi e centri storici medievali alle palazzine costruite negli anni del boom economico nel secondo Dopoguerra. E, infatti, la presenza o meno di un’isola di calore nel quartiere in cui si trova un immobile conta.

Secondo uno studio del Cnr basato sul comune di Firenze, le alte temperature non hanno un particolare impatto sugli edifici che si trovano in centro storico. In quei casi, i fattori importanti per la determinazione dei prezzi sono altri, come la posizione e la presenza di monumenti e luoghi di interesse. Se ci si sposta dal centro, però, le cose cambiano: nelle aree semi-centrali e, soprattutto, in quelle periferiche, il ruole delle isole di calore diventa determinante per il prezzo degli immobili.

Lo studio ha infatti mostrato che l’aumento del valore di mercato di un immobile è associato linearmente a una diminuzione della temperatura. A cambiare di molto il valore è la presenza o meno di infrastrutture “blu” e “verdi”, in sostanza, fontane e altre strutture con acqua e aree verdi, da parchi a viali alberati. La presenza di arredi urbani di questo tipo contribuisce in maniera netta a ridurre le temperature superficiali e infatti il Pnrr prevede che vengano piantati 6,6 milioni di alberi entro il 2024, con uno stanziamento di 330 milioni di euro. Le cose, però, non stanno andando come previsto, soprattutto a causa della carenza di alberi da piantare.

Crisi del clima e montagna

L’aumento delle temperature sta avendo un effetto molto importante anche sul mercato immobiliare delle aree alpine: secondo il Wwf, le superfici dei ghiacciai si sono ridotte di circa un terzo nel corso degli ultimi 40 anni e questo, oltre ad avere un impatto devastante sul clima, ha creato problemi anche al turismo sciistico per la mancanza di neve.

Dal 2015 a oggi, i prezzi delle case in Italia sono calati del 10 per cento circa. In molte località montane, però, questo calo è stato ben più consistente. A Sestriere, il dato è più o meno in linea con la media nazionale, mentre a Bardonecchia e Cortina D’Ampezzo il calo è stato del 14 e del 16 per cento. A soffrire di più, però, sono le località più lontane dalle vette, come le piemontesi Frabosa Sottana, dove si trova il complesso sciistico di Prato Nevoso, e Roburent. In questi comuni, la mancanza di neve ha portato a riduzioni del valore medio degli immobili superiori al 20 e al 25 per cento. In controtendenza, invece, molte località balneari. Più il caldo aggredisce, più gli italiani hanno voglia di andare al mare, con conseguenze economiche molto pesanti sulle località montane.

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