«Mancanza di investimenti, preoccupazione per il sistema produttivo e un miliardo in meno per le imprese. Per 30 minuti Carlo Bonomi, presidente di Confindustria, commenta la legge di bilancio e, di fatto, si sfoga durante la sua audizione in Commissione al Senato per il poco ascolto da parte del governo Meloni. L'associazione degli industriali auspicava due linee di intervento sulla finanziaria: supportare il potere d'acquisto delle famiglie, soprattutto quelle a basso reddito, e sostenere la competitività delle aziende.

Il giudizio di Bonomi non tarda ad arrivare: «Ho definito questa legge di bilancio ragionevole nella misura in cui concentra le poche risorse disponibili sulla riduzione nel 2024 del cuneo contributivo. Dall’altro canto la riteniamo incompleta vista la sostanziale assenza di misure a sostegno degli investimenti privati e soprattutto di una strategia finalizzata alla crescita».

Un miliardo in meno

I numeri, a sostegno della critica, sono impietosi. Gli investimenti erano cresciuti del 20,7 per cento nel 2021 e del 9,7 l'anno scorso, mentre nel 2023 è stato registrato un rallentamento dell'1,7. «L'errore della mancanza di investimenti - spiega il leader degli industriali - non è un torto alle imprese, ma un indebolimento della legge di bilancio. Su 30 miliardi di misure espansive della manovra, il 55 per cento va ai lavoratori e solo il 9,4 alle imprese.

Se si considera anche cosa accadrà con la delega fiscale, siamo di fronte a un rarissimo caso dove una manovra espansiva toglie soldi al sistema produttivo». Bonomi sottolinea gli effetti di tutto ciò: verrà eliminata l'Ace (Aiuto alla crescita economica) e così spariranno 4,6 miliardi, mentre viene dato un miliardo con l'intervento relativo all'incentivazione alle assunzioni sulla base Ires. L'imprenditore fa i calcoli e sentenzia: «Il 9,4 per cento che arriva alle imprese non copre ciò che viene tolto con l'Ace. Il saldo negativo è di un miliardo».

La lista delle lamentele non si ferma qui, a testimoniare una svolta, seppur tardiva, rispetto a mesi di appiattimento sulle posizioni governative. Bonomi incalza: «Assenti capitoli importanti, come gli investimenti per la ricerca e lo sviluppo e non c'è traccia del piano industria 5.0. Oggi è in gioco la competitività del Paese. Se ne parla troppo poco», ribadisce il capo degli industriali. E anche la descrizione che del contesto non è certo positiva.

Nel secondo trimestre il Pil italiano è diminuito dello 0,4 per cento e nel terzo trimestre è rimasto fermo. Inoltre la crescita prevista per quest'anno si attesterà a un +0,7 e le previsioni degli enti di ricerca per il 2024 viaggiano intorno allo 0,5. Tassi elevati, offerta ristretta di prestiti, prosciugamento di depositi, depotenziamento di incentivi, insieme a prospettive negative della domanda sia interna sia internazionale hanno l’effetto di innescare un peggioramento della dinamica degli investimenti. E insieme a tutto ciò, i consumi delle famiglie stanno registrando una situazione pressoché stagnante.

Ok solo il taglio del cuneo

Per Bonomi l'unico aspetto positivo è il taglio del cuneo contributivo, anche se è solo relativo alla parte riguardante i lavoratori: «Proponevamo un taglio di due terze a favore dei salariati e un terzo per le imprese. Oggi è l'inverso: le aziende pagano i due terzi, mentre il dipendente solo un terzo, ma riteniamo che in questo momento bisogna sostenere le famiglie a basso reddito».

È positiva anche la somma del taglio del cuneo contributivo con la revisione delle aliquote degli scaglioni Irpef prevista per il 2024. Gli industriali stimano che «tra i 9mila e i 35mila euro di reddito si avrà un effetto benefico tra i 560 euro e 1400 euro e ciò andrà a sostenere le famiglie a basso reddito».

Confindustria, però, non è soddisfatta degli incentivi per le assunzioni. «Abbiamo assunto da giugno 2021 un milione e 800mila persone in più. Abbiamo mancanza di profili, non ci sono 800mila persone. Non è corretto usare risorse pubbliche per assumere, che è il nostro mestiere».

Per Bonomi resta fondamentale l'ossessione per la crescita per evitare il ritorno a tassi di crescita da zero virgola: «Possiamo cambiare grazie ai 200 miliardi del Pnrr e ai 200 del settennato di coesione. E soprattutto tramite le riforme, che il Paese non sta più affrontando».

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