Lo sguardo al futuro per i figli è, per gran parte dei genitori di oggi, un tormento. La preoccupazione, che accompagna sempre un genitore, si sta lentamente trasformando nella certezza di lasciare ai ragazzi e alle ragazze un paese peggiore, in cui si respira un’aria pesante.

Il 53 per cento dei baby boomers mette al primo posto, nella classifica delle preoccupazioni per il domani dei propri figli, la paura che non riescano ad avere uno standard di vita decente. Un dato che accomuna tutti i segmenti sociali, dai ceti popolari al ceto medio, dal nord al sud.

Su questo aspetto sono maggiormente in apprensione i residenti nei piccoli centri rispetto a quelli delle grandi città (55 per cento a 48), i piccoli imprenditori (56 per cento) rispetto agli operai (42 per cento).

Una seconda preoccupazione è quella legata al tema delle relazioni affettive. Il 33 per cento dei boomers ha il timore che i giovani non riescano a costruirsi una famiglia. Un’inquietudine che coinvolge, innanzitutto, i residenti nelle grandi città (36 per cento contro il 30 di chi vive nei piccoli centri), gli abitanti del nord ovest (36 per cento), chi vive nelle periferie urbane (40 per cento), nonché il ceto medio (36 per cento, rispetto al 31 per cento dei ceti popolari).

Cattive strade

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Quanti vivono al sud (21 per cento) guardano con apprensione al rischio che i propri figli debbano emigrare. Un tema che viene avvertito anche dalle persone che abitano nelle grandi città e nelle periferie urbane (23 per cento), dai ceti popolari (21 per cento rispetto al 16 del cento medio).

Il rischio che incappino in cattive compagnie e vadano a finire sulla cattiva strada (droga, alcol ecc) spaventa circa il 17 per cento dei boomers, in particolare tra quanti risiedono a centrosud (22 per cento), tra gli operai (22 per cento), tra gli abitanti delle periferie (19 per cento) e tra i ceti popolari (26 per cento).

Tra le crescenti apprensioni dei boomers verso i figli c’è il timore che i ragazzi siano condannati a una vita di solitudine (14 per cento). Un aspetto avvertito sia a Nordovest sia a Nordest, con punte del 18 per cento tra i residenti nei grandi centri urbani e del 21 per cento nelle periferie. A essere in ansia per la solitudine dei figli sono anche le persone più agiate e il ceto medio (17 per cento), rispetto ai ceti popolari (8 per cento).

La mappa dei fattori di paura per il domani si completa con temi come il rischio che debbano lavorare troppo (12 per cento) e con il timore che non abbiano successo nella vita (9 per cento). Quest’ultimo aspetto mette in allarme soprattutto i genitori del nord est (16 per cento) e delle Isole (18 per cento), quanti risiedono nelle periferie urbane (19 per cento), i laureati (17), quanti si sentono ceto dirigente (26) e i piccoli imprenditori (24 per cento).

Poveri e precari

Se la mappa delle apprensioni mostra una società genitoriale in tensione sul domani individuale dei propri figli, il quadro si tinge di ulteriori colori foschi se si passa ad analizzare lo status dell’Italia che le generazioni future si troveranno in eredità.

Per il 30 per cento degli italiani il primo e principale rischio è quello di lasciare un paese segnato da grandi ingiustizie sociali. Un aspetto avvertito dal 37 per cento degli over sessantenni, dal 33 per cento dei residenti a centro-sud e dal 35 per cento di quanti vivono nelle grandi città.

Al secondo posto, strettamente legato al primo, anzi come causa scatenante delle disuguaglianze, c’è il tema di un paese sempre più precarizzato (26 per cento): tema caldo per chi vive nelle periferie (34 per cento), nelle grandi città (30 per cento) e per i laureati (37 per cento). A questi due temi si lega quello della povertà (24 per cento).

Un aspetto particolarmente avvertito dai ceti popolari e dai residenti nelle periferie (33 per cento). E i giovani della generazione Z come vedono l’Italia di domani? Pensano che stanno ricevendo un paese più precarizzato (38 per cento), più povero (35 per cento) e degradato ambientalmente (20 per cento).

Lo sguardo al futuro degli italiani, dei genitori come dei figli, è cupo, segnato dalla convinzione che le cose non sono orientate a un progressivo miglioramento. Nell’accrescersi delle incertezze, per i giovani sembra esserci una certezza: dovranno farsi carico dei fardelli ambientali generati negli ultimi trenta anni, affrontando, al contempo, una società più difficile da gestire, marcata da disparità e tensioni sociali.

Una realtà in salita, ondivaga e ambigua, contrassegnata da complessità esistenziali e lavorative, con spinte e contro-spinte capaci di causare passioni tristi e solitudini.

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