La svolta sul vaccino russo non arriva da Mosca ma da Berlino. Da quando, questo mese, Angela Merkel ha aperto al dialogo sul tema con Vladimir Putin, sono cominciate anche le interlocuzioni tra Mosca e l’agenzia europea per il farmaco sul vaccino Sputnik. Aumentando così le possibilità di un suo arrivo in Europa.

L’apertura

In teoria è la Commissione europea a dover negoziare, a nome di tutti i paesi europei, le condizioni per l’utilizzo del vaccino russo nell’Unione. I negoziati bilaterali, sempre sulla carta, sono banditi. Ma la realpolitik della cancelliera va per la sua strada, come era già successo con i trenta milioni di dosi negoziati da Berlino con Pfizer BioNTech, a dispetto dei dinieghi di Bruxelles. Poco importa allora che il caso Navalny abbia acuito le tensioni tra l’Europa e la Russia. Merkel, pur condizionando la possibilità di utilizzare Sputnik all’autorizzazione di Ema, ha fatto sapere a Putin di essere aperta all’idea di produrre il vaccino russo in Europa, usando gli impianti manifatturieri europei. Un primo confronto il 5 gennaio, poi la conferma pubblica il 21: Merkel ha fatto intendere a Mosca che il regolatore tedesco può aiutare la Russia a “districarsi” con l’iter di approvazione dell’Ema; se andasse in porto, si potrebbe valutare la coproduzione russo-tedesca. Sullo sfondo dei colloqui, anche il dossier del gasdotto Nord Stream 2 caro a Berlino. Una volta partita la locomotiva tedesca, il resto d’Europa sta andando al traino. «Stiamo dialogando con gli sviluppatori del vaccino russo, siamo molto aperti alla discussione», ha detto la direttrice dell’Ema, Emer Cooke, a metà gennaio. Martedì la conferma durante la sua audizione all’Europarlamento: le trattative con Mosca sono in corso, «siamo in fase di consulenza scientifica», anche se non è ancora iniziato l’iter per l’autorizzazione. La prima attività di revisione potrebbe iniziare il prossimo mese, la durata è di settimane. Nel frattempo la commissaria europea alla Salute, Stella Kyriakides, interrogata se sia vero che 14 paesi dell’Unione hanno mostrato interesse per il vaccino Sputnik, ha risposto che non le risulta.

I primi arrivi

La Russia è stata la prima a registrare un vaccino, già in agosto. Ma da allora si sono rincorsi i dubbi dell’Europa sulla reale efficacia e attendibilità del prodotto, oltre che le accuse per la mancata trasparenza sui dati. Gli screzi con Pfizer e AstraZeneca per i ritardi e le mancate forniture costringono però l’Ue a riconsiderare il vaccino dell’istituto Gamaleya che, stando a quest’ultimo, mostra un’efficacia del 92 per cento. Il costo circolato finora è attorno ai nove euro. Primo in Europa a sdoganarlo è stato il premier ungherese, Viktor Orbán, poi anche il governo della Serbia. In casi di emergenza, infatti, un paese Ue può scavalcare l’Ema, sobbarcandosi però tutti i rischi del caso. Una settimana fa le autorità sanitarie di Budapest hanno dato il semaforo verde, «anche se la trasparenza del governo sui temi sanitari è poca» dice la giornalista ungherese Katalin Halmai. «Gli esperti hanno riferito di aver visitato lo stabilimento russo, di aver speso due giorni sul posto, e poco dopo è stato chiuso l’accordo per due milioni di dosi, anche se non sappiamo a che prezzo, con quali tempistiche, né quando saranno iniettate le prime dosi di Sputnik. Nel 2020 ne erano già arrivate 6mila in Ungheria, ma per i trial clinici». Di cui, dice Halmai, non si sa nulla.

L’Italia

Ma in fatto di vaccini la segretezza non riguarda solo Mosca. Anche per i contratti sottoscritti dall’Ue, la trasparenza è pressoché nulla, tanto che il “difensore civico” europeo ha aperto un’indagine. Intanto da noi c’è chi, visti i ritardi con gli altri vaccini, spinge per aprire alla Russia. Tra questi, per esempio, il presidente del Veneto. Ma le aperture di Luca Zaia, come pure quelle della sottosegretaria alla Salute Sandra Zampa (Pd), sono pur sempre condizionate al via libera dell’Ema. L’ambasciatore italiano in Russia Pasquale Terracciano tende una mano (anzi un braccio) e rassicura: «A me è stato somministrato e non rilevo effetti collaterali». Giorgio Palù, presidente dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), dice che «dal punto di vista della piattaforma tecnologica, l’approccio del vaccino russo mi pare intelligente. A ogni modo sarebbe bello vedere i dati, e poi c’è anche da verificare la capacità produttiva». In sintesi, comunque, anche Palù attende le valutazioni dell’Ema. Per la politologa Mara Morini è un po’ come se lo sbarco di Sputnik in Italia chiudesse un cerchio: «Quando in Italia c’è stata la prima ondata, la missione “Dalla Russia con amore” è stata un’iniziativa strategica. I russi sono stati in Lombardia, dove si riteneva che ci fosse un focolaio naturale quasi come a Wuhan, e hanno raccolto i dati sulla base dei quali si sono avvantaggiati per avere il vaccino pronto già in estate».

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