Erano mesi che le polizie di mezzo mondo lo stavano cercando dopo il mandato di arresto internazionale per l'accusa di riciclaggio internazionale. Ieri la svolta, confermata ufficialmente nella giornata di oggi. Il finanziere Massimo Bochicchio, diventato noto per aver truffato alcuni allenatori e e calciatori per decine di milioni di euro, è stato arrestato in Indonesia, ultima tappa di una latitanza durata mesi.

Ufficialmente residente a Londra – è cittadino Aire - sarebbe anche transitato da Dubai nei mesi scorsi secondo quanto sostenevano i pubblici ministeri di Milano che gli davano la caccia, ma non è ancora chiaro il percorso che avrebbe fatto per arrivare nel popoloso stato del Sud est asiatico. Lo scorso febbraio il gip di Milano aveva autorizzato il sequestro di denaro e beni fino a 10,9 milioni di euro relativamente alle accuse che gli erano state mosse, e quel sequestro era stato anche confermato dal tribunale del Riesame che lo aveva blindato.

I militari della Guardia di Finanza gli avevano messo i sigilli su un immobile a Cortina d'Ampezzo e varie opere d'arte, tra le quali un vaso di Picasso e quadri di Giacomo Balla e Mario Schifano. La moglie, rimasta a Roma, aveva lamentato di aver ricevuto velate minacce, probabilmente da qualche creditore del marito, dopo lo scoppio delle inchieste italiane.

Il presidente del Coni

Il nome di Bochicchio è intrecciato a quello di Giovannì Malagò, presidente del Coni e della Fondazione Milano Cortina (sovrintende l'organizzazione delle Olimpiadi invernali 2026). E' proprio da indagini milanesi sul presidente del Coni, antecedenti e distinte da quelle per Bochicchio nonchè legate ai presunti «favori» che il numero uno dello sport italiano avrebbe fatto a Sky Italia per ottenere i diritti per il campionato di serie A nel triennio 2018-2021, che emerge infatti la figura del finanziere ex Hsbc come presunto riciclatore oltre che truffatore, già indagato a Roma per per il denaro mai restituito agli allenatori Antonio Conte e Marcello Lippi, nonché dei calciatori Stephan El Shaarawy, Patrice Evra e di tante altre persone meno note che avevano, in prima battuta, intentato una causa civile a Londra per tentare di avere indietro i soldi.

Oltre a soldi leciti, quindi, i pm milanesi sospettavano anche il reimpiego di denaro illecito attraverso società estere sotto il suo controllo quali la Tiber Capital e la Kidman asset management. Il tutto per un totale di 500 milioni di euro. Anche se lo stesso indagato aveva parlato di fondi in gestione per 1,8 miliardi di euro.

Le telefonate

Tornando a Malagò, sono molte le telefonate intercettate nelle quali il numero uno del Coni parla del finanziere appena arrestato. In una di queste Daniele Conte, fratello del fresco campione d'Italia con l'Inter Antonio, si domanda proprio a Malagò dove «siano finiti i soldi» (30 milioni di euro investiti), sostenendo di avere delle carte intestate Hsbc in mano che siano false. La sua preoccupazione è visibile dalle conversazioni con Malagò, perchè i soldi chiesti indietro al finanziere non tornano indietro per motivazioni piuttosto fumose e indecifrabili. Daniele Conte, comunque, era stato assunto proprio da una società di Bochicchio nel 2017.

I Conte non erano gli unici a lamentarsi con Malagò: anche altre persone si sfogavano con lui per non essere riuscite a liquidare i propri investimenti gestiti dalle società di Bochicchio e da lui fatte passare, secondo i riscontri degli investigatori, come affiliate al colosso bancario Hsbc, cosa che avrebbe dovuto fornire la garanzia di affidabilità nella testa degli investitori. Tra questi clienti truffati anche soci del circolo canottieri Aniene, nel quale Bochicchio avrebbe pescato alcuni clienti e dove Malagò è storico socio di peso. Ed sempre lo stessso Malagò che, parlando con un altro dirigente di Hsbc, diceva di Bochicchio: «io che lo conosco da 40 anni, mi sta molto simpatico ma non mi passa manco per l'anticamera del cervello di... non ho investito un euro con lui».

Dopo l’arresto

Dopo l'arresto la posizione di Bochicchio si aggrava, ma bisognerà capire se sarà estradato in Italia o se le autorità indonesiane decideranno di mantenerlo lì. Nel frattempo si è saputo che i pubblici ministeri milanesi hanno inviato per competenza a Roma gli atti di questa indagine, dove si ricongiungerà con quella sui maxi raggiri già in carico alla procura della Capitale, che dovrà occuparsi anche di gestire i rapporti legali con Giacarta. Ai pm romani ora il compito di mettere in dovranno far luce oltre che sulle presunte truffe anche sul riciclaggio, per cercare di capire la provenienza del denaro di tutti.

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