«Il Pd dovrebbe commissariare la gestione a Bari e in Puglia prima che sia troppo tardi», dice uno bene informato sul sistema politico che sta crollando a colpi di arresti.

Non ci voleva molto per capire che prima o poi un terremoto avrebbe crepato quel potere alimentato da trasformismo, clientele e notabilato. Ma all’inizio della tempesta i democratici si sono riparati urlando contro la destra che, con goffe e inusitate procedure, aveva chiesto una commissione di accesso nel comune di Bari. La terza retata della procura ha coinvolto Alfonso Pisicchio, ex assessore della giunta, mazziere di nomine e tessitore di accordi elettorali, nonché fedelissimo del presidente, Michele Emiliano. Pisicchio era stato coinvolto in un’indagine (preludio di quella odierna) nel 2020, ma i dem e il presidente avevano fatto spallucce.

Il veggente

Poco prima di finire ai domiciliari, con il fratello Enzo, Pisicchio si era dimesso dall’Arti, l’agenzia regionale che si occupa di tecnologia e innovazione. Le sue parole dovevano rassicurare: «La mia aspirazione è un'altra». Il massimo dell’aspirazione sono stati i domiciliari con Emiliano che ha precisato di avergli chiesto spiegazioni sull’indagine e di averlo rimosso non avendole ricevute.

L’inchiesta è nella fase preliminare e Pisicchio, indagato per corruzione e turbativa d’asta, potrà chiarire ogni contestazione, così come gli altri indagati. La giudice Ilaria Casu lo racconta così: «Utilizzava la sua influenza politica e le sue relazioni, tramite suo fratello Enzo, per una gestione clientelare del suo ruolo, con favoritismi per ottenere ritorni in termini di consenso elettorale (mediante assunzioni nelle imprese favorite o avvantaggiate di persone che assicurano il voto e che avevano militato anche nel suo partito)».

Pisicchio non è più assessore regionale, ma il suo ruolo nell’agenzia e le sue associazioni politico-culturali raccontano il suo attivismo. L’indagine ruota attorno a un sistema illecito nel comparto assicurativo, che coinvolgeva il broker Cosimo Napoletano, finito in carcere, imprenditori, funzionari pubblici e l’allora assessore Pisicchio, in tutto sono 14 gli indagati.

Il funzionario Vincenzo Rinaldi (il gip per lui ha respinto la misura) chiedeva alle imprese impegnate nel settore delle estrazioni e interessate a ricevere fondi regionali, di sottoscrivere le polizze false di Napoletano che si affidava a Grazia Palmitessa, titolare di un’agenzia assicurativa.

Alla fine i premi delle polizze false diventavano il bottino da spartirsi con buona pace delle assicurazioni necessarie a tutela dei lavori svolti e dell’ambiente. Rinaldi si occupava di suggerire anche il geologo alle ditte interessate, un sistema rodato nel quale entrano come protagonisti anche i fratelli Pisicchio nelle vicende relative ai contributi concessi alla Nir srl ed alla Bv Tech Spa. Le contestazioni non riguardano solo appalti gestiti dalla regione Puglia, ma anche dal comune di Bari.

Gelato a Pisicchio

Ai domiciliari sono finiti anche il funzionario pubblico Francesco Catanese e l’imprenditore Giovanni Riefoli, quest’ultimo in ottimi rapporti proprio con i Pisicchio. Il fratello dell’assessore percepiva redditi da Leonardo spa, citata e non coinvolta. A nominare Leonardo è il broker Napoletano, che si vantava di aver rilasciato polizze fideiussorie alle società e a Fincantieri. «Anche loro hanno le pecche con la documentazione», diceva.

I Pisicchio parlavano al telefono della società Bv-Tech, destinataria di finanziamenti pubblici dalla regione Puglia (per un importo pari quasi a 20 milioni di euro), in ritardo con l’esecuzione dei lavori previsti e a rischio revoca. A fornire la polizza falsa alla Bv-Tech al prezzo di 250 mila euro, anche in questo caso, ci aveva pensato Napoletano con il concorso di Enzo Pisicchio, una polizza utile a sbloccare l’anticipo del finanziamento pubblico.

Per i Pisicchio non sono mancati i tornaconti, a gennaio 2019 il figlio dell’assessore regionale è entrato in BV e poco tempo prima anche Massimiliano Antenore, persona vicina ai fratelli. Nelle carte vengono ricostruiti i rapporti tra i due Pisicchio e la società anche in merito all’assegnazione di un’altra gara che non è oggetto di contestazione, ma descrive la capacità «di intrattenere rapporti diretti con Alessandro Di Bello (Innovapuglia) con Antonio Maria Vasile (Aereoporti di Puglia) e Antonio De Vito ai vertici di Puglia Sviluppo».

La richiesta di assunzioni in cambio dell’interessamento emerge anche in un’altra vicenda quando si parla dell’offerta di un gelato, parola che nel gergo in codice usato dagli indagati stava indicare le assunzioni. I rapporti con l’azienda vengono confermati dall’esito della perquisizione, a casa di Enzo Pisicchio, gli inquirenti trovano denaro contante per 65 mila euro, un contratto di assunzione, quello di un’ autovettura aziendale, l’inventario di mobili e una lettera di assegnazione di un cellulare per la figlia, tutto pagato da una società di Riefoli. La finanza ipotizza che i fratelli Pisicchio avrebbero ricevuto indebitamente denaro, pari a complessivi 245 mila euro.

I magistrati evidenziano gravi indizi di corruzione e turbativa d’asta anche in una gara comunale per individuare una società che doveva occuparsi del supporto nella riscossione dei tributi. Gara nella quale, in cambio di utilità, i Pisicchio avrebbero svolto il ruolo di intermediari. Emergono i contatti dei due fratelli, intercettati dagli inquirenti, con l'imprenditore, con i commissari di gara e con il funzionario comunale.

Sulle utilità ottenute viene citata un'intercettazione nella quale Enzo Pisicchio parla delle assunzioni gestite dal fratello: «“Alfonso poi è il solito "no! metti quelli che dico io" perché dice: "questi non portano voti, io ho bisogno di essere eletto!"».

Il modus operandi messo in atto dai Pisicchio evidenzia anche i loro ruoli, ben distinti: «Alfonsino (ma in alcuni casi anche gli altri due fratelli Giuseppe e Francesco) ha proposto e deciso i candidati da far assumere, mentre Enzo, quale suo (loro) alter ego, si è sempre esposto chiamando o preavvisando i candidati».

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