«Il nostro è un paese che ha a cuore i minorenni?». La domanda che l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza Carla Garlatti rivolge alla platea che la sta ascoltando non ha una risposta scontata. Nella Sala della Regina di Palazzo Montecitorio, Garlatti ha presentato la sua relazione annuale al Parlamento, alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella e quello della Camera Lorenzo Fontana.

«Smettiamo di far finta che i minorenni non esistano – continua l’Autorità garante –. Se non li prendiamo sul serio e non ascoltiamo le loro richieste, rischiamo l’implosione o l’esplosione di un’intera generazione. E penso che siamo tutti d’accordo nel non volere nessuna di queste due cose». 

Il benessere mentale dei minori

Da uno studio portato avanti da tre anni dall’Autorità garante, insieme all’istituto superiore di Sanità e il ministero dell’Istruzione e del merito, è emerso un malessere profondo dei ragazzi, evidenziato da un «aumento spaventoso» degli accessi nei pronto soccorso psichiatrici, atti di autolesionismo, disturbi alimentari severi e tentativi di suicidio. 

«Se mettiamo in relazione il malessere che i ragazzi dimostrano con le conseguenze delle loro azioni, emerge con chiarezza che i ragazzi ci stanno mandando un segnale, ci stanno chiedendo qualcosa, vogliono essere ascoltati». Ciò che è importante sottolineare quando si parla di minori è il fatto che sono individui ancora in formazione sotto tanti punti di vista, in particolare quello psicologico, motivo per cui non si può mai paragonare la loro situazione a quella di un adulto. 

Il decreto Caivano non è un deterrente 

Basandosi sull’assunto per cui i ragazzi si trovano in un momento della loro vita in cui la loro educazione deve essere completata e quindi sono «permeabili» rispetto alle esperienze che vivono, «i ragazzi sono recuperabili», malgrado la «narrazione violenta» che appare sui media quando si parla di baby gang, a proposito delle quali Garlatti vuole sottolineare che la maggior parte di queste sono composte da ragazzi italiani. 

«Puntare sull’aspetto punitivo da solo non è sufficiente», afferma l’Autorità garante e porta numeri alla mano: se tra il 2022 e il 2023 i reati a carico dei ragazzi tra i 14 e i 17 anni sono calati del 4,15 per cento, nel periodo tra maggio 2023 e maggio 2024 il numero dei minorenni negli istituti penali a loro dedicati è passato da 210 a 339: 129 in più, quindi un aumento pari al 61,4 per cento. A segnare la differenza sono stati gli ingressi dei ragazzi tra 16 e 17 anni, aumentati del 74,4 per cento. 

Per Garlatti, «l’aumento delle pene per i minorenni stabilito dal decreto Caivano non ha avuto il benché minimo effetto deterrente, anzi l’aumento delle pene ha comportato l’aumento delle presenze negli istituti» e quindi ha inciso sul problema del sovraffollamento delle carceri e sull’insufficienza degli educatori che hanno il compito di rendere il ragazzo consapevole di ciò che ha fatto. «Quello che manca è proprio la consapevolezza e l’empatia, la capacità di capire di aver fatto del male a qualcuno o a una collettività», continua l’Autorità garante.

Ma le punizioni non si sono inasprite solamente nei procedimenti giudiziari, ma anche nella scuola, il luogo principe dell’educazione dei minorenni: l’aumento delle bocciature, del peso del voto in condotta e le sospensioni non sono sufficienti a far capire al ragazzo che ha sbagliato, ma è necessario affiancarvi un percorso educativo alternativo.

L’Autorità garante ha proposto in questo senso il progetto delle scuole riparative, che consiste nel «mettere uno di fronte all’altro l’autore e la vittima e creare l’empatia che è venuta meno». 

La violenza di genere è più percepita dalle ragazze

Un altro tema su cui porre l’attenzione è quello della violenza di genere tra pari, molto sentito dai giovani. L’Autorità garante, in collaborazione con il servizio di analisi criminale, un gruppo interforze, ha lanciato una consultazione tra i giovani sulla violenza di genere tra pari a cui hanno risposto in un mese quasi 32mila ragazzi, di cui il 96 per cento sostiene che è importante parlare di questi temi. 

La percezione della violenza di genere sembra essere prevalentemente femminile. Le ragazze avvertono la paura delle aggressioni tre volte tanto rispetto ai ragazzi e, se poco più del 9 per cento si sente sicura quando esce di casa, il 48 per cento dei maschi non si pone il problema

«Questo ci porta a dire che bisogna investire sulla cultura dell’educazione all’affettività, alla parità di genere, al rispetto dell’altro», ha commentato Garlatti, che non ritiene «sufficienti» le 30 ore, extrascolastiche e su base volontaria, introdotte dal piano sperimentale di educazione alle relazioni formulato dal ministro dell’Istruzione, mentre sostiene che un insegnamento di questo genere vada introdotto sin dalle scuole elementari.

I minori stranieri non accompagnati

Tra gli invisibili e i dimenticati ci sono i minori stranieri non accompagnati: la denuncia di Garlatti riguarda il tempo che i ragazzi passano nei centri di prima accoglienza. «Il tempo che i minorenni passano qui è troppo, sette o otto mesi, senza fare nulla», dovuto al fatto che spesso si tratta di centri per adulti riconvertiti, in cui non ci sono i servizi necessari alla cura e allo sviluppo dei ragazzi. L’Autorità garante ha incontrato i minori che si trovano in questi centri, in un colloquio con un ragazzo, che le ha confessato che il tempo passato lì dentro gli fa venire «tanti e brutti pensieri». 

Un altro episodio è quello di un ragazzo del Camerun, il quale ha passato cinque mesi in un centro di accoglienza per adulti, perché chi lo ha accolto non ha creduto che avesse 16 anni. Solamente dopo che la famiglia ha inviato il suo certificato di nascita – una cosa assai rara – è stato trasferito in un centro per minori. Garlatti ha insistito sul fatto che minorenni e adulti debbano essere tenuti separati: «L’esperienza che mi è stata raccontata è stata molto molto brutta».

La povertà colpisce soprattutto i minorenni

Infine un dato che l’Autorità ha portato all’attenzione delle istituzioni è quello sulla povertà: «I minorenni purtroppo sono la fascia di popolazione con la più alta incidenza di povertà assoluta, in particolare gli stranieri. È impressionante pensare che il 2,5 per cento dei minori di 16 anni non può accedere a un pasto proteico al giorno». 

Nel 2019 il Comitato Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza aveva invitato a colmare i divari tra le regioni relativi all’accesso ai servizi sanitari, agli standard di vita essenziali e all’istruzione.

Garlatti, a tal proposito, indica nell’adozione dei livelli essenziali delle prestazioni (Lep) una delle risposte principali alle disparità presenti nel Paese. «La riforma per l’autonomia differenziata può consentire la definizione una volta per tutte dei Lep che riguardano l’infanzia e l’adolescenza, ma è fondamentale che la riforma non si trasformi in uno strumento che renda ancora più profondo il solco tra le Regioni». In materia anche l’Autorità garante sta lavorando per fornire il proprio contributo.

La distanza della politica dai minorenni

«Oggi ci troviamo di fronte a due Italie, quella degli adulti e quella dei minorenni, che sentono delle esigenze e hanno delle preoccupazioni diverse, prima tra tutte il cambiamento climatico» afferma Garlatti, sulla base dei dati della consultazione “Il futuro che vorrei”. Nell’Italia di oggi i ragazzi manifestano rabbia per scelte che passano sopra le loro teste. È come se, osserva l’Autorità garante, fossero relegati in un mondo a parte, separato da quello degli adulti. 

La Consulta delle ragazze e dei ragazzi, promossa dall’Autorità garante, ha rivolto una lettera al presidente Matterella, toccando numerosi temi che ha a cuore: dal cambiamento climatico alle guerre che imperversano alle porte di casa nostra, fino alla tutela della salute mentale. 

Si legge nella lettera: «È piuttosto preoccupante leggere i risultati della consultazione pubblica “Il Futuro che vorrei”, che poco meno della metà di noi ragazzi e ragazze è molto o abbastanza convinto di non poter cambiare le cose. Nonostante, infatti, la percentuale di giovani che pensa di poter fare qualcosa sia elevata, i numeri di coloro i quali pensano di non avere nessuna possibilità sono ancora troppo alti. È importante che le istituzioni diano un forte segnale ai giovani riguardo la volontà di ascoltarli e valorizzare le loro idee perché solo così noi potremo essere artefici del nostro futuro». E continua: «A mancare non sono solo gli spazi per un confronto tra noi giovani e le Istituzioni, ma è soprattutto l’ascolto istituzionale a essere generalmente assente».

La volontà dell’Autorità garante di dar voce alle problematiche di chi ha meno di 18 anni ha portato alla nascita di una rivista, che prende il nome di Prospettive. «Vogliamo offrire più punti di vista, anche diversi dai nostri. L’importante sarà attivare un confronto che produca un arricchimento culturale sul tema dei diritti» spiega Garlatti.

Magari leggendola anche gli adulti cambieranno prospettiva.

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