Non si fermano nemmeno davanti a vento e pioggia. Quando qualche settimana fa su Firenze si è abbattuto un frammento d’inverno inconsulto, con rovesci e folate d’aria gelida che percuotevano lo stadio Pier Paolo Cesare Vita, a Campo di Marte, i ragazzi e le ragazze del Bxc (baseball per ciechi e ipovedenti) erano lì, con uno scrupolo da atleti professionisti a cui non è consentito fermarsi nemmeno a causa delle avverse condizioni meteo.

Si sfidavano Fiorentina Bxc e Thurpos Cagliari, per la quinta giornata del campionato di specialità. Ha vinto la squadra sarda, ma non è questa la cosa più importante. Conta soprattutto che le due formazioni si ritrovassero cinque mesi dopo aver contribuito alla riuscita di un appuntamento di grande significato: la prima partita totalmente al femminile nella storia di questa disciplina, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne. L’iniziativa, denominata “Diamanti Rossi” e autorizzata dalla AIBXC, si è tenuta in Sardegna nell’impianto di Iglesias e ha inteso sfidare due linee di discriminazione presenti nel mondo dello sport come in ogni altro settore della vita quotidiana: quella di genere e quella che prende di mira le disabilità.

Era una sfida difficile, tenuta in una giornata fredda e ventosa. È stata un successo. Con un impatto simbolico rafforzato dalla volontà di portare avanti un messaggio, veicolato da una circostanza unica: in campo, a giocare, allenare e arbitrare erano soltanto donne provenienti da tutte le squadre italiane di Bxc.

L’oggetto di una ricerca

L’iniziativa “Diamanti Rossi” è stata anche l’occasione per condurre una ricerca interdisciplinare, a cavallo fra le Scienze Motorie Adattate e le Scienze Sociali, di cui sono appena stati pubblicati i risultati sulla rivista “Frontiers in Sports and Active Living”. La ricerca era basata su un questionario alle 33 donne partecipanti. Fra gli obiettivi, anche quello di mettere in risalto il diverso modo di vivere la medesima esperienza.

Una diversità che deve tenere conto della reciproca contaminazione, nei termini che, da un punto di vista sociologico, vanno etichettati come dual embodiment. Ciò che viene chiamato in causa è infatti un’esperienza di reciproca immedesimazione e contaminazione fra soggetti portatori di disabilità e soggetti pienamente abili. Le dinamiche dell’integrazione nello sport paralimpico sono un percorso cooperativo fra queste due classi di soggetti, cui è richiesto lo sforzo di provare a percepire l’esperienza allo stesso modo in cui lo fa l’altro. Rispetto a ciò, la circostanza della gara consente di testare anche l’elemento della performance come fattore sfidante. Ciò che in presenza di una disabilità altamente impattante qual è il deficit visivo, richiede un impegno particolarmente severo.

Le dimensioni indagate dalla ricerca sono state diverse ma convergenti. Le intervistate sono state invitate a esprimersi sul potenziale integrativo della pratica sportiva, sull’esistenza di fenomeni legati alla doppia discriminazione (di genere e di diversa abilità) e sulle aspettative soggettive rispetto alla pratica sportiva. Il campione, formato esclusivamente da donne, ha rafforzato le condizioni di originalità dell’esperimento consentendo di costruire una prospettiva di genere non condizionata dalla presenza di soggetti maschili.

Lo sport contro ogni barriera

Dai dati raccolti e analizzati emerge che le partecipanti all’iniziativa vivono lo sport adattato come un potente strumento di integrazione e, pur con prospettive leggermente diverse tra intervistate vedenti e non vedenti, il potenziale di emancipazione viene egualmente percepito.

Per quanto riguarda i fenomeni di discriminazione percepita, essi sono stati indicati soprattutto nel divario salariale fra sport maschile e femminile e nello squilibrato accesso alle cariche dirigenziali e agli staff tecnici. Meno rilevanti i fenomeni di pressione psicologica. Le rispondenti (soprattutto le giocatrici affette da disabilità visiva) hanno dichiarato che provengono prevalentemente da allenatori e dirigenti. Lo sport si conferma dunque un potente strumento educativo contro ogni forma di discriminazione.

© Riproduzione riservata