Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie è incentrata sul generale Carlo Alberto dalla Chiesa ucciso quarant’anni fa il 3 settembre del 1982.


È l’ultima settimana di agosto. Il prefetto è da qualche giorno in vacanza nella casa in Irpinia. Segue da lì l’interminabile dibattito sui poteri speciali da lui chiesti, notizie contraddittorie che s’incrociano, i soliti attacchi, i distinguo, tutte le ipocrisie della politica italiana.

Ma il generale, incredibilmente, crede ancora che qualcosa accadrà. I poteri speciali – ne è sicuro – prima o poi glieli daranno.

Il figlio Nando gli chiede: «Ma chi ti è contro?». Lui risponde: «Gli andreottiani, i fanfaniani e una parte della sinistra democristiana. Gli andreottiani in particolare ci sono dentro fino al collo».

Il 1° settembre del 1982 il generale è a Palermo. Chiama un sottufficiale dei carabinieri, un vecchio amico. Gli dice che ha bisogno di lui per la sua sicurezza personale: «È urgente, vieni in Sicilia».

Nel tardo pomeriggio del 3 settembre Emmanuela Setti Carraro entra in prefettura. Telefona alla madre, la saluta, le dice che sta bene e che fra poco sarà a cena a Villa Pajno.

Il generale Carlo Alberto dalla Chiesa prenota un tavolo per due al ristorante La Torre, a Mondello. Una precauzione, non si sa mai chi ascolta le sue telefonate.

La cena a Villa Pajno è già pronta, la tavola apparecchiata.

I sicari gli scivolano dietro, probabilmente avvertiti da qualcuno che sta a Villa Whitaker.

Il generale ed Emmanuela sono su un’utilitaria, un’A112 di colore beige. Guida lei. Chi se lo può mai immaginare che il generale se ne va in giro per Palermo con una piccola auto? Dalla Chiesa gioca sempre sulla sorpresa.

Sono seguiti da un’Alfa blu con al volante l’agente di pubblica sicurezza Domenico Russo, l’autista.

Via Cavour, via Principe di Scordia, la caserma della Guardia di Finanza a sinistra e i vicoli del Borgo Vecchio a destra. Sera d’estate, la città vuota, le strade deserte. I primi colpi partono in via Isidoro Carini, quando l’A112 è davanti a una pasticceria famosa per le sue cassate.

Sono le 21.15 del 3 settembre 1982.

Due corpi immobili nell’utilitaria. Sull’Alfa blu il poliziotto è ancora vivo. Morirà otto giorni dopo.

Kalashnikov. I killer hanno ucciso con gli stessi fucili della «strage della circonvallazione» e dell’omicidio di Stefano Bontate. Su ordine di Totò Riina, il grande capo. Sempre i Corleonesi. Sempre i peri incritati, i contadini della Rocca Busambra che danno mandato di morte ai loro servi di Palermo. Vincenzo Galatolo e Francesco Paolo Anzelmo, Calogero Ganci e Raffaele Ganci.

Ci sono anche Giuseppe Lucchese u’ Lucchiseddu, Pino Greco Scarpazzedda e Nino Madonia. Quelli di Pio La Torre.

Prima le sventagliate di mitra. Poi, uno di loro si avvicina a Carlo Alberto dalla Chiesa e spara il colpo di grazia.

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