Sul Bonus psicologo si prevede un risultato deludente. Già da marzo, il numero imponente di accessi al portale per farne richiesta aveva provvisoriamente mandato in tilt la piattaforma. Questo dato, secondo il Consiglio nazionale dell’ordine degli psicologi (Cnop) è «indice di una situazione allarmante: gli italiani hanno bisogno di un aiuto». Sullo strumento, oltre alle modalità di richiesta ormai note, ci sono perplessità anche da parte delle e dei professionisti. La prima riguarda la possibilità di accettare il pagamento tramite bonus: ci si può mettere a disposizione solo se psicoterapeuti – psicologi regolarmente iscritti all’Albo ed esercitanti la libera professione abilitati all’esercizio della psicoterapia – ma non se psicologi o psichiatri. Un punto fondamentale riguarda poi la possibilità di poter avere necessità, come pazienti, di una terapia farmacologica che non potrà, da legge, essere fornita da psicologhe e psicologi. Il paziente sarà quindi obbligato a spostarsi e pagare un diverso professionista, ma senza poter usufruire del bonus. L’altra criticità riguarda il rimborso parziale della seduta, ovvero 50 euro, e il ritardo nell’erogazione ai professionisti: può arrivare anche dopo 12 mesi dalle sedute.

Anche sull’istituzione degli psicologi di base ci sono ancora punti da chiarire. Lo scorso novembre la commissione Affari sociali della Camera aveva presentato la documentazione per l’esame dei progetti di legge, che univa le proposte di legge di iniziativa parlamentare per l’istituzione del servizio di psicologia di assistenza primaria nell’ambito del Servizio sanitario nazionale (Ssn) e della figura professionale dello psicologo di base. Da allora è tutto fermo in parlamento. Una delle poche certezze, nel prossimo futuro, è che ciascuna Asl dovrà dotarsi di questo servizio per cui sarà istituito un elenco regionale. I professionisti e le professioniste, per potersi candidare, dovranno essere in possesso della laurea magistrale in psicologia, essere iscritti all’albo, ottenere un attestato di abilitazione regionale, e non potranno avere rapporti di lavoro con il Ssn.

I numeri

I dati confermano il problema. Le richieste arrivate all’Inps per il Bonus psicologo, a pochi giorni dall’avvio delle domande, sono state 175mila, e ci sono ancora molte settimane per poterlo richiedere: il termine per la presentazione delle domande, infatti, scadrà il 31 maggio. Se il numero si dovesse chiudere ora, potrebbero avere accesso al bonus poco più dell’11 per cento delle e dei richiedenti.

Tante richieste di accesso al bonus e fondi limitati, dunque, ma non solo: a parità di valore dell’Isee presentato, si terrà conto dell’ordine cronologico di presentazione delle domande. Lo scorso anno, i beneficiari si sono fermati a 41mila a fronte di 25 milioni di euro disponibili. Il decreto ministeriale prevede, inoltre, il riparto tra le regioni di 8 milioni a decorrere dal 2024, contro i 25 milioni erogati nel 2022; ma, come abbiamo detto, la domanda per ottenere il contributo potrà essere presentata fino al 31 maggio 2024.

Successivamente a quella data, verranno stilate le graduatorie per l’assegnazione del beneficio, distinte per regione e provincia autonoma di residenza, tenendo conto del valore Isee più basso e, a parità di valore Isee, dell’ordine cronologico di presentazione delle domande. Il completamento delle attività per la definizione delle graduatorie sarà comunicato con un successivo messaggio.

Dalla data di pubblicazione delle graduatorie il beneficiario avrà 270 giorni di tempo per usufruire del contributo. Ivan Iacob, segretario generale nazionale dell’Aupi, il sindacato degli psicologi italiani, parla di come sia sorprendente che «l’opinione pubblica abbia finalmente riconosciuto l’importanza della psicologia solo dopo l’assalto al bonus». Con ben 175mila domande in pochissimi giorni, e solo 20mila che potrebbero ricevere una risposta, a causa delle limitate risorse finanziarie, «siamo di fronte a una situazione critica»: in Italia si stimano 5 milioni di persone che hanno bisogno di un aiuto e che non possono ottenerlo per motivazioni economiche.

Case di comunità

A complicare il quadro c’è l’intesa tra Stato e Regioni per la figura dello psicologo di base – per cui si aspettano ancora i fondi – che si unisce al dato dei 2 miliardi del Pnrr destinati alla creazione di 1.350 case di comunità (Cdc), che si vorrebbero radicare su tutto il territorio nazionale, trasformandole nel luogo in cui «si coordinano tutti i servizi sanitari offerti, con particolare attenzione per i malati cronici». Nelle Cdc dovrebbero operare team multidisciplinari ma, secondo i dati aperti di Openpolis, il progetto è in ritardo: al momento è completato solo al 37,5 per cento. L’investimento prevede ancora l’attivazione di 1.288 Case della comunità entro la metà del 2026, per cui si potranno utilizzare sia strutture già esistenti che nuove, ma non ne sono ancora stati stipulati i contratti.

Le complessità, secondo la piattaforma Open Pnrr, sono complesse e sfaccettate: dal punto di vista amministrativo la mancata definizione di norme strutturali, tecnologiche e organizzative per l’assistenza territoriale, il numero di enti e amministrazioni coinvolte, la mancanza di collegamento tra istituzioni, una legislazione nazionale ambigua nel campo dell’assistenza primaria, con conseguente attuazione disomogenea a livello regionale, disparità a livello regionale nel livello di attuazione delle Lea per l’assistenza sanitaria, disparità a livello regionale nel livello di attuazione dell’accreditamento istituzionale. Tutto questo in un contesto di salute pubblica molto fragile.

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