Nel giorno dopo la sua vittoria di misura, Recep Tayyip Erdogan deve iniziare a riconciliare un paese spaccato e deve fare i conti con le conseguenze della sua rielezione, primo fra tutti il crollo della lira turca. 

Ieri sera ha celebrato il risultato del ballottaggio davanti al palazzo presidenziale di Ankara. Erdogan ha ottenuto il 52,16 per cento dei voti, contro il 47,84 per cento di Kemal Kilicdaroglu.

«Ringrazio ogni persona del nostro popolo che ancora una volta ci ha dato la responsabilità di governare il Paese per altri cinque anni. Dovremmo essere uniti e solidali. Lo chiediamo con tutto il cuore. Non siamo gli unici vincitori». Chi ha vinto «è la Turchia e noi non abbandoneremo mai la democrazia» ha detto. 

Per iniziare l’opera di riappacificazione ha indirizzato al paese un richiamo all'unità. Le grandi città, Istanbul e Ankara in testa, e le regioni costiere hanno scelto di sostenere il suo avversario, mentre Erdogan ha fatto il pieno di voti nelle aree rurali e centrali del paese. Brucia soprattutto la sconfitta nella città sul Bosforo, di cui in passato è stato sindaco.

Il presidente rieletto ha già ricevuto gli auguri di molti leader del mondo, tra cui la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. «Congratulazioni al Presidente Erdogan per la sua vittoria elettorale. Italia e Turchia sono alleate e condividono importanti responsabilità nel Mediterraneo e nel mondo. Insieme possiamo fare di più per i nostri popoli e la crescita e la stabilità globale» ha scritto in un tweet.

Problemi economici

Intanto, si presentano all’orizzonte nuovi problemi economici che mettono ulteriormente in difficoltà il paese, funestato da mesi dall’inflazione. La lira turca è infatti in discesa sul dollaro verso nuovi minimi storici, a 20,05.

L’avversario sconfitto di Erdogan ha già polemizzato sull’esito del voto. Sono «le elezioni più ingiuste degli ultimi anni» ha detto il leader dell'opposizione Kamal Kilicdaroglu, che ha definito quello di Erdogan un governo «autoritario» ritenendo che l'Akp «ha messo in campo tutti i mezzi dello Stato contro di lui».

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