«Ma per il 789 direzione Cinecittà mi devo fare il segno della croce? Sono 40 minuti che sto qui». «Stazione Laurentina, cinque operatori a chiacchierare davanti l’uscita. Vi pare normale?». Ogni mattina un social media manager si sveglia e sa che dovrà rispondere a richieste e lamentele. È il social media manager di Atac, l’azienda dei trasporti romana ormai simbolo di inefficienza. Se Ama è la sigla dello scandalo per la raccolta dei rifiuti, è Atac l’acronimo maledetto da turisti e pendolari di Roma.

L’azienda è controllata dal Campidoglio e gestisce gran parte del trasporto pubblico locale: l’80 per cento della rete autobus urbana, tre linee metro e sei linee tranviarie. Serve 1.852 km su gomma, 5,6 su rotaia e 60 di tratta metropolitana. Cifre presentate con entusiasmo da Atac e ricordate spesso e volentieri dall’assessore Eugenio Patanè, che ha la delega alla mobilità nella giunta di Roberto Gualtieri.

Appena dietro i numeri ecco una realtà di disagi e disservizi. Autobus che non passano o prendono fuoco, attese bibliche sulla linea B e scale mobili fuori uso; scioperi di venerdì «contro l’invio di armi in Ucraina». E poi mesi e mesi di lavori, per una metro che chiude alle 23.30. I romani ne parlano rassegnati, con l’aria di chi le ha viste tutte e un disincanto che sfocia nel cinismo. I turisti guardano increduli lo stato di una capitale europea mentre chiedono all’autista di turno se il 50 passa in piazza di Spagna.

Ben oltre l’aneddotica, a parlare per Atac sono i bilanci. Nel 2018 l’azienda, con un debito di 1,4 miliardi, è stata ammessa alla procedura di concordato preventivo e risanata a spese del comune. La proroga dell’affidamento del servizio è stata osteggiata dai comitati locali, fino al referendum del 2018 per la messa a gara del servizio di linea. L’Atac si è però rifiutata di riconoscere il risultato e intanto gli anni sono passati.

Una metro in agonia

I trasporti romani vivono un’estate difficile, con una lunga lista di disservizi concentrati tutti insieme. A luglio 2022 sono iniziati i lavori per la sostituzione dei binari della metro A, tratta principale del trasporto sotterraneo. Obiettivo: terminare la manutenzione «per dicembre 2023, entro le vacanze di Natale». E così per cinque giorni a settimana, venerdì e sabato esclusi, il servizio si ferma alle 21. Poi tocca affidarsi alle navette, bus sostitutivi dal nome più seducente.

Per completare l’opera nei tempi indicati, il comune e la partecipata hanno previsto un calendario di blocco della linea: dall’11 al 13 agosto sarà interrotta la tratta Anagnina-Subaugusta, mentre dal 14 al 24 quella tra Arco di Travertino e Ottaviano. La chiusura coinvolgerà le principali stazioni della capitale: fermate come Spagna e Barberini saranno del tutto fuori uso, complicando i piani di turisti e residenti. «I binari hanno 40 anni, sono lavori non rinviabili. Abbiamo scelto i giorni di Ferragosto proprio per ridurre i disagi», dicono dall’ufficio stampa di Atac.

Intanto i treni regionali vanno a singhiozzo e la situazione è pesante sulla Roma-Lido, che collega la città al municipio di Ostia. La cosiddetta metromare, gestita da Astral e Cotral, è servita da quattro convogli, vecchi e soggetti a guasti. «I macchinisti hanno paura dei pendolari, inferociti per i blocchi e le attese», riporta il blog Diarioromano, che documenta il degrado della capitale. «I sindacati Cisl, Cgil e Confsal hanno chiesto dei presìdi di polizia nelle stazioni: il timore di essere aggrediti è ormai molto forte».

Un bus di periferia

Se da Centocelle vai a Ponte Galeria, abbi pazienza e poca fretta. Prendi l’autobus in via Casilina, aspetta venti fermate e poi scendi. Prendi la metro per dieci fermate e il trenino per Fiumicino. Quasi un’ora e mezza di viaggio per collegare due località che distano venti chilometri in linea d’aria. Basta uscire dal centro e dai quartieri residenziali perché la qualità del servizio peggiori molto: Roma ha in media 29 fermate (della metro e di superficie) ogni 10mila abitanti, con valore massimo all’Eur e minimo a Centocelle. Ci sono forti disparità tra municipi, con le disuguaglianze tra centro e periferia che si riflettono nei trasporti.

Un primo passo per migliorare il servizio si è fatto lo scorso aprile, con l’assegnazione a nuovi gestori di 102 linee bus periferiche. Dopo anni di bandi sbagliati e riscritti, gare con ricorsi e bocciature al Tar, il consorzio Roma Tpl – responsabile di corse ridotte e mai puntuali – è stato sostituito da due raggruppamenti di imprese, Autoservizi Troiani e Bus International Service, che si sono divisi la periferia est e quella ovest.

La speranza è che i bus attivi siano il 100 per cento e che le corse siano monitorabili su app come ProBus e Moovit, che trasmettono anche dati sull’affollamento a bordo. La posizione degli autobus, fornita in tempo reale attraverso il Gps dei mezzi, costituisce un’altra falla nel trasporto locale. Atac dichiara che il 95 per cento dei bus è monitorato, ma alcuni mezzi non trasmettono dati con continuità. Ancora peggio va con le linee periferiche: quando i bus sono fermi al capolinea spariscono dal monitoraggio e il sistema spesso finisce offline.

L’estate romana è poi segnata da un giallo, che riguarda il costo di abbonamenti e biglietti. L’aumento dei prezzi era previsto dal primo agosto, come da contratto di servizio tra regione Lazio e Trenitalia. Il Bit, biglietto valido 100 minuti per tutti i mezzi, doveva passare da 1,50 a 2 euro e l’abbonamento annuale da 250 a 350 euro. Ma il temuto aumento non ci sarà, almeno per ora. Fabrizio Ghera, che ha la delega ai trasporti nella giunta di Francesco Rocca, ha posticipato la data a inizio gennaio.

«Chi ci ha preceduti aveva stabilito un rialzo, ma con il presidente abbiamo pensato a soluzioni diverse», dice Ghera. Sono due le opzioni sul tavolo: una manovra finanziaria concertata, per trovare 20 milioni e scongiurare gli aumenti, o il rialzo del solo Bit per tutelare chi ha un abbonamento. Pendolari, lavoratori e cittadini di Roma.

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