I primi indagati nell’inchiesta per l’incidente ferroviario di Brandizzo, un’inchiesta che sarà ancora lunga e complicata, sono i due operai scampati al disastro, unici sopravvissuti della squadra di sette operai che nella notte di due giorni fa si è trovata sui binari al momento del passaggio del treno.

Antonio Massa, 47 anni, è il dipendente di Rfi, società del gruppo Ferrovie dello Stato, che aveva il compito di fare da scorta ai dipendenti della Sigifer, la ditta di Vercelli a cui erano stati appaltati i lavori di sostituzione di un tratto dei binari poco distante dalla stazione del piccolo centro piemontese.

Andrea Girardin Gibin, l’altro indagato, è invece il caposquadra, in forze alla Sigifer che si è salvato buttandosi a lato quando ha sentito sopraggiungere il treno.

È evidente che quella notte c’è stato un problema di comunicazione tra l’agente di circolazione, cioè l’addetto di Rfi che aveva il compito di informare gli operai sulla situazione sulla linea, e gli uomini sul terreno, a cominciare dagli operari della Sigifer, un’azienda con base in provincia di Vercelli.

La procuratrice capo di Ivrea Gabriella Viglione, che dirige l’inchiesta, ha di conseguenza ipotizzato «gravi violazioni delle procedure di sicurezza» sulla base di una prima analisi del materiale sequestrato.

Ipotesi dolo

La procura procede per omicidio e disastro con dolo eventuale, quindi un’ipotesi di reato molto più grave rispetto al disastro colposo che era stato ipotizzato da principio. L’esame degli inquirenti ha riguardato in primo luogo lo scambio di messaggi tra la centrale di controllo e i lavoratori con l’obiettivo di comprendere come sia stato possibile che il cantiere sia stato avviato con il semaforo verde all’ingresso della stazione.

In casi come questi, infatti, la procedura prevede che l’intervento sui binari prenda il via solamente in seguito al nulla osta inviato dall’agente di circolazione al collega di Rfi che accompagna la squadra, il quale a sua volta lo trasmette al caposquadra della ditta che ha ricevuto l’appalto. In gergo si dice che la «protezione» del cantiere è affidata a Rfi e ogni operazione sulla linea deve essere autorizzata dall’azienda pubblica che gestisce il traffico ferroviario.

È evidente che in questo caso la protezione non c’è stata. Proprio perché nessuno li ha avvisati del pericolo incombente, gli operai si sono trovati nel posto sbagliato al momento sbagliato, proprio mentre stava sopraggiungendo a una velocità di almeno 100 chilometri all’ora un treno definito in gergo a orario libero, cioè che viaggia durante la notte per spostare vagoni verso un deposito a una stazione.

Messaggio sbagliato

La prima ipotesi è che la squadra si sia mossa senza aver ricevuto il nulla osta. Un’ipotesi che dovrà essere riscontrata sulla base dell’esame delle comunicazioni tra i lavoratori.

Non è da escludere, però, neppure la possibilità che l’apertura del cantiere sia stata possibile sulla scorta di un messaggio sbagliato, frutto di un errore a monte, tra chi aveva il compito di sorvegliare la circolazione.

Ma al di là dell’inchiesta che dovrà stabilire le responsabilità penali di un disastro che è costato la vita a cinque persone, l’incidente alza il velo su un sistema che espone a gravi rischi i lavoratori.

Le accuse dei sindacati

Questa almeno è l’accusa dei sindacati, che puntano il dito sull’incremento delle cosiddette esternalizzazioni, cioè l’affidamento di una quota sempre più elevata delle opere di manutenzione a ditte esterne alle Ferrovie dello Stato.

LAPRESSE

Questo avrebbe reso sempre più problematico il coordinamento dei lavori tra l’appaltante e gli appaltatori, che in qualche modo, raccontano fonti sindacali, si prendono sempre maggiori libertà sui cantieri con l’obiettivo di chiudere i lavori più in fretta oppure di ridurre il più possibile i costi. Una situazione come questa rende più credibile la ricostruzione di chi ipotizza che la squadra quella notte si sia mossa in autonomia.

Scioperi e proteste

I sindacati protestano e per lunedì prossimo 4 settembre sono indetti presidi in tutte le regioni, dopo lo sciopero di quattro ore che si è svolto già ieri, indetto in Piemonte dai sindacati di base dell’Usb.

«L’indignazione e il cordoglio non bastano più, è il momento di agire», ha dichiarato il segretario della Cgil, Maurizio Landini nelle ore immediatamente successive al disastro ricordando che il sindacato «da tempo denuncia il grave tema, mai risolto, delle procedure di sicurezza relative alle fasi di manutenzione della rete ferroviaria.

Commissione d’inchiesta

Intanto, in Parlamento, ha deciso di avviare un’indagine anche la Commissione d’inchiesta «sulle condizioni di lavoro, lo sfruttamento e la sicurezza in Italia» della Camera dei deputati, commissione che è presieduta dalla deputata Dem, Chiara Gribaudo.

Già nella giornata di martedì è in calendario l’audizione dei vertici delle Ferrovie dello Stato e anche dei rappresentanti del sindacato.Va ricordato che la commissione di Montecitorio ha poteri d’indagine pari a quelli della magistratura.

Il caso Ertms

Tra i punti che saranno al centro delle audizioni fin dal primo giorno c’è anche quello, sollevato da Domani, che riguarda il sistema Ertms, la nuova tecnologia digitale che aumenta la sicurezza dei treni la cui installazione anche sulle ferrovie ordinarie (sull’alta velocità c’è già) è prevista sulla base dei finanziamenti del Pnrr.

Il programma però partirà con grave ritardo perché il governo ha deciso di tagliare i primi 500 milioni di fondi europei. Un fatto, segnalato ieri da Domani, di cui il Pd vuol chiedere conto al ministero delle Infrastrutture di Matteo Salvini.

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