Oggi è stato reso pubblico il cosiddetto “bollettino sulla disinformazione”, un documento realizzato da un gruppo di lavoro a cui partecipano anche le agenzie di intelligence e che avrebbe «ispirato» la famigerata “lista dei putiniani” in Italia, pubblicata domenica dal Corriere della sera.

Il documento è stato presentato in una conferenza stampa dal sottosegretario con delega all’intelligence Franco Gabrielli, dopo una settimana di polemiche. Ma il testo presentato da Gabrielli non contiene i nomi contenuti nell’articolo del Corriere. Da dove spunta la famosa lista, quindi, continua a restare un mistero.

La lista

Domenica 5 giugno, le giornaliste del Corriere della Sera Fiorenza Sarzanini e Monica Guerzoni pubblicano un articolo intitolato “La rete di Putin in Italia: chi sono influencer e opinionisti che fanno propaganda per Mosca”. 

La lista dei nomi, scrivono le due giornaliste, sarebbe frutto di «materiale raccolto dall’intelligence» e viene fatto anche il nome del Copasir, il comitato parlamentare con il compito di vigilare sui servizi di intelligence, che pochi giorni prima della pubblicazione dell’articolo, tramite il suo presidente, aveva rivendicato il ruolo che ritiene di avere nella lotta alla «disinformazione».

Secondo le due giornaliste, nel documento verrebbero elencati una serie di personaggi, alcuni noti altri sconosciuti, che costituirebbero una «rete» che «tenta di orientare, o peggio boicottare, le scelte del governo», scrivono le due giornaliste, e avrebbe come obiettivo il «condizionamento dell’opinione pubblica» durante «i momenti chiave del conflitto, attaccando i politici schierati con Kiev e sostenendo quelli che portano avanti le tesi favorevoli alla Russia».

Il nome più problematico nella lista è quello del senatore Vito Petrocelli, ex presidente della commissione Esteri del Senato, espulso dal suo partito in seguito al rifiuto di dimettersi dall’incarico. In quanto parlamentare, non potrebbe essere oggetto di indagine senza autorizzazioni da parte della sua camera.

Ma causano polemiche anche i nomi di alcuni giornalisti freelance, come Giorgio Bianchi e Mauro Vezzosi. I servizi segreti sorvegliano e schedano giornalisti italiani? Domanda la Fnsi, il sindacato dei giornalisti, subito dopo la pubblicazione dell’articolo. 

Nell’elenco, si trova anche il nome del professore e personaggio televisivo Alessandro Orsini, la giornalista russa Maria Dubovikova, Alberto Fazolo e Manlio Dinucci.

Anche se non è il primo dossier di questo tipo, a marzo il giornalista Gianni Riotta ne aveva pubblicato uno simile sul quotidiano Repubblica, quello del Corriere, basato su documenti provenienti da ambienti dell’intelligence, ha le stimmate di un documento ufficiale e causa immediatamente una netta risposta.

Le prime reazioni

Il presidente del Copasir Alfredo Urso è tra i primi a reagire e smentisce immediatamente che il dossier provenga dalla sua commissione. «La lista l'ho letta su giornale, io non la conoscevo prima», dice lunedì. In un comunicato ufficiale della Commissione viene specificato che il Copasir non solo non ha prodotto alcun documento, me ha ricevuto una copia di quello visto dalle giornaliste del Corriere solo il giorno dopo la pubblicazione dell’articolo. Nel frattempo, quasi tutte le persone citate nell’articolo annunciano querele nei confronti del quotidiano.

Già lunedì, diversi siti pubblicano ricostruzioni basate su racconti di persone informate dei fatti su ciò che è accaduto. Due giorni prima della pubblicazione dell’articolo, venerdì, in una riunione sulla disinformazione a cui partecipano vari funzionari e rappresentati di ministri, sarebbe stato presentato un documento, piuttosto generico e che indicava sostanzialmente informazioni già note. Il documento, con il bollino dell’ufficialità, viene passato alle giornaliste del Corriere che lo pubblicano domenica.

L’intervento di Gabrielli

Ma la questione non si può risolvere con qualche retroscena. Nella lista pubblicata dal Corriere sono presenti nomi di parlamentari e giornalisti e l’aura dei servizi segreti che circonda il documento lascia aperte troppe domande. L’intelligence scheda parlamentari e giornalisti? Ci sono attività di dossieraggio in corso? E il Copasir cosa c’entra, ha forse autorizzato l’indagine illegale di un parlamentare?

L’8 giugno, martedì, è costretto a intervenire Franco Gabrielli, sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega ai Servizi Segreti, con una nota scritta che inizia come una smentita e finisce come una dichiarazione di paternità della famosa lista. 

L’intelligence «non ha mai stilato alcuna lista di politici, giornalisti, opinionisti o commentatori, né  ha mai svolto attività  di dossieraggio», scrive Gabrielli. Invece, «secondo una prassi routinaria», il «gruppo di lavoro interministeriale dedicato alla minaccia ibrida alla sicurezza nazionale» avrebbe realizzato il dossier dopo un’attività, specifica Gabrielli «svolta esclusivamente sulla base di fonti aperte, mira non all'individuazione di singoli soggetti, bensì  alla disamina di contenuti riconducibili al fenomeno della disinformazione».

Questo “gruppo di lavoro interministeriale” è un tavolo periodico al quale partecipano i vari servizi di intelligence e il loro coordinamento, quindi Aise, Aisi e Dis, l’ufficio del consigliere militare del presidente del Consiglio, il ministero degli Esteri, i ministeri dell’Interno e della Difesa, il dipartimento dell’Informazione e dell’Editoria della presidenza del Consiglio dei ministri, il Mise, l’Agenzia per la cybersicurezza nazionale e all’Agcom.

Al momento della nota di Gabrielli c’è ancora un po’ di incertezza su quale documento sia stato visionato da Sarzanini e Guerzoni. Gabrielli dice che l’esistenza di «liste» è «destituita di ogni fondamento». Urso, che ha ricevuto il documento di cui parla Gabrielli, lo descrive come un generico rapporto sul funzionamento della disinformazione russa: «Nessuna lista di proscrizione dunque e nessuna attività  che possa riguardare parlamentari, ci mancherebbe altro».

Ultimo capitolo

La questione però non si spegne. Se il documento elaborato dal tavolo interministeriale è quello visionato dalle giornaliste del Corriere è difficile sostenere che non si tratti di una lista di qualche tipo e che indagini e dossier siano stati raccolti su politici e giornalisti.

A togliere il dubbio ci ha pensato oggi lo stesso Gabrielli, quando ha annunciato la sua intenzione di pubblicare «il tanto evocato ed equivocato Bollettino sulla disinformazione che avrebbe ispirato il noto articolo apparso sul Corriere della Sera».

Ma, precisa Gabrielli a difesa dell’attività dell’intelligence, il documento «riguarda un’analisi del fenomeno basata unicamente su fonti aperte e non contiene, considerata la fisiologica diffusione, alcun elemento proveniente da attività di intelligence». In altre parole, sarebbe stato realizzato con motori di ricerca, leggendo articoli di giornale e visionando programmi televisivi. 

Il documento presentato oggi, però, per quanto abbia diversi elementi in comune e citi diversi episodi contenuti nell’articolo del Corriere della Sera, non contiene la lista di nomi fatta dalle due giornaliste del Corriere. Cosa sia accaduto davvero, da dove arrivino i nominativi e chi abbia avuto idea di inserirli nell’articolo, resta per ora un mistero.

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