In questi giorni un contingente di 130 medici cubani dovrebbe sbarcare in Calabria per prendere servizio nelle strutture ospedaliere locali. Non sono i primi ad arrivare. Altre centinaia di medici sono operativi da mesi nella regione dopo che nel 2022 la giunta ha firmato un accordo con il governo cubano. Esso prevede l’importazione di 497 medici da Cuba, così da ridare ossigeno a un sistema sanitario regionale al collasso anche e soprattutto per la mancanza di personale.

«Dovevo chiudere alcune strutture o trovare una soluzione d’emergenza», ha spiegato il governatore forzista Roberto Occhiuto. Che ha così rivolto lo sguardo a Cuba, salvando almeno temporaneamente la disastrata sanità calabrese. Una storia a lieto fine, o almeno apparentemente. Perché lo scorso 2 gennaio sono scaduti i termini di 60 giorni entro cui le autorità italiane avrebbero dovuto rispondere a una denuncia dell’Onu su queste assunzioni.

La lettera dell’Onu

L’accusa è che le condizioni di lavoro dei medici potrebbero costituire lavoro forzato a causa del prelievo sui loro stipendi da parte delle autorità cubane e di altre forme di controllo che avverrebbero con il beneplacito delle autorità italiane. Un sistema di sfruttamento che non riguarderebbe solo il settore pubblico italiano, ma anche quello privato.

La sanità calabrese si trova in emergenza da parecchio tempo, tanto da essere arrivata al tredicesimo anno di commissariamento. Il sistema è indebitato, le prestazioni sono insufficienti e il buco di personale medico è nell’ordine delle migliaia di unità. Il 17 agosto 2022 la giunta regionale di centrodestra, guidata da Occhiuto, ha sottoscritto un accordo con Cuba. L’obiettivo era sopperire al buco di risorse umane e L’Avana si è impegnata a fornire personale medico e sanitario per un totale di 497 professionisti. Il 27 dicembre 2022 è arrivato all’aeroporto di Lamezia Terme il primo contingente di 52 medici cubani, ad agosto ne sono arrivati altri 120, mentre in questi giorni è l’ora del terzo contingente di 130 sanitari.

Proprio mentre si prepara l’ultimo sbarco calabrese dei medici cubani, è scaduta una deadline fissata dalle Nazioni Unite. Il 2 gennaio sono infatti passati i 60 giorni entro cui le autorità italiane avrebbero dovuto rendere conto dell’attività calabrese del personale sanitario cubano. A partire dal lavoro della ong spagnola Prisoners Defenders in collaborazione con l'Ufficio delle Nazioni Unite di Cuba, il 3 novembre 2023 il relatore speciale dell’Onu sulle forme contemporanee di schiavitù, Tomoya Obokata, ha indirizzato una lettera alle autorità italiane in cui scrive che «Le condizioni di lavoro a cui sarebbero sottoposti i lavoratori cubani potrebbero costituire lavoro forzato, secondo gli indicatori di lavoro forzato stabiliti dall'Organizzazione Internazionale del Lavoro».

Il relatore Onu fa riferimento in particolare al tema dei salari. Nell’accordo quadro Calabria-Cuba si scrive infatti che la paga di ciascun professionista sanitario cubano trasferito in Calabria è di 4.700 euro al mese, ma si aggiunge: «La Regione Calabria pagherà 1.200 euro mensili ad ogni professionista medico in Italia, dovendo restituire a CSMC S.A. il restante valore di 3.500 euro». CSMC S.A. è una società controllata dal Ministero della Sanità Pubblica cubana. Si occupa di esportazione di personale medico da Cuba, cioè la principale fonte di profitto dello Stato cubano - solo nel 2018 ha fruttato 6,2 miliardi di dollari. E la denuncia dell’Onu è che proprio al regime de L’Avana finirebbe la quasi totalità dello stipendio corrisposto dalla Regione Calabria ai medici cubani, a cui rimarrebbero in tasca meno di sette euro all’ora. «Un reddito di 1.200 euro lordi è considerato insufficiente per la sussistenza in Italia, anche alla luce dei recenti tassi di inflazione», sottolinea il relatore speciale Onu.

L’integrità morale dei medici

Non c’è solo la questione degli stipendi al centro della denuncia. Nel primo Contratto Collettivo Attuativo dell'Accordo quadro Calabria-Cuba è scritto che la regione italiana risolverà il contratto con i singoli lavoratori cubani nel caso in cui CSMC S.A. dovesse segnalare la perdita «dell'integrità morale» degli stessi a causa di provvedimenti dello Stato cubano.

Per il relatore Onu questo comporta «il rischio di un uso arbitrario e coercitivo da parte di CSMC S.A. nell'esaminare e determinare l'integrità morale», con la conseguenza che i lavoratori sarebbero sottoposti anche all’estero alla stringente legge cubana per quanto riguarda diritti e libertà. Il tema è stato sollevato anche dall’ong Human Rights Watch, che nel suo rapporto su Cuba scrive che «migliaia di operatori sanitari cubani dispiegati all’estero forniscono servizi preziosi, ma il governo impone loro regole che violano i loro diritti fondamentali, tra cui la privacy, la libertà, il movimento e la libertà di espressione e associazione».

Contattata per chiarimenti, la Regione Calabria ci ha spiegato che secondo il contratto attuativo di novembre 2022 dell'Accordo Quadro, i professionisti caraibici percepiscono uno stipendio pari a 4.700 euro lordi al mese e che nessuna parte viene corrisposta al governo cubano o alla CSMC S.A. Eppure nel contratto c'è scritto che "I compensi saranno materialmente liquidati tanto in Italia come a Cuba nelle modalità ed entità definite nell’Accordo Quadro". Accordo che appunto prevede la suddivisione degli stipendi tra lavoratori e agenzia cubana. Questi documenti peraltro sono del 2022, mentre la denuncia contro la Calabria del relatore Onu è di novembre 2023, il che fa presupporre che la cosa non sia stata risolta.

Le navi da crociera

Le ombre italiane nell’assunzione dei lavoratori cubani non riguarderebbero solo il settore pubblico. Sotto le lenti sarebbero infatti finite anche le pratiche della compagnia privata MSC Crociere. Come scrive il relatore Onu, MSC Malta Seafarers Company Limited, parte di MSC Crociere, avrebbe assunto marittimi cubani che lavorano in Italia attraverso la società statale cubana Selecmar, legata al governo cubano. «MSC tratterrebbe i passaporti dei lavoratori durante il viaggio e nei paesi in cui farebbero scalo, per evitare che i marittimi cubani scappino», sottolinea il relatore speciale, e «Selecmar riceverebbe fino all'80 per cento del loro stipendio base ogni mese».

Siamo riusciti a parlare con una donna cubana che ha lavorato per due anni sulle navi MSC. «Sono stata cameriera sulle navi MSC nel 2018 e nel 2019. Tra mance, straordinari e paga base, lo stipendio avrebbe dovuto essere di poco più di mille dollari, ma mi hanno trattenuto l'80 per cento dello stipendio base del contratto per destinarlo al governo di Cuba», denuncia la donna, che chiede di restare anonima. Per quanto riguarda il passaporto, «lo tengono sotto chiave e non te lo danno. C'era un solo paese in Europa che richiedeva ai marinai cubani di scendere a terra con il passaporto: la Croazia. Quando siamo arrivati lì ho tardato a riconsegnarlo, mi hanno rimproverato e minacciato di sanzionarmi. Ho passato giorni difficili anche perché se accumuli tre sanzioni disciplinari perdi il lavoro e ti rimandano a Cuba».

La donna dice di aver rivisto il documento alla fine della missione di lavoro, cioè dopo un anno e mezzo. Secondo il codice penale cubano chi abbandona una missione all’estero, i cosiddetti disertori, è sottoposto al sequestro dei beni e non può tornare nel paese per otto anni. Ma la misura può colpire anche chi non torna subito in patria una volta terminata la missione. La donna ha subito questo provvedimento, dopo essersi fermata in Italia al termine del lavoro sulle navi MSC. Da anni non vede più la sua famiglia.

Abbiamo contattato MSC Crociere, che ha dato la sua versione sulla ricostruzione dei fatti del relatore speciale Onu. «MSC non impiega più personale di nazionalità cubana sulle proprie navi. Tutto il personale di bordo riceve il medesimo trattamento economico e gode degli stessi diritti. Come tutte le compagnie di crociera operanti a Cuba, in passato anche MSC Cruises ha assunto personale di bordo cubano attraverso l’agenzia statale cubana Selecmar, secondo quanto richiesto dalle autorità locali. Questo ha comportato che al personale di bordo cubano fosse pagato l’intero salario previsto per tutti gli altri dipendenti, ma che una parte di esso venisse obbligatoriamente versato alle autorità cubane per essere destinato alle famiglie del personale impiegato a bordo». Per quanto riguarda i passaporti, la società fa sapere che «tutte le compagnie crocieristiche conservano i documenti del personale di bordo, indipendentemente dalla nazionalità di appartenenza, presso l’ufficio del personale di bordo per ragioni amministrative» e che i dipendenti possono richiederli e riceverli in ogni momento e per qualunque motivo».

Da Bruxelles all’Aia

La questione del presunto sfruttamento dei lavoratori cubani, che non riguarda solo l’Italia ma anche Spagna e Qatar, non è finita solo nel palazzo dell’Onu di Ginevra.

Già in una risoluzione del 10 giugno 2021 il Parlamento europeo condannava le missioni mediche cubane all’estero come forma di schiavitù. Il 10 ottobre 2022 alcuni eurodeputati, tra cui l’italiana Laura Ferrara, hanno ribadito il concetto in una lettera indirizzata alla Regione Calabria. Il tema è arrivato anche in Olanda, più precisamente nelle stanze della Corte penale internazionale de L’Aia. Qui l’ong Prisoners Defenders ha presentato una denuncia che è attualmente in fase di studio. Tra i casi citati nei faldoni depositati ci sono anche quelli della Calabria e di MSC Crociere.

© Riproduzione riservata