«Nel turno di notte di domenica 4 febbraio 2024 un incendio si è propagato nel reparto cokerie sulla caricatrice 6. Le cause sono da accertare». Questo è uno dei tanti lanci di agenzia, più o meno tutti dello stesso tipo, che ogni anno riguardano l’ex Ilva di Taranto, perlomeno dal 2012 ad oggi, cioè da quando l’area a caldo fu sequestrata dai magistrati perché sospettata di “produrre malattie e morte” tra lavoratori e cittadini, ma i decessi degli uni e degli altri sono poi aumentati.

In quello stesso reparto cokeria, ora, come è in grado di rivelare Domani in esclusiva grazie a un report giudicato confidenziale diffuso in un incontro con Confindustria e sindacati dal direttore generale e responsabile personale di Acciaierie d’Italia in amministrazione straordinaria, Giuseppe Cavalli: «La rete gas coke è ad alto livello di usura, la mancanza di ricambi è critica per la continuità di marcia (porte e telai)». E ancora, si riscontra: «Il mancato svolgimento di attività routinarie in area cokeria, con potenziali problematicità gestionali», si legge nel report.

Queste sono solo alcune delle criticità che i neo commissari straordinari di governo che si sono insediati da qualche mese, Giancarlo Quaranta, Giovanni Fiori, e Davide Tabarelli, hanno riscontrato per quanto riguarda la cokeria; un reparto che era finito sotto sequestro già nel 2012, perché giudicato tra i più inquinanti dai giudici e, allo stesso tempo, tra i più importanti del ciclo siderurgico a ciclo integrale. Per intenderci, le cokerie altro non sono dei grandi forni dove si distillano le miscele di carbon fossile che alimentano gli altoforni dove si produce l’acciaio.

All’interno di quelle stesse batterie di forni che sono le cokerie, inoltre, mancano i piedritti, cioè le camere dove avviene la distillazione del coke e così tre forni sono fuori produzione. «Sono tre le batterie in esercizio, per un solo altoforno in marcia, cioè il numero 4, l’attività è minima e non c’è una programmazione delle attività», racconta più in generale una fonte a cui abbiamo garantito l’anonimato. «Sono tuttora in corso e da molto tempo i lavori di manutenzione, rifacimento, ripristino e sostituzioni di impianti e componenti», aggiunge.

E sono ancora le rivelazioni che giungono da Acciaierie d’Italia a gettare una luce sinistra sui forti rischi per la sicurezza dei lavoratori all’interno della fabbrica di Taranto. Per ciò che riguarda l’agglomerato, cioè l’impianto in cui si prepara la successiva miscela di carbone coke, minerale di ferro e calcare da destinare agli altiforni, cioè proprio all’interno dei luoghi in cui si formano le diossine che gli abitanti di Taranto ricevono in grande quantità, i commissari di governo osservano: «La mancanza di ricambi strategici per circuito di aspirazione (valvole, alimentatori); l’usura su tratti dei condotti di gas esausto di processo; la mancanza di ricambi per filtri Meros».

Sono filtri a manica tecnologicamente avanzati che funzionano come un impianto di depurazione dei gas di scarico, degli inquinanti dai fumi provenienti sia dagli impianti di agglomerazione che dalle centrali elettriche interne all’Ex Ilva. Per ciò che riguarda i sottoprodotti, inoltre, l’azienda riconosce «l’usura del capannone di stoccaggio del solfato di ammonio; l’usura dell’impianto refrigeranti primari; condizioni gestionali non standard per serbatoi 1 e 7 di stoccaggio di catrame».

E così via anche per gli altri reparti ed impianti: un lungo groviglio di situazioni pericolose e criticità messe nero su bianco su semplici slide all’interno di una colorata brochure, di cui Domani è in possesso. In cui si legge anche che servono subito quasi 300 milioni di manutenzione ordinaria, per acquistare i ricambi chiave per garantire la continuità produttiva, pompe e motori, serbatoi, filtri, valvole; per interventi di manutenzione straordinaria quali la pulizia dei canali, la sicurezza e la manutenzione ferroviaria, il ripristino dei back necessari per gli impianti prioritari, per esempio la gestione delle acque.

Queste sono le promesse del “Piano di Ripartenza” predisposto dalla struttura di Acciaierie d’Italia in As, «subentrata il 29 febbraio scorso in una situazione aziendale impiantistica di coma profondo, totale precarietà e instabilità, ai limiti dell’irreversibilità», riconoscono. E mettono ancora nero su bianco, infine, «ora l’azienda comincia a dare qualche segno di vita, la strada è lunga ma siamo ottimisti, i lavoratori sono attori principali del Programma di Ripartenza, attraverso il miglioramento delle competenze e della professionalità». E chissà se anche della loro sicurezza.

© Riproduzione riservata