L’ultimo degli scostumati sta per vincere il Pallone d’oro. Così almeno sostengono in Francia dove raccolgono i voti, e in Spagna dove Vinícius lavora dal 2018.

In genere funziona così. Indossa la maglia bianca del Real Madrid, entra in qualche stadio del paese dove la sua squadra è da sempre il nemico pubblico più grosso – uno stadio, uno qualunque – e si sente urlare contro i peggiori insulti razzisti. Accanto al nome Vinícius è diventato quasi impossibile non trovare la parola “caso”. Il caso Vinícius.

Come spesso accade, non solo in Spagna, quelli che ululano dicono che il ragazzo provoca. È andato a cercarsela. Non sono soltanto i razzisti a tenere in tasca la scusa buona, ogni tanto capita che la spiegazione arrivi pure da qualche augusto commentatore, finanche da certi compagni di squadra dopo meravigliosi rondò di parole, frasi che fanno certi giri immensi e poi ritornano.

Perché in questa storia c’è una verità solenne: Vinícius è insopportabile. È insolente. È sfrontato, uno screanzato, un protervo, un dribblatore sfacciato, un giocoliere impudente. Può capitare che faccia una cosa antica come saltare un avversario col pallone al piede e che gli venga voglia di tornare indietro per saltarlo una seconda volta. La sintesi più indicibile: è proprio uno stronzo.

Così, intorno a Vinícius i dibattiti sono due. Primo: si può essere scostumati senza doversi prendere insulti razzisti? Ovviamente la risposta è sì. Secondo: si può essere l’ultimo degli scostumati e prendersi il premio destinato al miglior calciatore al mondo? E qui la faccenda si complica, si complica pure perché Vinícius ha aggiunto al suo percorso una seconda ambizione, diventare un simbolo della lotta al razzismo. Sul campo è il più destabilizzante dei calciatori, più di Mbappé, perché a differenza del francese non ha bisogno dell’aiuto di nessuno per mandare al manicomio chi gli sta di fronte.

Questo fa di lui un idolo dello stadio Bernabéu a Madrid, una divinità in casa sua, e una specie di criminale ricercato nel resto della Spagna, scrivono i giornali che lo seguono ogni giorno. Vinícius non solo ha accettato il ruolo, gli piace. Trova energia nel disprezzo della tribuna avversaria che osserva con un ghigno dopo ogni gol.

Sorride, applaude alla folla inferocita, bacia la sua maglia. Se c’è qualche decisione che non va in suo favore, rivolge la propria insolenza pure contro gli arbitri. Quel che continua a trovare inaccettabile sono i versi scimmieschi, gli oggetti che gli lanciano.

La teatralità

Tra le sue ultime prodezze: un battibecco con Koke, capitano dell’Atlético Madrid, al quale ha detto: «Io ho vinto due Champions League, tu nessuna. Ne hai perse due in finale e perdi perché sei cattivo». Dopo un gol su rigore contro la Real Sociedad un paio di settimane fa, ha invitato il pubblico basco a star zitto. Era stato insultato per tutta la serata.

Ma quando lascia il campo e si presenta alla tv, Vinícius si trasforma nel leader di una giusta causa, una lotta alle discriminazioni in cui però si scopre spesso solo. Quasi sempre. Perché fino a poco prima ha irritato tutti. In una intervista al quotidiano sportivo Marca, il suo compagno di squadra Carvajal gli ha fatto sapere che deve darsi una calmata.

L'ex direttore sportivo del Real, Predrag Mijatovic, ha detto al giornale francese L'Equipe: «Parlo con molti giocatori del Real Madrid e sono tutti infastiditi dal suo comportamento». Un po' come quando Bonucci disse al suo compagno di squadra Kean, insultato dagli avversari, che avrebbe fatto meglio a non esultare sotto la loro curva.

Da due anni i compagni e il suo allenatore Carlo Ancelotti fanno opera di persuasione, mentre la Spagna si chiede come regolarsi con questo personaggio così irregolare, così sfuggente, impossibile da inquadrare. Ha scritto El Mundo: «Quando Vinicius afferma che la Spagna è razzista, non mente e merita sostegno tutte le volte che denuncia. Continuare a spiegarlo è triste, ma è la verità: se per insultare qualcuno che non ti piace lo chiami fottuto nero, in effetti sei un razzista. Ma come per i politici o per la moglie di Cesare, la leadership sociale richiede esemplarità. Se Vinícius vuole essere un Mandela, allora deve mandare in pensione il Joker. Deve decidersi».

Non tira una bella aria per gli imprendibili, figuriamoci per uno come lui, uno come Vinícius, imprendibile con la palla e senza, in campo e fuori. Eppure che meravigliosa storia sarebbe un Pallone d’oro a questo strano miscuglio di dribbling, impegno sociale e strafottenza. Un segno di resa alla complessità del nostro tempo, all’impossibilità di essere una cosa sola.

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