«Quando sono andato in prigione ho costruito la mia routine basandomi sulle partite in radio, dento il carcere ho costruito una palla fatta di calzini per aiutarmi a passare il tempo. Il calcio è molto importante: tutto, persino nei momenti più difficili, è legato allo sport». In occasione della prima giornata di campionato, Patrick Zaki ha raccontato la sua passione calcistica e il suo amore per il Bologna, che ha avuto un ruolo fondamentale anche nei mesi trascorsi in carcere.

Il calcio in prigione

Intervistato da Pierluigi Pardo su Dazn, l’attivista egiziano rimasto in prigione per 22 mesi e liberato il 19 luglio a seguito della grazia concessa dal presidente Abdel Fattah al-Sisi, ha parlato del suo attaccamento alla squadra della città dove ha studiato, che tanto lo ha aiutato nei mesi più difficili.

«Da piccolo il mio sogno era diventare un calciatore, ho anche giocato nell’under-19 di Mansura. Poi all’università ho smesso di giocare», ha raccontato Zaki. «Quando sono stato imprigionato, la prima cosa che ho chiesto è se la mia squadra, lo Zamalek, che stava giocando la Supercoppa africana, avesse vinto. Ero in un momento difficile ma pensavo comunque al mio team».

Bologna e Mihajlović

Lo scorso 31 luglio l’ex studente dell’Alma Mater, appena rientrato in Italia, aveva fatto visita alla squadra del Bologna a Casteldebole, il centro tecnico dei rossoblù. Lì aveva passato alcune ore con i calciatori e l’allenatore Thiago Motta. «Seguivo tutti i match, anche quando ero in prigione. Mia sorella e la mia ragazza, se non potevo ascoltare la partita per radio, mi scrivevano il risultato. Prima che mi arrestassero avevo comprato i biglietti per Bologna-Juventus del 2020», aveva detto Zaki dopo la liberazione.

Nell’intervista a Supertele, Zaki ha poi raccontato il suo rapporto con Siniša Mihajlović, l’ex ct del Bologna morto a dicembre dopo una lunga malattia: «Quando ho visto il video dei giocatori che andavano a trovarlo in ospedale ho capito che il calcio esiste anche fuori dal campo e può diventare un sostegno per chi è in difficoltà». Zaki ha anche spiegato di aver scritto al tecnico rossoblù per dirgli che stava imparando molto dalla sua forza, definendolo un «simbolo di resistenza».

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