Scrollando il feed dei propri social da qualche tempo ci si imbatte in video di pochi secondi in cui si vedono orchidee, bonsai e in generale le comuni piante che tutti hanno o hanno avuto sul terrazzo o in giardino.

Chi si occupa di creare questi contenuti sono i plant influencer, una comunità che negli ultimi tempi sta vivendo una fioritura, non sono all’estero ma anche in Italia. Al centro dei loro contenuti ci sono consigli su come curare le piante che abbelliscono i nostri balconi: si va dalle potature all’esposizione al sole, dal rinvaso fino alla piantumazione di nuovi vegetali.

Si tratta di consigli perché molti influencer, come dichiarano loro stessi, sono semplici appassionati che portano le proprie esperienze sui social.

Il periodo Covid è stato quello in cui più influencer si sono avvicinati alle attività di giardinaggio.

Chi sono i plant influencer

Sara Di Bartolomeo, nota su Instagram come orchideephalenopsis, racconta che nel 2020, periodo di restrizioni dovute alla pandemia da Covid 19, le hanno regalato un’orchidea e ha iniziato a cercare informazioni su come curarla. Quindi ha aperto un suo profilo per entrare in contatto con persone che ne sapevano più di lei.

«Le orchidee sono piante belle ma difficili da coltivare, richiedono molte attenzioni perché sono una specie tropicale» spiega Sara Di Bartolomeo «Tra gli appassionati – dice – c’è amore e odio verso queste piante ed è il motivo per cui tutti cercano informazioni su come coltivarle».

Il profilo di Sara Di Bartolomeo, aperto a marzo 2022, in due anni ha raggiunto i 100mila follower. Da dicembre scorso ha lasciato il suo lavoro da cameriera (ha 26 anni e studia giurisprudenza) per dedicarsi al profilo, grazie a cui sta avendo delle collaborazioni retribuite.

Il caso di Sara Di Bartolomeo non è l’unico: Ambra Pagliari, nota come pianteinveranda, Marco Ippolito, su Instagram passionplantlovers ed Emanuele Lufino, bonsai_jade, sono tra i plant influencer che hanno maggior seguito in Italia.

La passione di Emanuele Lufino per i bonsai è recente: è nata da un regalo di sua moglie e a cui si è dedicato in tempi di Covid.

La passione per le piante accompagna Ambra Pagliari e Marco Ippolito da tanti anni: la prima si è interessata al mondo vegetale da circa 10 anni e da quando abita da sola ne ha sempre coltivate, per il secondo sono una passione che risale all’infanzia.

Sia per Ambra Pagliari che per Marco Ippolito è importante far vedere sui social non solo i successi ma anche i fallimenti: «È importante far vedere che non siamo invincibili, sui social si tende a far vedere solamente quando le cose vanno bene» spiega Ambra Pagliari.

I motivi del successo tra i follower

Secondo i plant influencer alla base del successo dei loro profili c’è sia un cambiamento nella consapevolezza delle persone verso i cambiamenti climatici ma anche un benessere psicologico che prendersi cura dei vegetali regala alle persone, in primis agli stessi influencer.

La psicologa Antonella Sgherzi, che si occupa di un progetto di ortoterapia, pensa che da parte dei follower ci sia «un’identificazione e una partecipazione emotiva a quello che fa l’influencer: c’è una risonanza emotiva che ci corrisponde quando guardiamo i video, inoltre ci risparmiamo le fatiche che vediamo fare all’altro».

La psicologa continua: «Durante il lockdown di marzo 2020, quello più duro, l’aspetto vitale delle piante è stato consolatorio, in un momento in cui la fioritura controbilanciava l’idea di morte e malattia che pervadeva quel momento della nostra vita».

«Prendersi cura delle piante è un anti stress – spiega Ambra Pagliari – una follower mi ha contattata e mi ha detto che per lei le piante sono state un salvavita rispetto alla depressione che stava affrontando».

Antonella Sgherzi spiega: «Curare un essere vivente, come una pianta, ha effetti positivi sulle persone affette da un disagio mentale, ad esempio chi soffre di depressione o di disturbi psichiatrici. Chi si prende cura di un vegetale vede che le proprie cure hanno un effetto sulla crescita di un essere vivente e crea nella persona una competenza che le dà autostima e consapevolezza di sé».

Per Marco Ippolito ed Emanuele Lufino l’interesse dei loro follower verso ciò che fanno è dovuto anche ad una nuova consapevolezza delle persone verso i cambiamenti climatici: «Le persone hanno voglia di ricollegarsi alla natura, di aiutare il pianeta in una fase di cambiamento climatico, vogliono sentirsi meno colpevoli».

La psicologa invece non sa se «oggi le persone sentano la necessità di connettersi alla natura, a causa della lontananza da essa di chi vive in città, ma c’è un cambiamento nella consapevolezza delle persone grazie ai movimenti ecologisti. Stiamo sperimentando i cambiamenti climatici e riusciamo a collegare gli allarmi lanciati dalle proteste con ciò che viviamo».

Curare con l’ortoterapia

Il centro diurno Spazio attivo, di cui la psicologa Antonella Sgherzi è coordinatrice, si occupa di riabilitazione di persone con disabilità attraverso l’ortoterapia. Il progetto è iniziato nel 2011 in collaborazione con l’università Tor Vergata di Roma ed è realizzato nel Parco delle Rupicole, all’interno dell’orto botanico universitario.

Le attività svolte durante l’ortoterapia riguardano la realizzazione di un orto vero e proprio: si va dal piantare i semi, al muovere il terreno, al raccogliere e al lavorare i frutti della terra, come quando i fruitori del centro hanno prodotto l’olio.

La coordinatrice spiega: «L’ortoterapia aiuta le persone con disabilità a sviluppare la manualità ed apprendere alcuni concetti, come quello del tempo grazie alla stagionalità dei lavori, difficilmente spiegabili a persone con ritardo cognitivo, ma fornisce anche uno spazio di integrazione sociale a cui spesso chi ha una disabilità non ha accesso».

Grazie all’ortoterapia gli utenti sono in grado di sviluppare una competenza, quella della cura delle piante e dell’orto, che dà loro autostima e consapevolezza di sé, la psicologa conclude: «L’ortoterapia fa sì che le persone con disabilità, spesso con poca autonomia e accudite dai familiari per tutta la loro vita, riescano a portare a casa una competenza, qualcosa che è frutto del loro lavoro».

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