«Ha avuto un atteggiamento indisponente e scontroso», «Dice che doveva pisciare», «Non poteva stare lì a perdere tempo». La notte di Capodanno a Rosazza, nella valle del Cervo in provincia di Biella, si aggirava un onorevole meloniano in versione Marchese del Grillo. La celebre maschera di Alberto Sordi si attaglia perfettamente alle condotte del deputato, Emanuele Pozzolo, ricostruite nelle testimonianze dei presenti, raccolte nel fascicolo che lo vede indagato per lesioni, porto abusivo d’arma da fuoco, accensioni ed esplosioni pericolose, uso illegittimo di munizioni espansive. Pozzolo è il solo indagato per la serata finita come nel far west, il colpo partito dalla sua arma ha ferito Luca Campana, seguito dall’avvocato Marco Romanello.

La vittima è il genero di Pablo Morello, caposcorta del sottosegretario, Andrea Delmastro, amico e sponsor politico del deputato pistolero. Il deputato di Fratelli d’Italia è momentaneamente sospeso. Non vuol dire fuori dal gruppo, ma solo che non può prendere la parola in aula a nome di Fratelli d’Italia. La procura di Biella, guidata da Teresa Angela Camelio e con la pm Paola Francesca Ranieri che conduce l’indagine, ha notificato a Pozzolo l’avviso di conclusione delle indagini preliminari, preludio alla richiesta di rinvio a giudizio. Agli atti il resoconto in presa diretta dei protagonisti di quella serata diventata un caso politico.

“Io so io”

Bisogna partire dall’annotazione della polizia giudiziaria per avere una prima ricostruzione dei fatti accaduti. Un documento che racconta anche il trattamento che Pozzolo ha riservato ai carabinieri, militari chiamati a intervenire dopo che il deputato si era presentato con un’arma carica in tasca dal quale è partito il colpo in una struttura dove erano presenti anche minori. Nonostante il disastro appena combinato, Pozzolo non ha perso la voglia di comportarsi da marchese del Grillo, «mi dispiace, ma io so’ io e voi non siete un cazzo».

Tanto che ai militari in servizio non resta altro che riportare le parole di Pozzolo. L’annotazione è firmata dal maresciallo Alessandro Sabatini, che si era recato intorno alle 3 alla Pro loco di Rosazza subito dopo lo sparo e il ferimento. Era stata informata anche Paola Francesca Ranieri, magistrata di turno, che aveva inviato personale specializzato per i rilievi e per eseguire l'accertamento tramite "Stub" al fine di rilevare residui di polvere da sparo su Pozzolo.

Il deputato, però, non è stato certo collaborativo. Tutt’altro: «Dicendo che avrebbe immediatamente informato il suo avvocato e che i predetti accertamenti sulla sua persona non potevano essere effettuati in quanto lo stesso è un membro della Camera dei Deputati». Poco dopo arrivava il padre e difensore, Enzo Pozzolo, che spiegava al figlio la legittimità degli accertamenti, ma l’atteggiamento restava contrariato.

Alla fine i militari scelti eseguivano lo stub, ma l’irritazione del deputato aumentava al tentativo «di persuaderlo a consegnare i suoi vestiti al fine di sottoporli a sequestro, tuttavia in ogni circostanza ricevevano dallo stesso una risposta negativa categorica, ribadendo che non poteva essere costretto a fare tale attività e che non avevamo l'autorizzazione per farla», si legge nell’annotazione.

I carabinieri aggiungono: «Si precisa che in tale circostanza Pozzolo ha avuto un atteggiamento indisponente e scontroso nei confronti dei militari operanti, dicendo che la sua priorità era andare a riposare a casa e che “non poteva stare lì a perdere tempo per colpa del magistrato che non conosceva i suoi diritti di deputato”».

Pozzolo, in versione marchese, veniva sentito dai militari e «rilasciava spontanee dichiarazioni completamente discordanti rispetto a quelle fornite dai testimoni. In particolare riferiva che la sua arma era caduta accidentalmente dalla tasca della sua giacca che era poggiata su una sedia e che qualcuno da lui non identificato, la caricava ed esplodeva il colpo». Pozzolo ha continuato a difendersi rilasciando dichiarazioni ai giornali e alle tv, ma facendo scena muta davanti ai pubblici ministeri.

Il brillo in fuga

«Ma Pozzolo, quella sera, era brillo?», hanno chiesto i pubblici ministeri a Delmastro Delle Vedove. «Io non ho avuto l'impressione che fosse brillo, né prima né dopo», ha risposto il sottosegretario quando è stato interrogato. Una versione smentita dagli altri testimoni, a partire dal caposcorta, Pablito Morello, che ha raccontato così i momenti successivi allo sparo.

«Mi seguiva anche Pozzolo, seppur poco presente a sé stesso, e quando mio cognato Luca notava Pozzolo alle mie spalle, si rivolgeva al medesimo dicendogli “Cosa hai fatto? Mi hai sparato? Almeno domanda scusa!” era molto arrabbiato, ma Pozzolo non ha proferito verbo, né ha prestato ausilio. A quel punto Pozzolo si è allontanato dalla sala della Pro Loco, direi disinteressandosi, ma è stato fermato».

Una tentata fuga, secondo Morello, che racconta come, mentre Campana veniva portato giù, «Pozzolo, scendendo a sua volta (inciampando spesso poiché brillo) ha provato nuovamente ad allontanarsi dal posto ma è stato bloccato da mio figlio Maverick».

Il figlio di Morello racconta ai pubblici ministeri quella notte partendo dal saluto muto a Pozzolo: «Gli ho spiegato che ero il figlio di Morello ma lui ha continuato a stringermi la mano senza dire nulla. In quella circostanza ho percepito che lui fosse alterato dall'assunzione di alcolici (...)».

Morello junior nella sua ricostruzione ricorda anche i momenti dopo lo sparo e l’ultimo incrocio con Pozzolo: «Guardavo in volto Pozzolo e non mi è sembrato preoccupato poiché aveva tipo un ghigno strano. Ho anche notato che aveva il bordo dell'indice della mano destra annerito (...)Una volta che entravano i Carabinieri nella sala, impegnati a parlare con mio padre per capire l'accaduto, mi accorgevo che Pozzolo era rimasto fuori, pertanto mi sono affacciato sull'uscio e, rimproverandolo, l'ho fatto entrare poiché era importante che fosse presente. Una volta che era dentro la sala, è stato l'unico che non ha collaborato nel fornire qualsiasi tipo di informazione.

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