Più di 13 milioni di persone in Italia sono a rischio povertà e 2,7 milioni individui sono in stato di grave deprivazione materiale e sociale secondo il rapporto Istat sulle condizioni di vita e reddito delle famiglie nel 2023.

Se nel 2022 il dato sulla popolazione a rischio povertà era maggiore con quasi 14 milioni 400mila persone e quindi rispetto allo scorso anno è migliorato; la situazione è peggiorata per gli individui in condizioni di grave deprivazione che l’anno precedente erano 2 milioni e 655mila.

Le disuguaglianze dei redditi sono scese al valore pre-pandemia, che in base al coefficiente di Gini – l’indice che misura le disuguaglianze utilizzato nel contesto europeo, più è basso più la distribuzione della ricchezza è omogenea – nel 2022 il valore era pari allo 0,315 in miglioramento rispetto allo 0,327 del 2021. Tuttavia le disuguaglianze tra il nord e il sud del paese persistono: l’indice di concentrazione Gini calcolato per il sud e le isole (0,321) è superiore rispetto al dato medio nazionale.

Le politiche di sostegno

Il miglioramento di questi valori dipende dalle politiche di sostegno ai redditi, che nel 2022, con il governo Draghi, comprendeva sia il reddito di cittadinanza sia l’assegno unico universale, entrato in vigore a partire dal 1 marzo dello stesso anno e che secondo l’Istat ha avuto l’impatto maggiore sulle disponibilità economiche delle famiglie.

Nel 2022 il governo Draghi ha potuto abbandonare in modo definitivo le politiche di sostegno al reddito dei lavoratori, grazie alla fine delle restrizioni imposte ai lavoratori dovute all’emergenza covid e alla ripresa economica post-pandemia. La riduzione della spesa sociale è stata di 7,4 miliardi di euro in meno rispetto al 2021.

Per quanto riguarda il reddito di cittadinanza, nel 2022 a beneficiarne erano il 6,3 per cento delle famiglie italiane ovvero 1,65 milioni di persone, che hanno ricevuto in media 5.232 euro. Nel 2019 a usufruirne erano il 3,8 per cento delle famiglie, ma nel 2020 e 2021, gli anni della pandemia, il dato è cresciuto rispettivamente al 5,3 e al 5,9 per cento. Per quanto riguarda la spesa complessiva, nel 2022 sono stati elargiti 8,7 miliardi, +2,7 per cento rispetto al 2021.

L’assegno unico universale, che ha sostituito l’assegno per il nucleo familiare, è stato richiesto da 7,8 milioni di titolari di assegni per carichi familiari. L’importo medio annuo è stato di 1.930 euro, per un ammontare di 15,1 miliardi.

L’assegno unico familiare ha portato a una forte crescita della spesa sociale per il sostegno dei carichi familiari, con un aumento di 8,8 miliardi in più rispetto al 2021 (+139 per cento). Inoltre l’assegno unico universale è stato percepito dal 38,2 per cento di famiglie in più, le quali non avevano diritto al vecchio assegno per il nucleo familiare, ed è rilevante l’aumento di titolari dell’assegno il cui reddito proviene dal lavoro autonomo, il cui numero è triplicato rispetto al 2021.

Le altre due misure che hanno alleviato le spese dei nuclei familiari, dovuti soprattutto all’aumento del costo della vita e al rincaro dei prezzi delle materie prime, sono stati il bonus di 200 euro e la successiva integrazione di 150 euro, istituita sempre nel 2022. Questi due provvedimenti sono stati concepiti come un’indennità percepita una tantum, con lo scopo di elargire un piccolo ristoro a favore di lavoratori, pensionati e disoccupati con un reddito sotto i 35mila euro. Secondo i dati, sono stati 27 milioni di persone a ricevere i bonus di 150 e 200 euro, per un valore medio di 270 euro all’anno.

La povertà diminuisce ma i redditi familiari si riducono

Tuttavia, i redditi reali delle famiglie si sono ridotti a causa dell’inflazione: secondo l’Istat, la crescita nominale del 6,5 per cento non è bastata a contrastare l’aumento dell’inflazione nel 2022 al 8,7 per cento, con i redditi reali delle famiglie che sono diminuiti del 2,1 per cento.

Si stima che le famiglie residenti in Italia abbiano percepito un reddito netto pari in media a 35.995 euro, circa 3.000 euro al mese. Rispetto al 2021, i redditi familiari medi in termini reali hanno subito una sostanziale diminuzione nel nord-ovest (-4,2 per cento) mentre la riduzione è stata minore nel nord-est (-1,1 per cento), nel centro (-0,9 per cento) e nel sud (-1,2 per cento).

Solo i redditi dei lavoratori autonomi sono cresciuti in termini di valore reale (+0,7 per cento), mentre quelli provenienti dal lavoro dipendente sono calati del 2 per cento.

© Riproduzione riservata