Tagli alla sanità? Nessun problema. A rimpinguare le casse dello Stato ci penseranno i cittadini italiani residenti all’estero. E più in particolare quelli iscritti all’Aire, l’anagrafe a cui è obbligato a registrarsi chi non vive stabilmente in Italia.

Una proposta di legge dello scorso anno, da poco al vaglio della commissione parlamentare Affari sociali, prevede che proprio questi cittadini paghino su base volontaria un contributo annuale per beneficiare dei servizi del Sistema sanitario nazionale.

Chi vive a New York e si trovasse in Italia, per esempio, potrebbe decidere di rivolgersi al proprio medico di base ma solo nel caso abbia preventivamente versato la quota prevista.

E la quota andrebbe a finire in un fondo istituto al ministero della Salute, da utilizzare «eventualmente per il miglioramento dell’anagrafe sanitaria nazionale».

La proposta, firmata dal deputato di Fratelli d’Italia eletto nelle circoscrizioni estere, Andrea Di Giuseppe, sembra dunque andare incontro a chi ha perso per legge l’assistenza sanitaria in Italia.

Del resto se iscritti all’Aire e residenti in uno stato extra-europeo che non ha alcun accordo bilaterale in tema di sanità col nostro paese, non si è più tutelati dal Servizio sanitario nazionale.

Ma in realtà, come si diceva, a beneficiare del “sistema” sarebbe anche e soprattutto quella sanità per cui oggi, con la revisione del Pnrr, si paventa la riduzione dei fondi.

Se la coperta è corta, si allunga da un’altra parte. In questo caso con i cittadini italiani residenti all’estero. In base alla nuova legge di Bilancio, chi non si iscrive all’Aire è soggetto ad ammende salate.

«Si può ricevere — spiega Giuseppe Peri, responsabile di Inca-Cgil per l’estero — una multa fino a cinquemila euro». In più «ai comuni italiani è affidato il compito di “scovare” chi, tra i cittadini italiani residenti all’estero, non è iscritto all’anagrafe — continua Peri —. Per quest’attività di verifica e ricerca la nuova legge prevede anche un meccanismo di premialità verso le amministrazioni».

Ricapitolando, iscriversi all’Aire è obbligatorio: dalla stessa iscrizione dipende la perdita dell’assistenza sanitaria in Italia che, tuttavia, qualora la proposta diventasse legge, potrà essere “riconquistata” solo dietro pagamento di un contributo.

«Non ci si iscrive all’Aire — commenta ancora Giuseppe Peri — proprio per non perdere i benefici del Ssn». Coi “comuni-sceriffi” tutto questo non sarà possibile: più cittadini (non ancora iscritti) verranno rintracciati, più contributi saranno riscossi. Considerando però che per i comuni realizzare questo genere dei controlli sui residenti non è affatto semplice né scontato. 

No contributo, no cure

Parliamo di un contributo, spiega lo stesso Di Giuseppe a Domani, pari a «1.500 euro, la metà di quanto costa in media un paziente italiano al Ssn secondo l’Istat».

Considerando che i cittadini italiani residenti all’estero iscritti all’anagrafe sono quasi sei milioni, le casse statali avrebbero — se tutti aderissero — grandi entrate. «Si tratta – continua Di Giuseppe – di cifre enormi, dai 5 agli 8 miliardi, senza contare chi ancora non è iscritto all’anagrafe. I cittadini italiani residenti all’estero sono infatti più del doppio di 6 milioni. Si avrebbe così un investimento straordinario, metà di una manovra finanziaria. E dietro al pagamento del contributo — ha continuato il parlamentare che vive a Miami — si potrà riacquistare la tessera sanitaria e accedere ai servizi previsti per i cittadini residenti in Italia».

Per il deputato in questo modo si risolverebbero molti problemi. «Non è giusto — ha concluso — che persone che sulla carta vivono in Italia, ma in realtà risiedono all’estero, non contribuiscano al pagamento delle tasse». Tra i firmatari della proposta di legge ci sono anche altri parlamentari di FdI, Almici, Colombo, Iaia e Maiorano.

La “vecchia” proposta

Quattro anni fa una proposta di legge analoga era stata presentata dal Movimento 5 stelle.

Anche in quel caso si evidenziava il problema, non di poco conto, dell’assistenza sanitaria degli iscritti all’Aire: «I cittadini italiani che trasferiscono (o hanno trasferito) la residenza in uno Stato con il quale non è in vigore alcuna convenzione con l’Italia perdono il diritto all’assistenza sanitaria, sia in Italia che all'estero, all’atto della cancellazione dall’anagrafe comunale e della iscrizione all’Aire, fatta eccezione per i lavoratori di diritto italiano in distacco, che mantengono il diritto all’assistenza sanitaria in Italia e all'estero. L'iscrizione all’Aire o il diritto di voto in Italia non aprono un diritto all'assistenza sanitaria in Italia».

Poi, però, tramite la proposta, i pentastellati chiedevano una precisa modifica normativa per far sì che «i cittadini italiani iscritti all'Aire (potessero) usufruire, a titolo gratuito, dell’assistenza sanitaria e ospedaliera del Servizio sanitario nazionale italiano per un periodo massimo di due anni dalla citata iscrizione».

Oggi però la proposta pare superata da quella che prevede il pagamento del contributo. Anche il Pd, con il suo deputato eletto nella circoscrizione del Centro e Nord America Christian Di Sanzo, va in direzione “contraria”.

È sua la proposta di legge che, ricalcando quella di Di Giuseppe, vuole dare agli italiani dell’Aire la possibilità di iscrizione volontaria al servizio sanitario nazionale.

Sempre, però, tramite pagamento di un contributo di partecipazione, proporzionale al reddito complessivo guadagnato. «La proposta, presentata il 18 settembre 2023, porta anche la firma dei colleghi Vincenzo Amendola, Laura Boldrini, Nicola Carè, Gian Antonio Girelli, Ilenia Malvasi, Fabio Porta e Toni Ricciardi – dice a Domani Di Sanzio – Analoga a quella di Di Giuseppe ma non uguale: noi prevediamo, per quanto riguarda il contributo da pagare, scaglioni in base al reddito. Il contributo andrebbe da un minimo di 150 euro a un massimo di 1800».

Ma perché non prevedere la gratuità delle cure? «Non sarebbe giusto – risponde il deputato del Pd – che chi non ha obblighi fiscali verso l’Italia usufruisca, gratis, dei suoi servizi sanitari. In più – continua – questo è un momento in cui la sanità italiana è a “rischio” e i finanziamenti sono necessari per farla continuare a funzionare in maniera accettabile. Si tratterebbe, comunque, di una sorta di assicurazione: tutto su base volontaria. E prevediamo delle esenzioni per studenti di dottorato, tra gli altri, e pensionati».

A Di Sanzio, diciott’anni negli Stati Uniti da ricercatore e manager, chiediamo anche quale bisogno abbiano i cittadini italiani residenti in uno Stato extra-europeo del medico di base nella propria regione di provenienza.

«Se lavori in America hai di certo una copertura sanitaria, inclusa nel tuo contratto di lavoro. Tuttavia pensiamo ai giovani che si trasferiscono: perché interrompere il legame col medico che ti conosce da sempre? Si torna inoltre in Italia durante le vacanze di Natale o per le altre festività e, infine, se si ha un problema grave di salute si preferisce venire curati dove c’è la propria famiglia».

Come funziona l’Aire

Istituito con una legge del 1988, l’Anagrafe degli italiani residenti all’estero è gestita in modo centralizzato dal ministero dell’Interno. Per quanto riguarda gli iscritti e l’assistenza sanitaria bisogna poi fare una differenza.

C’è, d’altronde, una discrasia tra chi risiede in paesi dell’Unione europea, nei quali si mantiene una copertura attraverso la Tessera europea di assicurazione malattia (Team), e chi risiede in stati non appartenenti all’Unione europea, nei confronti dei quali non sempre esiste una convenzione sanitaria stipulata dall’Italia. Se gli iscritti all’Aire residenti in paesi europei sono coperti con la Team, così non è per chi vive in stati extra-europei senza convenzione. In questo caso si è tutelati solo per le urgenze.

L’attuale normativa in vigore – un decreto del ministro della Salute datato 1996 – prevede infatti che, in caso di rientro saltuario in Italia, il cittadino, non munito di carta Team, avente lo status di emigrato o titolare di pensione corrisposta da enti previdenziali italiani, non avente una copertura assicurativa pubblica o privata, ha diritto gratuitamente alle prestazioni ospedaliere urgenti fino ad un periodo massimo di novanta giorni.

«Iscriversi all’Aire — commenta Eleonora Medda, referente del Consiglio generale degli italiani all’estero — può essere molto farraginoso. La procedura può concludersi in venti giorni, così come rimanere aperta per più di un anno. In molti scelgono di non iscriversi anche per gli oneri, in termini di tempo, che ne derivano».

Il caso frontalieri

In ultimo c’è un altro caso “critico” rispetto al tema dell’assistenza sanitaria. Ha a che fare coi lavoratori frontalieri che non rientrano nel nuovo regime fiscale.

«Questi ultimi, sempre in base alla legge di Bilancio — spiega il responsabile dell’area Esteri Inca-Cgil, Giuseppe Peri —, dovranno pagare anche un ticket commisurato al reddito, per se stessi e per i familiari a carico, che andrà a finire direttamente nelle casse della regione di provenienza e servirà — conclude — come bonus per gli operatori sanitari, in modo che si freni la loro fuga all’estero. Prevedere che i frontalieri, specie quelli che lavorano in Svizzera, paghino una tassa sulla sanità italiana apre a diversi profili di illegittimità costituzionale». Il diritto alla sanità non è mai stato più conveniente.

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